
Generalità
In uno stato di equilibrio corporeo, i carichi utilizzati durante la pratica di un esercizio vengono distribuiti equamente su entrambi gli arti inferiori, attraverso il bacino e lungo tutta la colonna vertebrale.

Gli stress articolari sono uniformi e le sollecitazioni muscolo-scheletriche sono simmetriche. Ma che succederebbe se per un qualsiasi motivo ci fosse un'alterazione dell'equilibrio corporeo durante lo stress indotto dai carichi dell'esercizio fisico?
L'obiettivo del seguente articolo è prevalentemente di far comprendere al personal trainer l'importanza di una corretta valutazione del proprio utente e tenere in considerazione che uno scompenso posturale può alterare l'intera meccanica del corpo. Tutto ciò amplificato dai carichi aggiuntivi degli esercizi pesanti come lo squat.
Conseguenze
I carichi non sarebbero distribuiti equamente su entrambi gli arti inferiori; la pelvi avrebbe sollecitazioni sbilanciate su entrambi gli emibacini ed inoltre la colonna ne risentirebbe in alcuni punti che compensano questo squilibrio.
Pertanto possono comparire dolori articolari, tensioni muscolari, artrosi precoce, sovraccarico legamentoso, limitazioni funzionali dei movimenti, quindi arresto o sospensione dall'attività e peggioramento della performance atletica.
Sicuramente è vero che la pratica dell'esercizio fisico comporta dei rischi che bisogna mettere in preventivo, ma è pur vero che bisogna scegliere quelle linee di pensiero tecnico-sportive che ci permettano di ottimizzare i risultati minimizzando i pericoli.
L’esempio dello squat
Se ad esempio consideriamo l'esercizio dello squat, in una condizione di alterato stato posturale, esso può ricondurre ad una serie di problemi che, con la silente capacità dei microtraumi ripetuti, andrebbero a creare dei problemi spesso sproporzionati quando riconducibili alla causa che li hanno determinati.
Lo squat nel soggetto sano
Un soggetto "normo-posturale", quindi che si trova in una condizione di carichi ben bilanciati su entrambi i piedi, avrà una suddivisione abbastanza equa delle sollecitazioni date dalle resistenze imposte dall'esercizio.
In altre parole, se il soggetto pesa 100 kg ed ha una distribuzione omogenea su entrambi gli arti – caricando il 50 % del peso a lato – graverà per 50 kg a destra e 50 kg a sinistra. Utilizzando un sovraccarico di 100 kg collocato su di un bilanciere nell'esercizio di squat, avremo un totale 100 kg a sx e 100 kg a dx. Potremmo dire, a grandi linee, che tutto funziona come dovrebbe.
Quindi, se il soggetto godesse di un'adeguata flessibilità e di tutte capacità necessarie ad un'esecuzione quanto più corretta possibile, otterrebbe degli ottimi risultati rimanendo in sicurezza. Ma se la stessa persona avesse un'alterazione posturale, anche in termini minimi, non ne fosse conoscenza e pertanto continuasse ad allenarsi, i problemi sarebbero quasi inevitabili – senza voler essere fatalisti.
Lo squat nel soggetto con squilibri corporei
Ad esempio, supponiamo che per una causa non apparentemente riconducibile ad un evento specifico, questa persona avesse una rotazione di uno dei due emibacini. Tale condizione gli porterebbe ad un accorciamento o allungamento funzionale (non strutturale-anatomico) di un arto inferiore, quelle che nel gergo delle medicine manuali si definiscono volgarmente "falsa gamba corta o falsa gamba lunga".
Premesso che questo tipo di problema non è riconducibile solo alla rotazione del bacino, ma anche a scompensi del ginocchio e della caviglia o addirittura della porzione superiore del corpo, ma per semplicità qui ci limiteremo solo a descrivere solo il concetto essenziale, non entreremo nel merito di tutte le alterazioni biomeccaniche posturali potenzialmente responsabili di tale alterazione.
Quindi, il problema del bacino porta quasi sempre ad una dismetria degli arti inferiori, che comporta un sovraccarico sul lato della "gamba corta" che, per compenso, sarà costretto a supportare il maggior carico.
La sollecitazione della caviglia in esame rispetto alla contro laterale sarà maggiore; medesimo discorso per il ginocchio e l'anca. Anche l'articolazione sacroiliaca verrà stressata maggiormente rispetto alla contro laterale, così come l'alterazione delle curve sul piano sagittale della colonna comporterà un maggior sovraccarico di alcuni punti e così su fino al tratto cervicale.
Tutto ciò, ovviamente, nella posizione in piedi senza esercizio fisico, senza carichi aggiuntivi; immaginiamoci con i carichi dello squat.
Cosa Fare
Gli accorciamenti funzionali, sono spesso minimi e dell'ordine di qualche millimetro. Troppo spesso passano inosservati, quando invece dovrebbero i primi imputati dei disordini di cui sopra.
Il personal trainer non è un terapista, né un medico ortopedico o un fisiatra, ma di sicuro può avvalersi di alcune metodiche per valutare il soggetto e, nella stesura di un programma di potenziamento muscolare, considerare le problematiche più diffuse. In prima analisi bisognerebbe valutare l'altezza delle creste iliache
Da questo primo approccio si possono ricavare diverse informazioni utili e capire se un soggetto si trova con un bacino non livellato – per varie cause – e, in ogni caso, ci si avvale della possibilità di evidenziare un'alterazione posturale molto spesso abbastanza evidente e da non trascurare.
Ad esempio, una cresta iliaca più bassa ci farebbe intuire che la gamba corrispondente potrebbe essere con tutta probabilità più corta dell'altra. È pur vero che la causa eziologica di questo squilibrio può non essere evidente e, tra l'altro, non è esattamente di competenza del personal trainer; ciò che invece deve saltare all'occhio del tecnico è l'evidente asimmetria. Il soggetto andrà quindi posto in decubito supino per valutarne la lunghezza degli arti inferiori a livello dei malleoli tibiali (interni).
Ovviamente, il malleolo che risulta essere più in alto dell'atro corrisponderà al lato della "gamba corta". Prima di apprezzare la lunghezza degli arti è bene che si faccia sollevare il bacino dal lettino (sempre in posizione prona), in modi da annullare tutte le tensioni di asimmetrie che possono crearsi nell'assumerne la posizione supina, per poi riposizionargli le gambe distese – senza che il soggetto ci aiuti.
Da notare che, molto probabilmente, la differenza non sarà così eclatante come la si aspettava e questo può essere dovuto o ad una problematica davvero minima o perché in posizione di scarico il soggetto compensa bene. In tal caso e per conferma proseguiamo nell'indagine.
Una valutazione su doppia bilancia ci darà la conferma di quanto pensavamo. Il soggetto sale sulle bilance e si valuta la differenza di peso tra un lato e l'altro. Con questo criterio davvero molto antico, possiamo avere un'informazione molto utile e orientarci verso un'ipotesi più verosimile. Se la differenza è notevole, l'ideale sarebbe quello di rimandare il soggetto da uno specialista. Aggiungiamo che sarebbe meglio una consulenza di tale figura, sempre e comunque, prima di intraprendere un programma di ginnastica sulle persone scompensate.
L'uso di un rialzo nella gamba funzionalmente più corta non è quasi mai la soluzione, perché comporta una cronicizzazione della problematica esistente. Se invece la gamba fosse realmente più corta, per cause congenite, da fratture o altro, l'ortopedico saprà come comportarsi e valutare un'ortesi opportuna per quell'arto.
Nell'esempio di prima – soggetto di 100 kg – il maggiore sovraccarico unilaterale, evidenziabile soprattutto sulle bilance, sfocerebbe in un surplus monolaterale accentuato ancor di più dai carichi dell'esercizio. Mettiamo il caso che su lato destro la bilancia segnasse 55 kg e sul lato sinistro 45 kg, con l'aggiunta di 100 kg con un bilanciere sulle spalle, il sovraccarico sulla gamba sinistra sarebbe di 90 kg mentre sulla gamba destra sarebbe di 110 kg. Stiamo parlando di 20 kg in più su caviglia, ginocchio anca e sacroiliaca di destra, e di squilibri disomogenei e sollecitazioni asimmetriche lungo tutta la colonna. Questo perché il soggetto ha il 45 % del carico corporeo a sx ed il 55 % sul lato dx.
Ogni volta che si vorrà lavorare simmetricamente si avrà sempre maggiore sovraccarico a dx che a sx, il tutto proporzionato all'entità di tutti i carichi usati negli esercizi stando in piedi. Da sdraiato o seduto le cose non sono così drammatiche perché la componente degli arti inferiori è disattivata o per meglio dire, la componente "ascendente", come la si definisce in posturologia.
La questione da tenere subito in considerazione potrebbe essere quella di scegliere degli esercizi monolaterali, come gli affondi posteriori, dove si lavora in maniera alternata con le gambe concentrando il lavoro equamente a dx e a sx – questo almeno fino al momento in cui non si sia ristabilito un buon assetto posturale ed una ridistribuzione omogenea dei carichi con la collaborazione di altre figure professionali.
Il personal trainer ha a disposizione degli strumenti che gli permettono di evidenziare una problematica e comportarsi di conseguenza; non risolverà il problema ma di sicuro potrà comportarsi in modo tale da non arrecare ulteriori danni, ed inoltre potrà rendersi molto utile al cliente nell'indirizzarlo a specialisti che potranno rimetterlo in condizione di equilibrio.
L'osservazione del soggetto da trattare è quindi di fondamentale importanza, oserei dire l'aspetto primario, che permette di garantirne salute e progressi.