La Scoliosi quale atteggiamento naturale - Scoliosi idiopatica: vecchi e nuovi concetti, caso clinico
A cura del Dott. Giovanni Chetta
Scoliosi lievi
Il trattamento della scoliosi lieve (fino a ca. 40 gradi Cobb) prevede una terapia non cruenta basata classicamente sulla chinesiterapia (talvolta accompagnata da elettrostimolazioni selettive della muscolatura paravertebrale) e, per le situazioni più gravi, sull'utilizzo del corsetto. Fine dichiarato del trattamento incruento classico è fermare o rallentare l'evoluzione della curva scoliotica.
Esistono poi varie proposte alternative e/o complementari.
Si trovano in letteratura posizioni contrastanti circa il ricorso a esercizi fisici per il trattamento della scoliosi. Trattandosi di una patologia idiopatica molto complessa (e perlopiù ancora poco chiara) evidentemente le terapie non possono basarsi che su ipotesi da verificare caso per caso. È però mia ferma convinzione, basata sui concetti ed esperienze descritti in seguito, che esercizi (e sport) che portino/favoriscano una funzionalità quanto più fisiologica possibile della colonna vertebrale e del resto delle principali cerniere articolari coinvolte nel processo deambulatorio, non possano che risultare utili. L'attività fisica deve considerare tutti gli aspetti riguardanti l'aspetto biomeccanico: miofasciali, articolari, propriocettivi, neuromotori. Atteggiamenti forzati (fisicamente e psicologicamente) o ancor peggio tendenti al blocco articolare presentano, a mio avviso, ben poche possibilità di successo perchè eccessivamente in contrasto con le leggi della biomeccanica umana.
Fra la vasta gamma di tecniche alternative (o complementari), sulla cui efficacia o meno sono presenti vari studi scientifici con esiti spesso contraddittori, ne cito alcune che hanno comunque comportato una profonda influenza in ambito biomeccanico e della salute in generale: l'osteopatia, fondata dal medico americano Andrew Taylor Still nel 1874, il rolfing (structural Integration) fondato dalla biochimica americana Ida Rolf nel 1971, il massaggio connettivale che la fisioterapista tedesca Elisabeth Dicke iniziò a insegnare a partire dal 1942, il massaggio terapeutico di massima efficacia del medico italiano Giovanni Leanti La Rosa (1990), le tecniche di Mézières definite nel 1947dalla fisioterapista francese Françoise Mézières, la chiropratica creata nello stato di Iowa (USA) nel 1895 dal commerciante ed esperto in magnetoterapia canadese Daniel David Palmer e ilmetodo biomeccanico antropometrico ergonomico del biologo Italiano Tiziano Pacini (2000).
L'osteopatia si basa sul presupposto che il sistema nervoso vegetativo svolga costantemente un'autonoma azione di controllo/regolazione dell'omeostasi dell'intero organismo e che tale attività sia manifesta somaticamente. Grande importanza viene assegnata al sistema circolatorio arterioso quale fonte di salute. L'osteopatia tratta le disfunzioni fisiologiche, evidenziate tramite determinati test, attraverso specifiche tecniche miotensive e fasciali, mobilizzazioni articolari passive e attive e manipolazioni vertebrali (manipolazione osteopatica OMT). Lo scopo è quello di ricreare una situazione entro i limiti di normalità fisiologici (Still, 1899). Nel 1901 W.G. Sutherland, allievo di A.T. Still, aggiunse la tecnica craniosacrale che, attraverso leggerissime manualità, mira al riequilibrio del "movimento respiratorio primario" dovuto al ritmico fluire del liquor cerebrospinale ed evidenziato dal movimento ritmico di espansione e flessione delle ossa del cranio e del sacro (Sutherland, 1944).
Il rolfing rappresenta un sistematico e specifico trattamento sequenziale (ciclo di 10 sedute), lento e profondo, delle fasce connettivali dei diversi segmenti corporei, abbinato a specifici esercizi fisici di rieducazione a un movimento corporeo fluido e corretto. Lo scopo è ottimizzare l'allineamento della struttura umana e raffinare la percezione del corpo nello spazio circostante (Rolf, 1996).
Il massaggio connettivale mira al riequilibrio fisiologico per mezzo del "riflesso cuti-viscerale" suscitato da stimoli irritativi o calmanti trasmessi alla cute e al sottocute (fascia connettivale superficiale descritta in seguito) dalla mano del terapista, in grado di agire su strutture tissutali più profonde fino agli organi interni; la trasmissione va dal dermatomero trattato al corrispondente segmento del midollo spinalee da lì si espande (Dicke, 1987).
A A.T. Still, E. Dicke e I. Rolf va riconosciuto, fra l'altro, il merito di aver compreso, fra i primi, l'immensa importanza del tessuto connettivale riguardo la salute generale dell'organismo.
"L'anima dell'uomo, con tutte le sue sorgenti di acqua pura vivente, sembra sgorgare nella fascia del suo corpo. Quando tu vieni a patti con la fascia, tu tratti e lavori con le succursali del cervello sottoposte alle stessi leggi del quartier generale, come se lavorassi con il cervello stesso: perché dunque non trattare la fascia con lo stesso grado di rispetto?" (Still, 1899)
Il massaggio terapeutico di massima efficacia combina sinergicamente varie tecniche orientali e occidentali selezionando le manualità ritenute più efficaci in quanto più rispondenti alle esigenze fisiche e psichiche dell'uomo "civilizzato". Esso consiste in varie manualità miofasciali lente e profonde, mobilizzazioni articolari passive, trazioni e stretching. G. L. La Rosa per primo ha dato rilevanza e scientificità al potere terapeutico del rilassamento profondo, suscitato da specifiche tecniche manuali, in grado di innescare i processi autoguaritivi propri dell'organismo. (Leanti La Rosa, 1990, 1992).
Il metodo Mézières si basa sostanzialmente sull'assunzione di specifiche posture che inducono, grazie al supporto di un esperto, un armonico riallungamento delle catene miofasciali con l'obiettivo di normalizzare l'allineamento corporeo. F. Mézières, oltre al suo metodo, ha introdotto due concetti che hanno rivoluzionato il concetto di ginnastica medica e non solo: la catena muscolare (dimostrando che i muscoli non agiscono mai singolarmente ma secondo catene definibili) e l'iperlordosi lombare quale deformazione primaria (Mézières, 1947, 1949); anticipando così ciò che T. Pacini, grazie anche alle strumentazioni elettroniche, ha poi scientificamente dimostrato e giustificato.
A differenza delle prime tre tecniche citate, le quali assegnano un'importanza preponderante al trattamento dei tessuti molli, la chiropratica (dal greco cheir, mano e praxis, azione) concentra la propria attenzione sulle relazioni tra struttura (colonna vertebrale) e funzione (coordinata dal sistema nervoso) ripristinando l'equilibrio tra esse, tramite metodiche manuali, chinesiologiche e di stile di vita, atte alla rimozione delle "sublussazioni vertebrali" così da ottenere il recupero e il mantenimento della salute agevolando i processi di autoguarigione dell'organismo. A D.D. Palmer si deve il più completo e approfondito protocollo di manipolazioni vertebrali oltre all'introduzione del concetto di "sublussazione vertebrale " (Palmer 1906,1910) ovvero dell'anomalia dovuta all'alterazione della fisiologica giustapposizione fra vertebre adiacenti (per slittamento, rotazione, inclinazione) in grado di determinare compressioni, stiramenti o trazioni oltre che sul midollo spinale, sui nervi spinali e vasi sanguigni (e relativi nervi dei vasi) che, fuoriuscendo dal foro di coniugazione intervertebrale, si dirigono neivari distretti e organi, causando sia irritazioni, infiammazioni e danneggiamenti sia interferenze alla corretta trasmissione e flusso nervoso (e sanguigno). La sublussazione si accompagnam a irrigidimento della muscolatura (che ne può rappresentare la causa secondaria o la conseguenza), in particolare paravertebrale, con relativi blocchi funzionali biomeccanici ,in grado di innescare un circolo vizioso che si autoalimenta in maniera pericolosamente crescente
"Una vertebra sublussata è la causa del 95% delle malattie... Il restante 5% è causato da sublussazioni che non riguardano la colonna vertebrale"
(D.D. Palmer, 1910).
T. Pacini, tramite ricerche eseguite utilizzando i sistemi elettronici (baropodometria statica e dinamica e stabilometria), ha dimostrato l'esattezza del concetto di iperlordosi lombare primaria introdotto da F. Mézières quantificandone l'entità e indicandone la causa primaria: il terreno piano. Il metodo Biomeccanico Antropometrico Ergonomico effettua quindi studi e utilizzi specifici dell'ergonomia (per mezzo di sistemi ergonomici quali plantari, calzature e bite occlusali) per il riequilibrio della postura. A T.Pacini va riconosciuto il merito di aver creato e diffuso il concetto di ergonomia posturale quale strumento indispensabile di adattamento per l'uomo dell'era moderna a un ambiente artificiale poco fisiologico definendo uno specifico protocollo di analisi e monitoraggio baropodometrico (Pacini, 2000).
"Come il fumo inquina i polmoni così il terreno piano inquina la postura"
(T. Pacini, 2003)
Per le situazioni considerate più gravi si consiglia normalmente l'utilizzo di corsetti di vario tipo, realizzati in gesso o vetroresina, con lo scopo di esercitare una continua e/o crescente trazione sulla colonna vertebrale. Si applicano, di norma, nel periodo di accrescimento fino al termine della maturazione ossea.
Fra i più importanti corsetti citiamo:
- corsetto alto (tipo Milwaukee), indicato per qualsiasi tipo di scoliosi;
- corsetto ascellare (tipo Lionese)per scoliosi lombari o dorso-lombari;
- corsetto basso (tipo Lapadula)per scoliosi lombari o dorso-lombari.
La tendenza oggi è scegliere e progettare corsetti bassi, meno fastidiosi e antiestetici (il corsetto alto è sempre meno utilizzato data la sua invasività e scarsa tollerabilità). In primo luogo si cerca di evitare i busti gessati in quanto comportanti il rischio di "cast syndrome" (ostruzione duodenale), problemi cutanei (impossibilità a fare la doccia per lunghi periodi), forte impatto psicologico negativo, ripetuti ricoveri ospedalieri ecc.
Continuamente vengono proposti nuovi corsetti che dichiarano di correggere errori dei precedenti corsetti. Obiettivi ricercati nella progettazione dei corsetti, dal punto di vista funzionale, sono la rigidità tridimensionale. Nonostante tali corsetti impediscano dichiaratamente flessione, piegamenti laterali e rotazioni del tronco, i loro sostenitori dichiarano che l'adolescente può condurre una vita praticamente normale spingendoli in taluni casi a svolgere sport alquanto complessi dal punto di vista motorio quali la ginnastica artistica.I risultati, al solito, non vanno oltre quelli conservativi.
Un discorso a parte lo merita il "corsetto dinamico", tipo lo SpineCor nato nel 1993 in Canada (St. Justine Hospital di Montreal) a seguito di una ricerca sull'eziopatogenesi della scoliosi. Lo SpineCor è un corsetto funzionale che presenta la fondamentale peculiarità di consentire tutti i movimenti del tronco . Il sistema si compone di una specifica fasciatura elastica abbinata a una relativa determinata metodologia di esercizi. Da non sottovalutare è l'impatto estetico, praticamente inesistente (questo "corsetto" risulta praticamente invisibile indossando già una maglietta) col beneficio psicologico che tutto ciò comporta (Coillard, 2007).
Tale tipo di corsetto consente un potenziale utilizzo in abbinamento ad altre tecniche (ergonomiche incluse), a mio parere, di altissimo interesse scientifico.
Scoliosi grave
Il ricorso al trattamento cruento della scoliosi idiopatica può essere consigliato in presenza di una scoliosi con alta probabilità di importante evolutività e di grado Cobbmolto elevato (non inferiore a 40-45°). Si tratta di un intervento complesso comportante una fissazione chirurgica (artrodesi) della colonna vertebrale. Viene di norma eseguita un'artrodesi vertebrale posteriore (tramite trapianto osseo sulla faccia posteriore degli archi vertebrali interessati alla scoliosi) associata a un'asta metallica fissata e messa sotto tensione sulle vertebre estreme della curva scoliotica così da rendere stabile e permanente la "correzione". La fase post-chirurgica prevede l'immobilizzazione rachidea tramite l'utilizzo per alcuni mesi di un busto gessato nonchè riabilitazione fisioterapica (col tentativo di limitare gli innumerevoli e ingenti effetti collaterali derivanti).
A eccezione di casi infantili molto gravi (es. neurofibromatosi), il trattamento chirurgico si esegue ad accrescimento vertebrale ultimato (15-17 anni di età) così da evitare che l'artrodesi interferisca con l'accrescimento osseo.
Scopo dichiarato del trattamento è di bloccare la deformità impedendone l'evoluzione evitando così complicazioni organiche ecc.
In seguito a tale intervento chirurgico si ha la perdita permanente dei movimenti rachidei. Permangono pertanto molti pareri discordanti e perplessità sull'opportunità dell'intervento chirurgico.
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