Ultima modifica 28.01.2020

A Cura del Dr. Corrado Bait - Specialista in Ortopedia e Traumatologia


Suonano un po' come una formula magica, "cellule staminali e fattori di crescita" e, senza neanche sapere bene di cosa si tratta, ci si aspetta il miracolo: cartilagini che si rigenerano, legamenti e tendini che si ricostituiscono, articolazioni che tornano a funzionare senza problemi. Per quanto efficaci e promettenti, queste cure non sono però in grado di risolvere tutto. E, innanzitutto, non sono la stessa cosa. Staminali e Fattori di Crescita in ortopediaLe cellule staminali utilizzate in ortopedia sono quelle mesenchimali (MSC è la sigla che le definisce) e si ricavano di solito dalla cresta iliaca, la parte più alta delle ossa del bacino. «Le cellule staminali sono cellule indifferenziate multipotenti - spiega Corrado Bait, aiuto responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia del Ginocchio e Traumatologia dello Sport presso l'Istituto Clinico Humanitas e socio del centro specializzato Physioclinic di Milano -. Il loro destino non è ancora deciso e pertanto, tramite un processo di differenziamento, possono dar luogo a cellule diverse. In ortopedia vengono utilizzate soprattutto per le lesioni condrali, cioè quelle della cartilagine, una problematica a forte impatto sociale dato l'alto numero di soggetti colpiti, con dolore e disfunzioni articolari che limitano la vita di tutti i giorni, anche lavorativa». Ma quali sono i vantaggi legati all'utilizzo delle cellule staminali mesenchimali nelle lesioni delle cartilagini? Il primo risiede innanzitutto nella possibilità di eseguire un intervento "one step". In una sola seduta operatoria, infatti, si prelevano le cellule staminali e le si trasferiscono nell'articolazione da trattare. «È un grande passo avanti rispetto alla tecnica precedente - dice ancora Bait - che prevedeva un piccolo prelievo di cartilagine dal paziente, circa 200 mg, e poi la coltivazione in vitro per un periodo di 3-4 settimane». Al termine di questo periodo, con un nuovo intervento si trasferiva la sospensione così ottenuta nel punto da ricostruire, anche se non sempre la coltivazione in vitro andava a buon fine e produceva i risultati sperati.
«La cura con le cellule staminali è più breve, più economica e soprattutto più efficace - spiega ancora Bait -, perché a differenza di quanto si verifica con la coltivazione in vitro e il reimpianto, con questa tecnica si può ricostruire, almeno in parte e con i dovuti accorgimenti, anche il tessuto osseo sottostante». Le cellule però hanno la necessità di essere "veicolate" nella zona da trattare attraverso un supporto solido che funge da telaio (scaffold) per la crescita. Dopo il trattamento con le MSC, il paziente viene fatto muovere subito, per modellare lo "scaffold" ottenuto e ridurre le possibilità di aderenze intrarticolari. In ogni caso, però, i tempi non sono brevi: l'attività sportiva di basso impatto può essere ripresa dopo circa 4 mesi, mentre per corsa, calcio e tennis bisogna aspettare quasi un anno.
Meno eclatante ma più vasta la possibilità di utilizzo dei fattori di crescita piastrinici, il cosiddetto PRP, derivati dal sangue del paziente stesso. Le piastrine vengono infatti ottenute da donazioni autologhe (in pratica il paziente dona il sangue a se stesso) e concentrate tramite metodiche di centrifugazione a bassa velocità. «I fattori di crescita - spiega Bait - intervengono nello stimolare la rigenerazione dei tessuti lesionati. Come suggerisce il nome, sono più di uno e ogni fattore di crescita interviene su una specifica linea cellulare, producendo nel metabolismo del tessuto trattato un processo antinfiammatorio e riparativo. Per questo, i fattori di crescita vengono utilizzati nelle lesioni cartilaginee, in quelle tendinee, dei legamenti e dei muscoli». Dopo aver concentrato le piastrine, vengono iniettate nella zona del corpo interessata. Di solito si prevedono tre infiltrazioni, a distanza di 15 giorni una dall'altra, ma già dalla seconda la situazione complessiva risulta decisamente migliorata.
Naturalmente queste metodiche sono fortemente condizionate dalla biologia del paziente, infatti l'età svolge un ruolo fondamentale sulla capacità delle cellule di mettere in atto i processi riparativi. Non possiamo aspettarci gli stessi risultati a 20 e 40 anni, come sempre le indicazioni corrette sono sempre la migliore cura.


Corrado Bait

Dr. Corrado Bait
Aiuto Responsabile
Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia dello Sport
Humanitas Research Hospital
Rozzano (MI)
www.corradobait.com - segreteria@corradobait.com