La nuova frontiera nel training: il legame tra neurofisiologia e sport
A cura del Prof. Guido M. Filippi
Istituto di Fisiologia Umana dell'Università Cattolica di Roma
Docente di Fisiologia Umana del Corso di laurea in Scienze Motorie dell'Università cattolica di Milano
INTRODUZIONE
Esiste una separazione, misurabile in numerosi decenni di ricerche, tra le acquisizioni della neurofisiologia e le pratiche di allenamento sportivo. La ricerca neurofisiologica, sia per la sua complessità, sia per l'apparente lontananza dalle problematiche del “campo” dell'allenamento, resta quasi estranea al training sportivo ed alle sue problematiche.
Questo non implica che la neurofisiologia non abbia da dire, né che l'allenamento sportivo non abbia spunti del tutto interessanti da offrire alla ricerca di base.
Ancora oggi, la gran parte dell'allenamento si volge solo al motore: il muscolo. Il muscolo, infatti, è un vero motore, che trasforma l'energia chimica dell'ATP in energia meccanica, come il motore della nostra auto trasforma l'energia chimica delle molecole degli idrocarburi in energia meccanica.
L'interesse prevalente è quindi per il motore, i muscoli, più facili da costruire, ma con due difetti: più crescono più la macchina umana pesa e la necessità di un pilota, il cervello.
In realtà questo è oggi il problema cruciale, in considerazione dei livelli raggiunti dall'agonismo. Se “costruire” un rilevante volume muscolare è oggi un problema relativamente semplice, per costruire un campione serve anche la capacità di gestire tali muscoli, il che significa fare del training nei confronti del Sistema Nervoso Centrale. Si consideri inoltre che la “fatica”, e il processo noto come “spezzare la fatica”, sono primariamente aspetti neurofisiologici anziché muscolari.
Per esemplificare ancor più il problema, si consideri le coppie di atleti riportate nella Figura 1; si noti, come fisici drasticamente differenti da un punto di vista di volume muscolare possano esprimere risultati simili, o addirittura come il fisico meno prestante possa prevalere, agonisticamente, su quello maggiore.
È esperienza comune come negli atleti masse muscolari superiori non sono necessariamente espressione di gesti atletici migliori. La velocità di esecuzione, la potenza, la precisione di un movimento, la resistenza, appaiono dipendere da qualcos'altro che non il muscolo.
Il Sistema Nervoso è artefice della gestione della muscolatura disponibile e le arti marziali orientali sono espressione concreta di come il controllo si possa trasformare in potenza.
Scopo di questa trattazione è delineare:
- Il ruolo del Sistema Nervoso nel determinare le proprietà muscolari e il problema ed i vantaggi nell'ottimizzazione del controllo muscolare (parte I)
- Le odierne possibilità di intervenire con l'allenamento direttamente sulla gestione muscolare, eseguita dal Sistema Nervoso Centrale, allo scopo di ottimizzare la funzione neuromotoria ed ottenere performance muscolari superiori, evitando, peraltro, qualunque intervento dannoso alla salute dell'atleta, ovvero utilizzando solo meccanismi neurofisiologici (Parte II).
PARTE I
RUOLO DEL SISTEMA NERVOSO NEL DETERMINARE LE PROPRIETA' MUSCOLARI
È parte dell'insegnamento corrente di medicina, e di tutti i corsi biologici universitari e parauniversitari, l'asserto secondo cui il lavoro muscolare è condizione essenziale allo sviluppo, al potenziamento ed al miglioramento in generale della funzione motoria (Figura 2).
Tale affermazione è solo parzialmente vera.
Infatti, se da tale affermazione discende che il lavoro fisico è il diretto responsabile del miglioramento della performance motoria, l'affermazione diviene sbagliata.
Infatti, sia il trofismo che le proprietà metaboliche delle singole fibre muscolari dipendono dalla quantità e dalla distribuzione nel tempo del comando nervoso che giunge alle fibre muscolari, in media, nel corso delle 24 ore. La ricerca neurofisiologica ha dimostrato ciò già dagli anni '60 (Principles of neural science. Eds Kandel ER, Schwartz JH and Jessell TM. Elsevier NY. 1991).