Alimentazione dell'atleta: cosa mangiare e cosa evitare

Alimentazione dell'atleta: cosa mangiare e cosa evitare
Ultima modifica 13.09.2022
INDICE
  1. Perché l’atleta deve far attenzione a come si alimenta?
  2. Perché tutti credono che gli atleti possano mangiare “cosa” e “quanto” vogliono?
  3. Come “dovrebbe” essere l’alimentazione dell’atleta adulto
  4. Integrazione
  5. Conclusioni

È opinione comune che lo sportivo possa mangiare ciò che vuole senza dover temere alcuna problematica di salute o di linea. Non è così.

In questo breve articolo cercheremo di fare maggiore chiarezza sull'argomento, sfatando i miti più comuni, e spiegando perché proprio un atleta dovrebbe fare attenzione a cosa mangiare e, invece, cosa evitare.

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Perché l’atleta deve far attenzione a come si alimenta?

L'alimentazione dell'atleta – che, in verità, non è un semplice "sportivo" – è tutt'altro che lasciata al caso; questo per due semplici ragioni:

  • Dalla dieta dipende gran parte della performance;
  • I soggetti che hanno un fabbisogno calorico tale da doversi quasi sforzare di mangiare più del dovuto sono solo i fondisti e, al limite, i mezzofondisti – per l'elevatissimo impegno energetico quotidiano.

Dobbiamo ovviamente escludere le cosiddette eccezioni dovute alla soggettività che, in quanto tali, non andrebbero prese come esempio.

Perché tutti credono che gli atleti possano mangiare “cosa” e “quanto” vogliono?

L'equivoco nasce anche dall'incrocio di alcune circostanze particolari.

Sappiamo che gli atleti, per essere tali, devono sostenere un carico allenante molto impegnativo – a prescindere che siano professionisti o meno.

Ciò richiede un impegno temporale davvero considerevole, sia in termini di numero di sessioni settimanali, sia in termini di durata della singola sessione.

Questa necessità non concilia con molti altri impegni, ad esempio lavorativi o studenteschi che richiedono spostamenti pendolari o trasferte.

Per di più, l'organismo che risponde meglio all'allenamento è quello con i maggiori flussi ormonali anabolici, rispettivamente somatotropina e testosterone, perché responsabili di un recupero più rapido e una supercompensazione più efficacie.

Questi mediatori chimici si trovano ai massimi livelli nella fase di accrescimento, dall'età prepuberale alla giovane età adulta.

La stessa fascia d'età concilia giustappunto con le necessità tipiche dell'atleta che, frequentando la scuola secondaria, ha la possibilità di dedicarsi completamente allo sport.

Se ne evince che la stragrande maggioranza degli atleti - impegnati quotidianamente nell'allenamento - abbia dai 14 ai 19 anni, la fascia d'età peraltro caratterizzata dal maggior fabbisogno calorico basale (in proporzione alle caratteristiche antropometriche ovviamente) e dalla maggior efficienza metabolica (sensibilità insulinica, spinta anabolica ecc.).

Non c'è quindi da stupirsi se un canottiere agonista al "2° anno ragazzi", che può arrivare a compiere facilmente oltre 10 ore di allenamento settimanale, possa permettersi di mangiare 8 volte al giorno senza guardare minimamente cosa e quanto gli passa nel piatto.

Come “dovrebbe” essere l’alimentazione dell’atleta adulto

Sperando di non deludere i gentili lettori, è bene sottolineare che non esiste un'alimentazione standardizzata per gli atleti.

È tutto legato alla soggettività delle caratteristiche antropometriche, allo stile di vita e, soprattutto, al tipo d'allenamento e del carico globale.

D'altro canto, esistono anche delle raccomandazioni univocamente valide e grossolani errori "da non commettere". Vediamo i principali.

Giovani atleti: cosa mangiare e cosa evitare

I giovani atleti possono contare sull'efficienza degli stimoli fisiologici. Non c'è quindi un gran bisogno di "ricordarsi" di bere o mangiare. È di solito sufficiente evitare che si "strafoghino" di cibi spazzatura – semplicemente perché, al di là delle calorie, sono generalmente alimenti poveri - e che stiano più lontano possibile dagli alcolici.

Atleti adulti: a cosa prestare più attenzione?

Atleti di endurance

Da eliminare i cibi con composizione nutrizionale "inutile" o controproducente; è possibile concedersi, programmandoli, alcuni pasti "più liberi" nella settimana.

Gli atleti adulti e impegnati a gestire il lavoro, la famiglia ecc., devono invece essere più attenti nella gestione nutrizionale.

Se parliamo di atleti di endurance che si allenano quotidianamente o quasi, più pasti si consumano, meglio è.

In assenza di problemi di peso, è sufficiente "mangiare pulito", dando priorità alle fonti di carboidrati complessi (cereali, patate, legumi) senza troppi grassi aggiunta.

Rimane essenziale consumare 4-6 porzioni di verdura (almeno la metà cruda) e frutta fresca al giorno, almeno da 150-200 g l'una. Oltre a fornire fibre, vitamine e minerali, aumentano l'intake di acqua.

Chi li ben tollera, latte e yogurt partecipano a mantenere alto il livello di idratazione, apportano vitamine del gruppo B, calcio e fosforo.

Se l'atleta tende ad "appesantirsi", è bene fare maggiore attenzione prima di tutto alle fonti di grassi – anche quelle buone – e, in secondo luogo, alle porzioni di alimenti ad alto contenuto di carboidrati.

L'apporto proteico, a patto che la dieta sia varia ed equilibrata, non è pressoché mai un problema. Una pietanza con porzione media di carne, pesce, uova o formaggi a pranzo e una cena sono sufficienti.

Qualsiasi alcolico al di fuori di un bicchiere di vino a pranzo e uno a cena è fortemente sconsigliato – non dimentichiamo che si tratta di un soppressore del testosterone.

Bere dev'essere una costante; la quantità giusta d'acqua da portarsi dietro tra il pre-, il peri- e il post-workout è quella che non consente di terminare la bottiglia/borraccia.

Atleti di forza e bodybuilder

Se invece parliamo di atleti di forza (ad es. powerlifter) o di bodybuilder che si allenano 3-4 volte a settimana, e che devono mantenere il controllo della body fat (ipotizziamo il 12% circa lontani dal picco prestativo), capire cosa e quanto mangiare è molto più importante.

Da eliminare con ancora più rigore i cibi con composizione nutrizionale "inutile" o controproducente; per i bodybuilder, solo in alcune fasi dell'anno è possibile concedersi un pasto libero a settimana.

Sul piano energetico e di ripartizione, nella fase di mantenimento o di massa, la dieta può essere identica ogni giorno, perché ciò che conta è il bilancio calorico settimanale. In fase di taglio energetico invece, un supporto ulteriore nei giorni di allenamento partecipa a mantenere la lucidità mentale e buone prestazioni.

Il fabbisogno proteico è essenziale soprattutto durante il cut, momento in cui può essere quasi doppio (alcune fonti citano addirittura oltre 3,0 g / kg di peso) rispetto ai periodi di ipertrofia (circa 1,6 g / kg).

I grassi (sempre a prevalenza insatura) vanno mantenuti quasi sempre sotto controllo, tra un minimo del 15 ad un massimo del 30% (stiamo generalizzando, ovviamente).

I carboidrati occupano tutto il resto delle calorie, senza lasciarsi convincere troppo dalle indicazioni sulla scelta del giusto indice glicemico.

Il ruolo di verdura, frutta, latte e yogurt è lo stesso del caso precedente, anche se questo tipo di attività compromette molto meno il bilancio idro-salino.

L'alcol dev'essere temuto ancora di più rispetto all'endurance, perché il testosterone ha un ruolo chiave nella crescita del tessuto contrattile.

Integrazione

L'integrazione può essere fondamentale come no, dipende molto dal carico allenante e dalle possibilità di "arrangiarsi" con gli alimenti consuetudinari.

Alcuni prodotti, d'altro canto, sono oggettivamente molto utili.

Parliamo soprattutto di:

Conclusioni

Terminiamo rammentando che la dieta dell'atleta è più complessa quanto più tempo si perde a "cercare di capire" quanto e cosa mangiare.

Non è giusto che i ragazzi vengano sottoposti a certe problematiche in un'età che, invece, dovrebbe essere caratterizzata dalla spensieratezza.

Sconsigliamo dunque di creargli eccessive pressioni a tavola, con l'unica eccezione di chi "esclude" intere categorie alimentari – ad esempio, la verdura. I giovani, come abbiamo detto sopra, hanno un'ottima sensibilità alla fame e alla sete, e mangiano meno "con il cervello", ma più con lo stomaco, rispetto agli adulti.

Gli adulti possono invece cercare di fare più caso a ciò che mangiano, valutando però con oggettività quanto rendono in allenamento. Le preoccupazioni devono sorgere nel momento in cui la performance diminuisce. O nel caso in cui, come spesso avviene, gli impegno quotidiani non consentono di gestire l'alimentazione in maniera ottimale, rispettando i propri stimoli fisiologici.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer