Villocentesi - Prelievo dei villi coriali

Ultima modifica 27.09.2019

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Quale donne devono sottoporsi ad una villocentesi?

Nelle strutture pubbliche, le donne con età uguale o superiore a 35 anni (alla data presunta del parto), insieme alle gestanti che hanno un'indicazione prevista dal protocollo nazionale, possono sottoporsi gratuitamente a villocentesi previa consulenza genetica.

La villocentesi è l'esame di scelta per riconoscere malattie dei cromosomi o dei geni entro i primi 3 mesi di gravidanza. E' quindi consigliabile se la coppia è ad alto rischio per tali malattie (figli precedenti o familiari affetti, età materna avanzata ecc.) o se il feto dopo ecografia (translucenza nucale) e bi-test, risulta positivo allo screening (quindi ad "alto" rischio di anomalie cromosomiche).

 

Amniocentesi - villocentesi

Dopo quanto tempo riceverò i risultati della villocentesi? Quanto sono affidabili?

Informazioni preliminari sono disponibili dopo due o tre giorni dalla villocentesi, mentre per il referto definitivo è necessario attendere 10-15 giorni. I diversi tempi di attesa riflettono due diverse tecniche analitiche del campione placentare, che ove possibile vengono sempre eseguite congiuntamente.

L'analisi cromosomica dev'essere eseguita su cellule in divisione e, nel caso dei villi coriali, si utilizzano due metodiche d'indagine: il metodo diretto per una diagnosi precoce ed una coltura cellulare per ottimizzare l'affidabilità diagnostica. Dopo il prelievo tramite villocentesi, il campione viene quindi suddiviso in due aliquote; una parte viene utilizzata per l'analisi diretta, l'altra per analisi dopo coltura.

Con il metodo diretto si sfruttano le divisioni spontanee delle cellule prelevate; ciascuna di queste cellule, dividendosi più volte, dà origine a cellule figlie con lo stesso corredo cromosomico.

Con il metodo della coltura, invece, le cellule vengono seminate su un apposito vetrino ed incubate, in modo da favorirne la moltiplicazione ed originare le relative colonie (aggregati di cellule con lo stesso corredo cromosomico della cellula originaria). Dopo qualche giorno, quando le colonie saranno sufficientemente numerose, verrà quindi eseguito l'esame dei cromosomi.

In assenza di una quantità sufficiente di villi coriali non è possibile l'allestimento di entrambi i preparati. Tutto ciò diminuisce l'affidabilità diagnostica della villocentesi, perché il prelievo può essere contaminato da cellule d'origine materna; perciò, la coltura ha lo scopo di eliminare il rischio di analizzare cellule materne anziché fetali, con conseguente pericolo di falsi negativi. Soltanto lo studio di un alto numero di cellule può infatti permettere di evitare un errore diagnostico.

Affidandoci ancora una volta a dati statistici, in due casi su mille prelievi può succedere che la coltura cellulare non si sviluppi abbastanza da permettere una diagnosi definitiva. In questo caso, a distanza di 2-4 settimane, può essere necessario ripetere la villocentesi, anche se nella maggior parte dei casi si opta per un prelievo del liquido amniotico. Questi ed altri approfondimenti possono rendersi necessari anche quando l'analisi lascia dei dubbi di interpretazione (3 casi su 100).

Pur essendo particolarmente ridotte (si parla di un caso ogni 500-1000 esami), non vanno escluse le possibilità di falsi positivi, ovvero il rischio che venga fatta una diagnosi di anormalità in feti sani. Per contro, nonostante l'apparente assenza di anomalie, alla nascita il bambino potrebbe evidenziare difetti genetici non rilevabili tramite lo studio dei villi coriali. Molte malformazioni, infatti, non sono associate ad anomalie dei cromosomi, e potranno eventualmente essere osservate solo con un accurato esame ecografico tra la 19a e la 22a settimana di gravidanza. Vi possono poi essere problemi riguardanti l'anatomia, o altre funzioni d'organismo che non possono essere riconosciute prima della nascita.

Villocentesi: quando sottoporsi all'esame?

La villocentesi si esegue dopo la 10ª settimana gestazionale, poiché in periodi precedenti c'è il rischio di lesioni fetali; è stata infatti evidenziata un'associazione tra villocentesi eseguita prima della 9a settimana e comparsa di difetti congeniti fetali, come anomalie degli arti (1.6% a 6-7 settimane, 0.1% a 8-9 settimane).

Normalmente, quindi, la villocentesi viene eseguita tra la 11a e la 13a settimana di gravidanza; quando necessario, può essere comunque realizzata in epoche successive.

Villocentesi od amniocentesi?

Il vantaggio principale della villocentesi rispetto all'amniocentesi risiede nella possibilità di eseguire l'esame in epoca precoce, nonostante il prelievo del liquido amniotico sia oggi eseguibile anche tra la 11a e la 13a settimana (di regola si esegue tra la 15a e la 18a, quindi all'inizio del terzo trimestre di gravidanza). La villocentesi, inoltre, offre la possibilità di ridurre i tempi di attesa per i risultati diagnostici. Pertanto, in presenza di una grave patologia del feto, grazie alla villocentesi, la coppia può decidere di interrompere la gravidanza in epoca precoce, con minori stress fisici e psichici.

La villocentesi è più indicata per lo studio di eventuali malattie geniche, mentre l'amniocentesi è più indicata per le coppie con rischio di malattie cromosomiche o per la diagnosi di infezioni fetali.

Come anticipato, il rischio abortivo correlato alla villocentesi (1%) è molto simile a quello che grava sull'amniocentesi (0,5-1%). Tra le condizioni che orientano verso una diagnosi precoce mediante villocentesi ricordiamo la presenza di screening del primo trimestre positivi (duo test, plica nucale), età materna avanzata e posizione favorevole della placenta.

Occorre ricordare che a differenza dell'amniocentesi, la villocentesi non fornisce informazioni sul rischio di difetti di chiusura del tubo neurale e della parete addominale (perché non consente il dosaggio dell'alfafetoproteina). Sarà quindi importante raccomandare alla paziente l'esecuzione di un'ecografia per lo studio dell'anatomia fetale a 20-22 settimane, con particolare attenzione alla morfologia della colonna e dell'addome.

Nel caso la villocentesi mostri anomalie fetali, qual è il termine massimo per l'interruzione della gravidanza?

Secondo la legge che regola l'interruzione volontaria della gravidanza (Legge 194/78), la richiesta di interruzione per la gestante, cui venga fatta diagnosi di grave anomalia fetale dopo i primi 90 giorni e comunque prima della 22a settimana di gestazione, è subordinata all'accertamento medico della condizione di grave minaccia alla salute psichica della gestante costituita dalla prosecuzione della gestazione.