Vaccino Covid-19: quanto tempo ci vuole per vedere i primi risultati?

Vaccino Covid-19: quanto tempo ci vuole per vedere i primi risultati?
Ultima modifica 19.02.2021
INDICE
  1. Introduzione
  2. Il test di Israele sul vaccino anti Covid-19
  3. I primi dati sono meno positivi del previsto
  4. Che cosa dicono i test
  5. L'importanza della doppia somministrazione
  6. Servirà ancora del tempo

Introduzione

La campagna vaccinale contro il Covid-19 è ormai partita in quasi tutto il mondo. In Italia e in Europa il piano è iniziato ufficialmente il 27 dicembre e, nonostante intoppi e ritardi, sta proseguendo. Ma fra quanto si inizieranno ad avere i primi risultati? Secondo gli esperti saranno necessarie diverse settimane, probabilmente anche mesi, prima di vedere l'impatto del vaccino anti Covid-19.

Il test di Israele sul vaccino anti Covid-19

I primi dati sull'efficacia e i risultati del vaccino anti Covid-19 arrivano da Israele, l'unico Paese al mondo che ha vaccinato oltre un terzo della sua popolazione (che è pari a circa 9 milioni), grazie a un'ottima organizzazione da un lato e, a quanto pare, a un accordo con la Pfizer-BioNTech dall'altro. Sembra, infatti, che il Governo abbia accettato di fornire una serie di dati articolati e complessi sulle vaccinazioni in maniera costante, utili per effettuare ulteriori analisi sul vaccino, in cambio di altre forniture. A circa un mese dall'inizio della campagna vaccinale, partita il 19 dicembre, la maggior parte dei vaccinati ha ricevuto la prima dose, mentre il resto ha già completato il ciclo di due dosi.

I primi dati sono meno positivi del previsto

Un team di studiosi israeliani ha condotto su richiesta di Clalit, il più grande fra i quattro gestori dei servizi sanitari in Israele, un'indagine preliminare per valutare gli effetti della vaccinazione. Complessivamente, gli autori hanno analizzato 400mila over '60, dividendoli in due gruppi: uno aveva ricevuto almeno una dose del vaccino anti Covid-19, mentre il secondo non era ancora stato vaccinato. Tutti i soggetti sono stati monitorati nelle settimane successive e sottoposti a tampone quando hanno manifestato sintomi sospetti e potenzialmente riconducibili al Covid-19 e quando hanno avuto contatti stretti con soggetti positivi. Ebbene, nei primi 12 giorni l'incidenza di nuovi casi positivi è risultata simile nei due gruppi, poi sono iniziate a comparire le prime differenze. Al 14esimo giorno, l'incidenza di nuovi casi positivi fra il gruppo dei vaccinati era diminuita del 33% rispetto a quella registrata nel gruppo dei non vaccinati.

Che cosa dicono i test

I dati, dunque, sono positivi, sebbene gli autori si aspettassero una diminuzione più marcata. Nachman Ash, coordinatore israeliano della risposta al Covid, ha commentato alla radio dell'esercito che "la prima dose sembra meno efficace delle attese". Occorre sapere, infatti, che secondo i test e gli studi effettuati prima dell'approvazione, il vaccino anti Covid-19 di Pfizer è efficace al 52% a tre settimane dopo la prima somministrazione: a una settimana circa dalla seconda dose, invece, l'efficacia sale al 95%. Al momento si sa che il farmaco protegge dal Covid-19, evitando che si sviluppino i sintomi della malattia. Non è ancora stato chiarito, invece, se renda il soggetto vaccinato meno contagioso.

L'importanza della doppia somministrazione

È vero, però, che il gruppo dei vaccinati aveva ricevuto solo una somministrazione: secondo gli esperti questo giustifica la diminuzione solo contenuta dell'incidenza di nuovi casi. È la seconda dose, infatti, che fa salire in maniera significativa il livello di protezione. L'indagine non ha aiutato, invece, a fare chiarezza sul valore del vaccino anti Covid-19 nei confronti del rischio di contagio. Infatti, nella maggior parte dei casi i test per riscontrare l'eventuale positività sono stati effettuati su persone già sintomatiche.

L'indagine ha preso in considerazione anche il numero di ricoverati e di persone con sintomi gravi. Nella settimana dal 26 dicembre al 2 gennaio e in quella dal 2 gennaio al 9 gennaio, il numero di individui con sintomi gravi era aumentato del 30% in ciascuna settimana. Nella settimana dal 9 al 16 gennaio, invece, l'aumento è stato solo del 7%. La ragione? Probabilmente il fatto che a inizio gennaio il 40% degli ultra sessantenni di Israele era stato vaccinato. Un'ipotesi che sembra avvalorata anche da quanto successo invece nella fascia di età tra i 40 e i 55 anni, nella quale i soggetti vaccinati sono ancora pochi: in questo caso, infatti, i casi con sintomi gravi sono risultati in crescita del 20-30% in ciascuna delle tre settimane.

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Servirà ancora del tempo

In Israele, dunque, i primi timidi risultati si sono iniziati a vedere dopo un mese dall'inizio delle vaccinazioni. Tuttavia, bisogna anche tenere in considerazione che, al momento dell'indagine, nel Paese mediorientale era in corso un lockdown severo, che ha sicuramente contribuito a ridurre i nuovi contagi. Secondo le stime, per vedere i primi effetti reali del vaccino anti Covid-19 occorreranno ancora diverse settimane. Fra l'altro, ora la situazione si sta complicando, anche a cause delle nuove varianti, che sembrano essere particolarmente aggressive nel Paese del Medio-Oriente.

Soprattutto nei Paesi più grandi, come l'Italia (che ha 60 milioni di abitanti, 7 volte quelli di Israele), saranno necessari ancora alcuni mesi per osservare l'effetto dei vaccini, fra l'altro sempre sperando che le campagne vaccinali proseguano come previsto. Il che non è affatto scontato considerato che ci sono già stati i primi intoppi, come il rallentamento delle forniture di Pfizer-BioNTech a molti Stati europei, a causa di alcune attività per potenziare il proprio sito produttivo in Belgio.