Il Travaglio di Parto

Ultima modifica 19.02.2019

Durante la gravidanza, soprattutto nel corso dell'ultimo trimestre, molte donne si domandano: "Come capirò quando sarà arrivato il momento di partorire?", "Quando sarà il momento giusto per andare in ospedale?", "Esistono sintomi e segnali che devono spingermi ad allertarmi o addirittura ad allarmarmi?".


Travaglio di Parto

Partendo ancora una volta dal presupposto che la gravidanza e il parto sono, in genere, condizioni assolutamente fisiologiche e che - come la stessa cronaca ci ricorda quasi quotidianamente - ogni donna possiede dentro di sé tutte le risorse e le competenze necessarie per "farcela" brillantemente da sola, non c'è dubbio che la conoscenza e la consapevolezza dei tempi, dei meccanismi e delle sensazioni del travaglio può aiutare la futura mamma a vivere e gestire con maggiore tranquillità e controllo tutte le fasi decisive della nascita.

Esistono a questo proposito alcune schematiche, ma efficaci, classificazioni cui poter fare riferimento. Di solito si distinguono innanzitutto un "periodo prodromico o fase latente"  e un "periodo dilatante".

Il periodo prodromico rappresenta in qualche modo la zona di confine, il punto di passaggio, tra il prima e il dopo. Tra la gravidanza, come è stata conosciuta e vissuta fino a quel momento, e il vero e proprio travaglio attivo che porterà concretamente alla nascita del nuovo bambino.

Nel periodo prodromico, che soprattutto in una donna al primo parto può avere una durata estremamente variabile, a volte anche più di 24 ore, le contrazioni saranno inizialmente ancora brevi e irregolari, per poi acquistare un po' alla volta maggiore ritmo e coordinazione. Si verificheranno l'appianamento e la scomparsa del collo uterino (anche in questo caso con qualche differenza di tempi e sequenza tra donne al primo parto e donne che hanno già avuto altri figli). Il dolore inizierà progressivamente a farsi percepire in modo sempre più riconoscibile, soprattutto a livello addominale e lombo-sacrale, ma le pause saranno ancora lunghe e prevalenti.

In questa fase, comunque, se il sacco amniotico è ancora integro, sarà certamente prematuro correre in ospedale. In condizioni fisiologiche sarà preferibile trascorrere questi momenti nel calore, nella serenità e nella libertà offerte dal proprio ambiente domestico.

Madre e bambino si preparano - dal punto di vista fisico, ormonale ed emotivo - al momento del parto vero e proprio. La donna è ansiosa, eccitata e consapevole che "il momento è quasi arrivato". In lei convivono spesso due sentimenti contrastanti: da un lato la voglia e la necessità di terminare la gravidanza, mettendo al mondo il proprio figlio; dall'altra la cosiddetta "ansia di separazione", ossia l'inquietudine suscitata dall'inevitabile distacco con una parte intima di sé. Una nuova vita che fino a quel momento è cresciuta nel proprio corpo ma che tra poco acquisirà definitivamente una propria autonoma identità. Il bambino reale sta per incontrare il cosiddetto "bambino immaginario" sognato fino a quel momento.

Nella madre, tra l'altro, sarà anche presente da qualche settimana il cosiddetto "istinto di nidificazione". Il bisogno cioè che che tutto sia a posto, pronto, sistemato. Il bisogno di avere tutto sotto controllo. La necessità di garantire al proprio figlio la "miglior nascita possibile".

La donna inoltre prende gradualmente contatto con il dolore, inizia a sperimentare il proprio corpo e le proprie emozioni di fronte a questo nuovo contesto. È ancora vigile e ricettiva, anche durante le contrazioni. Avverte però il contatto con il nascituro che a sua volta avrà modificato il proprio atteggiamento in utero e andrà ad affrontare le cosiddette tappe della "riduzione" e "dell'impegno", adattando i diametri della propria parte presentata (generalmente la testa) a quelli dell'ingresso pelvico materno.  Il corpo della madre a sua volta continua a trasformarsi e a prepararsi. Le prostaglandine ad esempio stimolano le contrazioni e ammorbidiscono il collo uterino. Prostaglandine che, tra l'altro, sono presenti anche nello sperma dell'uomo.

Purtroppo l'ultima cosa a cui la maggior parte delle coppie pensa in questa fase è quella di avere rapporti intimi. Preferendo magari precipitarsi in ospedale e affidarsi alle competenze tecniche e ai protocolli standard degli operatori sanitari. Eppure i benefici naturali che la sessualità può produrre in travaglio sarebbero enormi. Un rapporto, ad esempio, può contribuire con diversi meccanismi a liberare endorfine e ossitocina, oltre alle già citate prostaglandine, fattori indispensabili per il buon esito del travaglio e del parto. Perché allora farsi asetticamente somministrare alcune di queste sostanze, magari con flebo e manovre invasive, dal ginecologo o dall'ostetrica, quando è possibile recuperare dentro di sé tutte le risorse necessarie? E questo semplicemente attraverso qualche privato momento di piacere e affetto con il proprio partner.

Come per il resto della gravidanza, anche l'evoluzione di questa fase sarà comunque profondamente condizionata dalle specifiche caratteristiche della donna in questione. Dalla sua età, dal suo carattere, dal suo vissuto, dalle sue aspettative, dal tipo di sostegno affettivo su cui può contare e così via. Ogni donna è diversa dalle altre così come lo è ogni personale esperienza di maternità.

Ciò che in questa fase tutte sperimentano, tuttavia, è la cosiddetta perdita del tappo mucoso. Come spiega il nome stesso, si tratta di un tappo composto essenzialmente da muco denso e biancastro che normalmente si trova all'interno della cervice per proteggere l'utero dalla penetrazione di batteri e (tranne che nei giorni dell'ovulazione) spermatozoi.

Le modificazioni del collo dell'utero che si verificano in prossimità del parto determinano meccanicamente la perdita di tale tappo (spesso misto a sangue, si dice che la donna "marca" per la prima volta) e indicano in modo tangibile alla donna che il travaglio attivo vero e proprio si sta avvicinando. Si sta avvicinando il periodo dilatante.

Le contrazioni adesso si fanno più intense, prolungate, frequenti e regolari. Il collo, ormai appianato, inizia a dilatarsi sensibilmente. Un po' alla volta dai due centimetri iniziali arriveremo ai dieci centimetri della dilatazione completa. Lo stesso periodo dilatante tuttavia è a sua volta articolato in diversi passaggi e momenti che complessivamente - soprattutto al primo parto - possono durare dalle quattro alle otto ore circa.


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