Ultima modifica 15.02.2021

Il test combinato associa all'esame ecografico della translucenza nucale, un'analisi del sangue materno. Test combinato in gravidanzaScopo dell'esame è quantificare il rischio che il feto possa essere portatore di Sindrome di Down o di Trisomia 18 (S. di Edwards). Il test combinato, quindi, non pone alcuna diagnosi; piuttosto, grazie all'ausilio di un software elaborato dalla Fetal Medicine Foundation (Londra) ESPRIME UNA PROBABILITA'. In pratica, il rischio che il bambino sia affetto da trisomia 21 o 18 viene espresso in termini statistici percentuali (ad esempio 1 caso patologico possibile su 1000 o un caso patologico possibile su 50), il tutto sulla base dei risultati del test combinato e di altri parametri (età materna, peso, fumo ecc.).

La risposta del test combinato è quindi un numero che esprime una probabilità. Se il numero è compreso tra 1/1 e 1/350 la probabilità che il bambino sia affetto da Trisomia 21 è considerata elevata. Nonostante l'ultimo estremo (una probabilità su 350) mostri un rischio tutto sommato contenuto, lo si considera comunque meritevole di ulteriori approfondimenti. Pertanto, attenzione agli inutili allarmismi; l'ansia ingiustificata non è buona compagna della gravidanza.

Un risultato di alta probabilità non significa che il bambino sia affetto da trisomia 21 o da malformazioni. Per confermare od escludere il sospetto che lo sia, è necessario sottoporsi ad un esame invasivo (amniocentesi o villocentesi), che nella maggior parte dei casi mosta un feto assolutamente privo di malattie cromosomiche.

Quando l'indice di rischio è inferiore ad 1:350 (ad es. 1:500) la probabilità è considerata bassa; purtroppo, però, non si può escludere completamente la presenza di trisomia 21 o di altre malformazioni fetali. Alcuni casi, inoltre, non sono evidenziati dall'esame. Il test combinato, infatti, è statisticamente in grado di individuare nove casi di trisomia 21 su 10, mentre il decimo sfugge alla diagnosi. Ciò significa che in quest'ultimo caso - nonostante il feto sia effettivamente interessato da sindrome di Dowm - il test combinato non lo considera tale.

Test combinato: quando e come si esegue

Il test combinato si esegue nel 1° trimestre di gravidanza (11a - 13a settimana di gestazione) e come ricordato si basa sull'utilizzo di una tecnica combinata: da un lato la misurazione della translucenza nucale e dall'altro il dosaggio di due markers biochimici nel circolo sanguigno; questi markers sono rispettivamente chiamati free-beta hCG (frazione libera della subunità β della gonadotropina corionica) e PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza).

Maggiore è lo spessore della translucenza nucale, maggiore è il rischio di Sindrome di Down o di altre patologie cromosomiche come la Trisomia 18.

 

Nei casi di trisomia 21 (altro nome della sindrome di Down), durante il primo trimestre la concentrazione sierica della frazione β-hCG è più elevata rispetto alla gravidanza con feto euploide (non affetto da sindrome di Down), mentre la PAPP-A risulta inferiore alla norma. Quindi, quanto più diminuisce la PAPP-A e quanto più aumenta la free-beta hCG, tanto più elevato diviene il rischio delle suddette malattie cromosomiche.

 

ENTRAMBI I TEST NON COMPORTANO ALCUN RISCHIO PER LA SALUTE DELLA MADRE O DEL FETO.

In base ai valori dell'esame, il calcolo del rischio statistico viene effettuato da software che prendono in considerazione anche altri fattori, come variabilità soggettiva per epoca gestazionale, età materna, peso corporeo, abitudine al fumo, tendenza alla minaccia d'aborto e precedenti figli con anomalie cromosomiche. Le donne con un rischio aumentato (> 1:350) vengono quindi indirizzate gratuitamente ad una diagnosi prenatale invasiva, per il controllo del cariotipo fetale (villocentesi od amniocentesi). Purtroppo, entrambe le procedure sono gravate da un piccolissimo ma pur sempre presente rischio di aborto (0,5-1%), ed è per questo che sono generalmente precedute da un test di screening.

Per effettuare il test combinato è sufficiente eseguire un semplice prelievo di sangue materno, prima del quale non è necessario il digiuno. La misurazione ecografica della translucenza nucale può essere eseguita per via transaddominale o transvaginale; in quest'ultimo caso, l'esame fornisce una migliore risoluzione d'immagine ed una più corretta scansione; tuttavia, può anche provocare un certo fastidio alla gestante.

Rischio sindrome di Down età madreLa procedura ecografica può dilungarsi fino a 30-40 minuti, per la necessità che il feto si trovi in posizioni ben precise durante l'esame.

Il fattore età

1) Il rischio di avere un bambino con un'anomalia cromosomica aumenta con l'avanzare dell'età materna, divenendo consistente dopo i 35 anni.

 

2) L'unico modo per escludere con certezza un'anomalia cromosomica è quello di sottoporsi a esami invasivi, come la villocentesi o l'amniocentesi, che comportano un rischio di aborto pari all'1% circa.

 

Sulla base di queste considerazioni, in un primo momento si iniziò a proporre l'analisi del cariotipo fetale a tutte le donne di età superiore a 35 anni. In realtà, dai dati statistici, emerse che circa il 70% dei feti colpiti da sindrome di Down nasceva da donne più "giovani", quindi considerate a basso rischio. Come spiegare tale fenomeno? Semplicemente con il fatto che le donne giovani concepiscono molto di più rispetto a quelle di età superiore a 35 anni; infatti, specie a quei tempi, poche erano le donne che decidevano di avere un figlio oltre questa età (oggi, le percentuali stanno cambiando per via delle modificazioni del tessuto socio-economico).

In sostanza, quindi, figli con sindrome di Down sono maggiormente partoriti da madri relativamente giovani, perché queste concepiscono di più rispetto a donne più avanti con gli anni, che danno alla luce percentuali maggiori di figli affetti da sindrome di Down solamente in termini relativi.

Sulla base di queste ulteriori considerazioni si è quindi cercato di intraprendere test non invasivi per identificare le gravidanze a rischio in donne giovani. La non invasività di questi test era fondamentale, poiché - considerati anche gli elevati costi dell'indagine - era impensabile sottoporre tutte le gestanti ad amniocentesi o a villocentesi; piuttosto, tali esami dovevano essere riservati alle gravidanze con rischio sufficientemente alto da giustificare il pericolo di perdita fetale ed il costo importante per il sistema sanitario nazionale. Dunque, come fare per quantificare questo rischio? La risposta è contenuta negli attuali esami di screening - come test combinato, tri-test o quad test - a cui viene sottoposta TUTTA la popolazione ostetrica; grazie a questo filtro è possibile scremare le gravide "a rischio", quindi meritevoli di un approfondimento con diagnosi invasiva (amniocentesi e villocentesi).

 

A chi è indicato il test combinato?

A tutte le gestanti di età inferiore a 35 anni che desiderano valutare precocemente il rischio che il feto sia affetto da sindrome di Down (trisomia 21), per poi decidere se sottoporsi ad esami più invasivi come l'amniocentesi o il prelievo dei villi coriali.

 

A gestanti di età superiore a 35 anni che desiderano valutare in modo più preciso il rischio, per decidere se evitare o meno di sottoporsi a  metodiche diagnostiche prenatali invasive. In genere, comunque, le donne di età superiore a 35 anni vengono sottoposte direttamente ad amniocentesi od al prelievo di villi coriali, bypassando gli esami di screening come il test combinato.