Ultima modifica 02.10.2019

Generalità

La tachicardia parossistica è un'aritmia caratterizzata da un aumento della frequenza e della velocità del battito cardiaco ad esordio improvviso e brusco. Tachicardia parossisticaQuesta condizione patologica è il risultato di un cambiamento della sede del centro segnapassi dominante. Infatti, il comando della propagazione dell'impulso di contrazione cardiaca passa dal nodo senoatriale al nodo atrioventricolare. Per questo motivo, è detta anche tachicardia da rientro del nodo atrioventricolare ed è classificata tra le aritmie ectopiche atrioventricolari.

Gli attacchi di tachicardia parossistica hanno durata variabile, da pochi secondi ad alcune ore, o anche giorni. Possono presentarsi in individui sani, senza cardiopatie o altre affezioni organiche. Questa aritmia, infatti, è frequente nella prima infanzia e nei bambini, ma può insorgere anche in soggetti sottoposti a forti emozioni o sforzi fisici severi. Il sintomo tipico della tachicardia parosisstica è una forte palpitazione. Ben più gravi sono i casi di tachicardia parossistica associata ad un disturbo cardiaco: al sintomo di palpitazione si aggiungono quelli di dispnea, ortopnea e dolore toracico.

Aritmie, cosa sono?

Prima di procedere con la descrizione della tachicardia sinusale, è opportuno ripassare brevemente cosa sono le aritmie cardiache.
Le aritmie cardiache sono alterazioni del normale ritmo di battito del cuore, detto anche ritmo sinusale in quanto originato dal nodo seno atriale. Il nodo seno atriale emette gli impulsi per la contrazione del cuore ed è considerato il centro segnapassi dominante, in quanto responsabile della normalità del battito cardiaco.

Il ritmo cardiaco è espresso in battiti per minuto ed è considerato normale se si stabilizza in un intervallo di valori compresi tra 60 e 100 battiti per minuto. Le alterazioni possibili sono tre ed è sufficiente che se ne presenti una soltanto perché insorga un'aritmia. Esse sono:

  1. Modificazioni della frequenza e della regolarità del ritmo sinusale. Il battito cardiaco può diventare più veloce (oltre 100 battiti per minuto → tachicardia) o più lento (meno di 60 battiti per minuto → bradicardia).
  2. La variazione della sede del centro segnapassi dominante, cioè il punto d'origine dell'impulso primario che determina la contrazione muscolare cardiaca. I centri segnapassi sono più d'uno nel cuore, ma il nodo seno atriale è quello principale e gli altri dovrebbero servire soltanto per la propagazione degli impulsi da esso generati.
  3. Disturbi della propagazione (o conduzione) dell'impulso.

I meccanismi fisiopatologici* che stanno alla base di queste tre alterazioni, permettono di distinguere le aritmie in due grandi gruppi:

  1. Aritmie dovute prevalentemente ad una modificazione dell'automaticità. Rientrano in questo gruppo le aritmie con:
    • Modificazioni della frequenza e della regolarità del ritmo sinusale.
    • Variazione della sede del centro segnapassi dominante.
  2. Aritmie dovute prevalentemente ad una modificazione della conduzione (o propagazione) dell'impulso. Rientrano in questo gruppo le aritmie con:
    • Disturbi della propagazione dell'impulso.

L'automaticità, assieme alla ritmicità, sono due proprietà uniche di alcune cellule muscolari che compongono il miocardio (il muscolo del cuore).

  1. Automaticità: è la capacità di formare impulsi di contrazione muscolare in modo spontaneo e involontario, cioè senza un input proveniente dal cervello.
  2. Ritmicità: è la capacità di trasmettere ordinatamente gli impulsi di contrazione.

* la fisiopatologia è lo studio delle funzioni mutate, a causa di una condizione patologica, di un tessuto, di un organo o, in generale, di un organismo

 

La classificazione su base fisiopatologica non è la sola. Si può considerare anche la sede d'origine del disturbo e distinguere le aritmie in:

  1. Aritmie sinusali. Il disturbo riguarda l'impulso proveniente dal nodo seno atriale. In genere, le alterazioni di frequenza sono graduali.
  2. Aritmie ectopiche. Il disturbo riguarda un segnapassi diverso dal nodo seno atriale. In genere, insorgono in modo brusco.
    Le zone interessate suddividono le aritmie ectopiche in:
    • Sopraventricolari. Il disturbo riguarda la zona atriale.
    • Atrioventricolari, o nodali. La zona interessata riguarda il nodo atrio ventricolare.
    • Ventricolari. Il disturbo è dislocato nella zona ventricolare.

Cos'è la tachicardia parossistica

La tachicardia parossistica è un'aritmia caratterizzata da un aumento improvviso e brusco della frequenza e della velocità del battito cardiaco. Il termine parossistico indica proprio la comparsa repentina dell'aritmia, caratteristica, quest'ultima, che la contraddistingue dalla tachicardia sinusale.

Cuore - Impulsi ElettriciLa tachicardia parossistica insorge a causa di un cambiamento della sede del centro segnapassi dominante. Infatti, il comando della propagazione dell'impulso di contrazione cardiaca non è più nelle mani del nodo seno atriale, ma passa sotto quelle del nodo atrioventricolare. Per questo motivo, è detta anche tachicardia da rientro del nodo atrioventricolare ed è classificata tra le aritmie ectopiche atrioventricolari.
Quelli associati alla tachicardia parossistica si possono definire dei veri e propri attacchi tachicardici, caratterizzati da frequenze cardiache comprese tra 160 e 200 battiti per minuto. Essi possono verificarsi di giorno (in piedi) o di notte (nel sonno) e hanno durata variabile, da pochi secondi ad alcune ore o anche giorni; di solito, però, si protraggono per non più di 2 o 3 minuti. Quando gli attacchi superano le 24 ore, è più corretto attribuirli alle cosiddette tachicardie ectopiche persistenti.

Cause di tachicardia parossistica. Fisiopatologia

Nella maggior parte dei casi, gli episodi di tachicardia parossistica riguardano individui sani, privi di disturbi cardiaci o altre patologie. Infatti, la manifestazione tachicardica coincide spesso con l'esercizio fisico o con forti emozioni, e si conclude al termine di queste circostanze. Chi ne è soggetto, può subire un attacco anche a distanza di molti giorni.
Attacchi di tachicardia parossistica sono frequenti anche durante la prima infanzia e nei bambini sani: la ragione risiede nei caratteri anatomici del cuore in quell'età. Poco frequenti, invece, ma comunque possibili, sono gli attacchi di tachicardia parossistica in donne in stato di gravidanza. Un'altra situazione particolare, che coinvolge ancora le donne, è quella legata al ciclo mestruale: possono verificarsi, infatti, episodi di tachicardia parossistica durante le mestruazioni o nella settimana precedente. Quindi, le cause comuni di tachicardia parossistica, in assenza di altri disturbi associati, si riassumono in:

  1. Esercizio fisico.
  2. Ansia.
  3. Emozione.
  4. Gravidanza.
  5. Ciclo mestruale.
  6. Cuore di un infante o di un bambino.

Ben diverso è il caso di quei soggetti con cardiopatie o altre patologie organiche, come per esempio l'ipertiroidismo. In simili circostanze, le ragioni d'insorgenza della tachicardia sono da imputarsi ad un disturbo patologico di base. Le più comuni patologie associate sono:

  1. Cardiopatie reumatiche, cioè dovute ad una malattia reumatica.
  2. Cardiopatie ischemiche.
  3. Cardiopatie congenite.
  4. Cardiomiopatie.
  5. Malattie vascolari cerebrali.
  6. Ipertiroidismo.
  7. Sindrome di Wolff-Parkinson-White, nei bambini.

La spiegazione fisiopatologica di come varia la conduzione dell'impulso al presentarsi di una tachicardia parossistica è alquanto complicata. Pertanto, ci si limiterà a descriverne alcuni punti cardine. All'origine dell'alterazione c'è una extrasistole, di origine atriale, che si associa al normale impulso sinusale proveniente dal nodo seno atriale. L'associazione anomala di questi due impulsi crea disordine attraverso le vie di conduzione, poste tra atri e ventricoli. L'esito di tale disordine si traduce in un sovrapporsi di più impulsi di contrazione che incrementano la frequenza cardiaca.

Sintomi

La gravità dei sintomi di una tachicardia parossistica dipende dall'associazione, o meno, con i disturbi cardiaci e di altra natura visti poc'anzi. Infatti, un individuo, soggetto esclusivamente ad attacchi di tachicardia, mostra palpitazione (o cardiopalmo) e, raramente, dispnea. Pazienti affetti da cardiopatie o malattie vascolari cerebrali presentano invece una sintomatologia ben più articolata e grave.
I principali sintomi, quindi, sono:

  1. Palpitazione (o cardiopalmo). È la conseguenza naturale dell'incremento della frequenza cardiaca.
  2. Dispnea. È la respirazione difficoltosa. Insorge, con maggiore incidenza, nei pazienti con cardiopatie, in quanto un malfunzionamento del cuore determina un flusso insufficiente di sangue ossigenato verso i tessuti. In altre parole, la portata cardiaca è insufficiente. Ciò fa sì che il paziente aumenti il numero degli atti respiratori per elevare il flusso sanguigno pompato in circolo. Tale meccanismo compensatorio, però, non dà gli esiti sperati e compaiono il fiato corto ed il respiro affannoso, a dimostrazione del legame tra sistema respiratorio e sistema circolatorio.
  3. Ortopnea. È la dispnea da distesi (posizione sdraiata). Insorge in individui affetti da stenosi mitralica, i cui casi più gravi possono degenerare in edema polmonare.
  4. Dolore al petto, dovuto ad angina pectoris. Insorge nei pazienti con cardiopatie ischemiche, causate ad esempio da aterosclerosi o stenosi aortica. Si verifica uno squilibrio tra domanda (che aumenta) e apporto (che non è sufficiente) di ossigeno.
  5. Vertigini, sincope e disturbi alla vista. Sono tre manifestazioni legate a malattie vascolari cerebrali, a causa delle quali il flusso di sangue ossigenato verso il cervello è inferiore al normale.

Diagnosi

Una diagnosi accurata richiede una visita cardiologica. Gli esami tradizionali, validi per la valutazione di qualsiasi episodio aritmico/tachicardico, sono:

  1. Misurazione del polso.
  2. Elettrocardiogramma (ECG).
  3. Elettrocardiogramma dinamico secondo Holter.

Misurazione del polso. Il medico può trarre delle informazioni fondamentali dalla valutazione di:

  1. Polso arterioso. Esso informa della frequenza e regolarità del ritmo cardiaco.
  2. Polso venoso giugulare. La sua valutazione riflette l'attività atriale. È utile, in generale, per capire il tipo di tachicardia presente.

Elettrocardiogramma (ECG). È l'esame strumentale indicato per valutare l'andamento dell'attività elettrica del cuore. In base ai tracciati che risultano, il medico può stimare la gravità e le cause della tachicardia parossistica.

Elettrocardiogramma dinamico secondo Holter. Si tratta di un normale ECG, con la differenza, assai vantaggiosa, che il monitoraggio si protrae per 24-48 ore, senza impedire al paziente di svolgere le normali attività di vita quotidiana. È utile qualora gli episodi tachicardici siano sporadici e non prevedibili.

Ricopre un ruolo importante, ai fini della diagnosi, anche l'anamnesi, cioè la raccolta di informazioni, da parte del medico, di quanto descrive il paziente in merito agli attacchi tachicardici. Si rende necessaria l'anamnesi perché, come si è detto, la tachicardia parossistica insorge, frequentemente, con episodi distanti giorni/settimane l'uno dall'altro, anche in coloro che non hanno disturbi patologici di altra natura. Questi individui, a meno che l'attacco tachicardico non sia in atto, mostrano un tracciato ECG normale, rendendo impossibile una diagnosi corretta.

Terapia

L'approccio terapeutico si basa sulle cause che determinano la tachicardia parossistica. Infatti, qualora essa sia dovuta a particolari disturbi cardiaci, o ad altre patologie, le terapie possibili sono di tipo farmacologico, elettrico e chirurgico. I farmaci antitachicardici più indicati sono:

  1. Antiaritmici. Servono a normalizzare il ritmo cardiaco. Per esempio:
    • Chinidina
    • Procainamide
    • Disopiramide
  2. Beta-bloccanti. Servono a rallentare la frequenza del battito cardiaco. Per esempio:
  3. Calcio-antagonisti. Servono a rallentare la frequenza del battito cardiaco. Per esempio:

La via di somministrazione è sia orale, che parenterale.
Per terapia elettrica si intende la possibilità di sottoporre il cuore ad una stimolazione di tipo elettrico, mediante un dispositivo chiamato pacemaker, che interrompe l'attacco tachicardico e normalizza il ritmo cardiaco. Inseriti sotto la cute, a livello toracico, tali dispositivi possono essere:

  1. Automatici, cioè in grado di riconoscere la tachicardia ed erogare l'impulso opportuno.
  2. A controllo esterno, cioè azionati dal paziente stesso nel momento del bisogno.

I pacemaker sono anche utilizzati in sostituzione della terapia farmacologica.

L'intervento di tipo chirurgico sul cuore dipende dalla particolare cardiopatia legata all'episodio tachicardico.
È opportuno precisare che, in queste circostanze, la tachicardia è un sintomo del disturbo cardiaco; pertanto, la chirurgia mira a curare, prima di tutto, la cardiopatia e, come conseguenza, anche il disturbo aritmico associato. Infatti, se si attuasse la sola terapia farmacologica antitachicardica, questa non sarebbe sufficiente a risolvere il problema.
Se, invece, la tachicardia parossistica insorge in soggetti sani, senza disturbi di cuore, e si manifesta come un episodio sporadico dopo una corsa, o una forte emozione, non sono richiesti particolari accorgimenti terapeutici. In questi casi, infatti, l'aritmia si esaurisce da sola. Se, però, dovesse destare qualche preoccupazione, è utile sapere che chi è soggetto a questi attacchi può agire anche in modo da interrompere l'evento tachicardico. Per mezzo delle cosiddette manovre di Valsalva o di Muller, difatti, è possibile fermare le tachicardie sopraventricolari, tra cui anche quella parossistica, senza la somministrazione di farmaci. Tali manovre si basano sulla stimolazione vagale, cioè del nervo vago, e devono essere impartite, per la prima volta, dal medico, il quale istruirà il paziente sulle modalità corrette di esecuzione.


Autore

Antonio Griguolo
Laureato in Scienze Biomolecolari e Cellulari, ha conseguito un Master specialistico in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della scienza