Reinfezione da SARS-CoV-2 e COVID-19: chi è guarito può ammalarsi di nuovo?

Reinfezione da SARS-CoV-2 e COVID-19: chi è guarito può ammalarsi di nuovo?
Ultima modifica 25.07.2022
INDICE
  1. Che cos'è una reinfezione?
  2. COVID-19: la reinfezione è possibile?
  3. Reinfezione: da cosa dipende e fattori di rischio
  4. Analisi del rischio relativo
  5. Limiti nell'individuazione delle reinfezioni
  6. Dopo quanto tempo può verificarsi una reinfezione?
  7. Gravità delle reinfezioni
  8. Riassunto e punti chiave

Che cos'è una reinfezione?

Quando si parla di "reinfezione" ci si riferisce ad una situazione in cui un individuo precedentemente infettato con un patogeno - in questo caso, il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 responsabile della malattia COVID-19 - dopo essere guarito, viene nuovamente reinfettato dall'agente virale, sviluppando una nuova infezione ed eventualmente una nuova malattia.

Reinfezione da SARS-CoV-2: la definizione del Ministero della Salute

In accordo con la nota ministeriale n. 0037911 del 20/08/2021 viene definito "caso di reinfezione":

  • Un individuo che - in seguito ad una prima infezione da SARS-CoV-2 documentata da un test molecolare o antigenico positivo - presenta una seconda infezione documentata da test molecolare o antigenico positivo a distanza di almeno 90 giorni dalla prima diagnosi;
  • Un individuo che - in seguito ad una prima infezione da SARS-CoV-2 documentata da un test molecolare positivo - presenta una seconda infezione rilevata con un test molecolare positivo entro i 90 giorni dalla prima diagnosi, purché con ceppo virale di SARS-CoV-2 diverso dal precedente, documentato da genotipizzazione.
Reinfezione COVID-19 Shutterstock

COVID-19: la reinfezione è possibile?

Di norma, in seguito alla contrazione dell'infezione e all'eventuale sviluppo della COVID-19, nell'organismo si instaura un certo grado di protezione nei confronti di nuove infezioni. Tuttavia, sulla base dei dati finora raccolti e delle evidenze disponibili, è ormai chiaro che la reinfezione da SARS-CoV-2 è un evento possibile e, anzi, sembra essere un fenomeno in continuo aumento a livello globale.

Per avere un'idea di quanto accade nel nostro Paese, riportiamo i dati del rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) del 20 luglio 2022. Secondo quanto indicato, dal 24 agosto 2021 al 13 luglio 2022 sono stati segnalati 813.817 casi di reinfezione, pari al 5,2% del totale dei casi notificati. Riducendo l'intervallo preso in esame alla settimana precedente la pubblicazione del suddetto report, la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è stata del 12%, indicando un leggero aumento rispetto a quanto segnalato nella settimana prima.

Un aumento dell'incidenza dei casi di reinfezioni si è registrato a partire da quando la variante Omicron ha iniziato a diffondersi. Tale aumento è stato evidenziato in diversi Paesi, fra cui l'Italia.

Reinfezione: da cosa dipende e fattori di rischio

La possibilità di incappare in una reinfezione da SARS-CoV-2 può dipendere da diversi fattori, quali ad esempio:

  • Stato di salute generale dell'individuo (ad esempio, presenza di altre patologie);
  • Stato del sistema immunitario dell'individuo;
  • Grado di esposizione al virus;
  • Variante contratta la volta precedente.

A questi fattori si possono poi aggiungere fattori di rischio legati alla riduzione di utilizzo o all'abbandono delle misure preventive (utilizzo di mascherine, distanziamento sociale, igiene delle mani) e all'allentamento delle misure restrittive che, più o meno gradualmente, si sta verificando in moltissimi Paesi; allentamento che, a sua volta, può spingere - erroneamente - molte persone ad "abbassare la guardia".

Analisi del rischio relativo

Nei suoi report settimanali, l'Istituto Superiore di Sanità riporta anche un'analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021, ossia a partire dalla data considerata di riferimento per l'inizio della diffusione della variante Omicron.

Tale analisi evidenzia un aumento del rischio relativo (RR) aggiustato di reinfezione* nei seguenti gruppi:

  • Soggetti con prima diagnosi di COVID-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto ai soggetti che hanno avuto la prima diagnosi fra i 90 e 210 giorni precedenti.
  • Individui non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto agli individui vaccinati con almeno una dose da meno di 120 giorni.
  • Soggetti di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile. Una spiegazione di tale differenza nei due sessi potrebbe risiedere nella maggior presenza di donne in ambito scolastico - ambiente nel quale viene effettuata un'attività di screening piuttosto intensa - così come potrebbe risiedere nel fatto che le donne tendono a svolgere più spesso la funzione di caregiver a livello famigliare.
  • Fasce di età più giovani, con età compresa fra i 12 e i 49 anni, rispetto agli individui che hanno ricevuto la prima diagnosi in età compresa fra i 50 e i 59 anni. Una spiegazione di tale differenza potrebbe risiedere verosimilmente nei comportamenti e nelle esposizioni a maggior rischio che si verificano nelle fasce di età più giovani rispetto agli individui meno giovani.
  • Negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione.

 

*Definizione: il rischio relativo (RR) è il rapporto tra il rischio di osservare una reinfezione in un determinato gruppo di individui e il rischio di osservarla in un altro gruppo.

Limiti nell'individuazione delle reinfezioni

Nell'individuazione delle reinfezioni potrebbero esserci dei limiti, in quanto non tutte potrebbero essere notificate ai sistemi di sorveglianza. Le motivazioni di ciò possono essere legate sia alla mancata diagnosi (si pensi ad esempio, agli asintomatici che non si sottopongono ad alcuna indagine per individuare la presenza del coronavirus, ma che potrebbero comunque aver contratto l'infezione) sia alla "autodiagnosi" che potrebbe non essere fatta correttamente (ad esempio, tampone rapido fai da te mal eseguito - come può avvenire in caso di prelievo non idoneo del campione) o che - in caso di esito positivo - potrebbe non essere segnalata.

Oltre a ciò, alcune reinfezioni potrebbero non essere conteggiate in quanto il nuovo esito positivo del tampone - antigenico o molecolare - potrebbe essere ottenuto prima dello trascorrere dei 90 giorni dalla diagnosi iniziale come da definizione del Ministero della Salute.

Dopo quanto tempo può verificarsi una reinfezione?

La risposta a questa domanda non è semplice, poiché la situazione è in costante evoluzione, così come gli studi condotti a riguardo.

Se da un lato si considera ormai certa la possibilità di reinfezione, dall'altro lato il tempo in cui ciò si verifica non è ancora ben definito. Difatti, senza entrare nello specifico, ma dando una rapida occhiata ai diversi studi condotti in merito, la forbice temporale entro la quale sono state osservate le reinfezioni è estremamente ampia - da poche settimane fino a diversi mesi - e collegata a molteplici variabili, quali ad esempio: tipo di popolazione presa in esame e fasce di età prese in considerazione, Paese in cui è stato svolto lo studio, varianti circolanti nel momento in cui lo studio è stato condotto, ecc.

Gravità delle reinfezioni

Le reinfezioni da SARS-CoV-2 sono più o meno gravi?

Anche in questo caso, la risposta alla domanda non è semplice. Benché alcuni studi abbiano evidenziato che una prima infezione possa fornire protezione contro una seconda infezione più grave, ciò non sempre è vero; sono stati registrati, infatti, anche casi in cui la reinfezione si è manifestata in maniera più intensa rispetto all'infezione primaria.

Tuttavia, in linea di massima, sulla base dei dati finora disponibili sembra che sia bassa la possibilità di contrarre una reinfezione da SARS-CoV-2 in forma severa che possa dare origine alla COVID-19 in forma grave e/o richiedere l'ospedalizzazione, nonostante si tratti di un'evenienza comunque possibile.

Riassunto e punti chiave

Chi è guarito dalla COVID-19 può ammalarsi di nuovo?

Sì. Sulla base dei dati ad oggi disponibili (luglio 2022), anche coloro che sono guariti da una precedente infezione da SARS-CoV-2 e dalla COVID-19 possono reinfettarsi e ammalarsi nuovamente.

Da quali fattori può dipendere la reinfezione da SARS-CoV-2?

Fra i principali fattori che possono influire su un'eventuale reinfezione ritroviamo:

  • Stato del sistema immunitario dell'individuo;
  • Variante di SARS-CoV-2 che ha scatenato l'infezione la prima volta;
  • Entità dell'esposizione al virus;
  • Adozione o abbandono delle misure di prevenzione.

Dopo quanto tempo ci si può ammalare di nuovo di COVID-19?

Ad oggi non è ancora disponibile una risposta univoca. Gli studi condotti (in diversi Paesi, con diverse metodiche, su popolazioni diverse e in differenti periodi della pandemia) evidenziano intervalli di tempo molto variabili: da tre o quattro settimane, fino ad arrivare a diversi mesi o addirittura un anno.

Le reinfezioni sono meno gravi delle infezioni primarie?

In molti individui, la reinfezione sembra essersi manifestata in maniera meno grave della prima infezione. Tuttavia, ciò non sempre è vero e alcuni individui hanno manifestato una sintomatologia più intensa con la reinfezione rispetto a quanto non accaduto con l'infezione primaria.

Nonostante ciò, per coloro che hanno già contratto un'infezione primaria il rischio di incappare in una reinfezione grave e di sviluppare la malattia in forma severa e/o di andare incontro ad ospedalizzazione sembra essere comunque basso, benché possibile.