Ultima modifica 02.10.2019

Generalità

Il prolasso valvolare mitralico (PVM), o prolasso della valvola mitrale, consiste in un movimento errato, al momento della chiusura, dei lembi (o cuspidi) che costituiscono la valvola mitrale del cuore.

Posta a controllo del flusso sanguigno tra atrio e ventricolo sinistri, la valvola mitrale, se non correttamente chiusa al momento della sistole, determina un rigurgito sanguigno in direzione ventricolo sinistro → atrio sinistro. Per questo motivo, il prolasso della valvola mitrale rientra tra le cause di insufficienza mitralica. Il posizionamento anomalo delle cuspidi è provocato da una degenerazione del tessuto delle cuspidi stesse o dalla rottura di uno degli elementi strutturali della valvola mitralica.

Prolasso della valvola mitraleI sintomi di un prolasso valvolare mitralico, sono, visto il legame consequenziale, i medesimi dell'insufficienza mitralica, ma meno drammatici. Dispnea, cardiopalmo, astenia e dolore toracico sono tra i più frequenti. L'ascoltazione di un soffio sistolico è il primo passo per diagnosticare un prolasso valvolare mitralico; a questo, devono far seguito degli esami strumentali, come ECG ed ecocardiografia. La terapia scelta dal medico dipende dalla gravità del prolasso valvolare mitralico: se lieve, può bastare la somministrazione di determinati farmaci; se moderata o severa, è richiesto anche l'intervento chirurgico.

Cos'è il prolasso valvolare mitralico

Il prolasso valvolare mitralico (PVM), o prolasso della valvola mitrale, consiste in un anomalo movimento di chiusura delle cuspidi (o lembi) che costituiscono la valvola mitrale (o mitralica) del cuore. In condizioni normali, la valvola mitralica controlla il flusso sanguigno in direzione atrio sinistro - ventricolo sinistro e impedisce, grazie ad una chiusura ermetica, il reflusso nel senso opposto durante la sistole ventricolare. Alla comparsa di un prolasso della valvola mitrale, invece, durante la fase di contrazione del ventricolo (sistole ventricolare), una quota di sangue, anziché imboccare l'aorta, torna indietro e risale all'atrio sinistro; ciò avviene perché l'orifizio valvolare non è chiuso completamente. Si tratta del cosiddetto rigurgito di sangue, che caratterizza un'altra cardiopatia importante: l'insufficienza mitralica; si vedrà, più avanti, che i due difetti valvolari, prolasso e insufficienza mitralica, sono strettamente connessi.
Il prolasso valvolare mitralico colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini. Ha maggiore frequenza, inoltre, nei soggetti longilinei, con torace allungato e appiattito, nonché individui affetti da scoliosi dorsale.
Prima di procedere con la descrizione delle cause principali che determinano un prolasso valvolare mitralico, è bene richiamare alcune caratteristiche fondamentali della valvola mitrale. Richiami che saranno utili anche per descrivere l'aspetto ed il funzionamento della medesima valvola quando è soggetta a prolasso, cioè, rispettivamente, l'anatomia patologica e la fisiopatologia.
Pertanto:

  • L'anello valvolare. Struttura circonferenziale di tessuto connettivo che delimita l'orifizio della valvola.
  • L'orifizio valvolare misura 30 mm di diametro e ha una superficie di 4 cm2.
  • Due lembi, anteriore e posteriore. Si dice, per questo motivo, che la valvola mitrale è bicuspide. Entrambi i lembi si inseriscono nell'anello valvolare e guardano verso la cavità ventricolare. Il lembo anteriore guarda verso l'orifizio aortico; il lembo posteriore si affaccia, invece, sulla parete del ventricolo sinistro. I lembi sono composti da tessuto connettivo, ricco di fibre elastiche e collagene. Per favorire la chiusura dell'orifizio, i bordi dei lembi possiedono particolari strutture anatomiche, chiamate commissure. Non ci sono controlli diretti, di tipo nervoso o muscolare, sui lembi. Allo stesso modo, non c'è alcuna vascolarizzazione.
  • I muscoli papillari. Sono due e sono dei prolungamenti della muscolatura ventricolare. Sono irrorati dalle arterie coronarie e conferiscono stabilità alle corde tendinee.
  • Corde tendinee e muscoli papillariLe corde tendinee. Servono a congiungere i lembi della valvola con i muscoli papillari. Come le aste di un ombrello impediscono allo stesso di girarsi verso l'esterno in presenza di vento forte, le corde tendinee impediscono che la valvola sia spinta nell'atrio durante la sistole ventricolare.

Cause del prolasso valvolare mitralico.

Anatomia patologica e fisiopatologia


La causa principale del prolasso valvolare mitralico è la degenerazione del tessuto connettivo lasso che costituisce i lembi (o cuspidi) della valvola mitrale. Si tratta di una degenerazione mixomatosa, in quanto lo strato intermedio del connettivo dei lembi valvolari è soggetto a mixoma. Il mixoma è una particolare forma neoplastica (tumorale), al presentarsi della quale si altera la matrice extracellulare che compone i tessuti connettivi cardiaci; pertanto, la matrice varia di composizione e si ha che:

  • Le fibre collagene sono prodotte in modo inadeguato.
  • I mucopolisaccaridi della sostanza fondamentale aumentano di quantità.

La degenerazione mixomatosa ha luogo in alcune componenti della valvola mitrale e ne muta la morfologia:

  • I lembi valvolari diventano più allungati, cedevoli ed ispessiti.
  • Le corde tendinee si allungano e, talvolta, possono addirittura rompersi.
  • L'anello valvolare aumenta la sua circonferenza.

Alterate nella struttura, le cuspidi non chiudono più in modo ermetico l'orifizio valvolare.
La mancata chiusura della valvola è da imputarsi, di solito, ad uno soltanto dei lembi, quello posteriore. Talvolta, però, sono interessati entrambi. L'anomalia, nel movimento di chiusura, consiste in una flessione dei lembi verso la cavità atriale. In altre parole, se in condizione normali, i lembi si rivolgono verso il ventricolo, in casi di prolasso, essi curvano dalla parte opposta, verso la cavità dell'atrio sinistro. Con il termine prolasso, infatti, si intende la fuoriuscita di un viscere dalla cavità in cui è contenuto attraverso un'apertura naturale. La definizione ricorda quella di un'ernia. Nel caso specifico, non si sta parlando di una vera e propria ernia, poiché il viscere in questione è un lembo della valvola, però il comportamento è molto simile.

L'alterazione della normale chiusura della valvola mitrale, durante la sistole, provoca gli stessi adattamenti fisiopatologici che caratterizzano l'insufficienza mitralica. Quindi:

  • Il rigurgito di sangue fluisce nell'atrio sinistro e ne amplia le dimensioni. La gittata cardiaca si impoverisce della quota rigurgitata. Pertanto, la circolazione sanguigna risulta inefficiente. L'individuo affronta questa situazione aumentando gli atti respiratori.
  • Alla successiva diastole, la valvola mitrale si apre, facendo fluire il rigurgito dall'atrio al ventricolo sinistro. Si tratta di una situazione che, di norma, non avviene e che ha conseguenze sul gradiente di pressione tra atrio e ventricolo.
  • Il rigurgito, all'interno del ventricolo, innalza la pressione ventricolare, alterando il normale equilibrio con il valore pressorio atriale. Si determina una situazione chiamata scompenso ventricolare sinistro.

Queste tre ripercussioni sul flusso ematico non sono sempre ugualmente critiche. In altre parole, forme lievi di prolasso valvolare mitralico determinano un'insufficienza mitralica di lieve entità. Lo stesso si può dire delle forme moderate, mentre ben diverso è il caso in cui, al prolasso mitralico, si associ un'altra cardiopatia: le conseguenze, sul flusso di sangue, sono più gravi.

Seppur meno frequenti, ci sono altre cause che provocano il prolasso della valvola mitrale.

Tra queste, si segnalano la sindrome di Marfan e la sindrome di Ehlers-Danlos. Sono due patologie congenite, cioè presenti fin dalla nascita. Esse determinano delle alterazioni a carico dei tessuti connettivali che ricalcano le modificazioni strutturali e morfologiche, indotte dalla degenerazione mixomatosa, descritte in precedenza.

Sintomi e segni

Il prolasso valvolare mitralico si presenta con una sintomatologia molto simile a quella dell'insufficienza mitralica. È, però, giusto precisare che, nella maggioranza dei casi, il prolasso mitralico è asintomatico, cioè non presenta sintomi. In tal caso, l'individuo portatore di questa anomalia svolge una vita normale, può praticare sport e svolgere qualsiasi altra attività fisica di una persona sana.
I sintomi più frequenti sono:

Il cardiopalmo, noto anche con il termine palpitazione, è il sintomo più frequente in coloro che manifestano un prolasso valvolare mitralico. Il cardiopalmo consiste in un aumento di intensità e frequenza del battito cardiaco; si manifesta, solitamente, con una tachicardia, cioè un aumento della velocità del battito cardiaco, ma può dar luogo, talvolta, a diversi tipi di aritmie. Le aritmie sono delle alterazioni del normale ritmo cardiaco. Ritmo cardiaco che trae origine da un pacemaker naturale, noto come nodo seno atriale. Tra le aritmie di moderata e grave entità, si segnalano, rispettivamente, l'extrasistole ventricolare e la fibrillazione atriale.
L'extrasistole ventricolare consiste in una contrazione del cuore che si verifica in anticipo rispetto al regolare ritmo cardiaco, alterandone la successione dei battiti. Può essere un fenomeno isolato o ripetuto: se ripetuta, l'extrasistole è assai più pericolosa. Inoltre, l'extrasistole isolata è molto più frequente, in termini di comparsa, rispetto all'extrasistole ripetuta e alla fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale è un'aritmia cardiaca, cioè un'alterazione del normale ritmo di battito del cuore. È dovuta a un disordine dell'impulso nervoso proveniente dal nodo seno atriale. Si traduce in contrazioni atriali frammentarie e inefficaci dal punto di vista emodinamico (cioè ciò che riguarda il flusso sanguigno). Nel caso di un prolasso valvolare mitralico, il rigurgito di sangue nell'atrio riduce il volume sanguigno spinto nell'aorta dalla contrazione ventricolare. Alla luce di ciò, le richieste d'ossigeno dell'organismo non sono più soddisfatte. Di fronte a questa situazione, l'individuo colpito da fibrillazione atriale aumenta gli atti respiratori, manifesta palpitazione, irregolarità del polso e, in alcuni casi, svenimenti per mancanza d'aria. Il quadro può degenerare ulteriormente: un rigurgito in continuo aumento e l'accumulo di sangue nei sistemi vasali a monte dell'atrio sinistro, se associati ad un'alterata coagulazione, danno luogo alla formazione di trombi (masse solide, non mobili, composte da piastrine) all'interno dei vasi. I trombi possono disgregarsi e rilasciare particelle, chiamate emboli, che, viaggiando nel sistema vasale, possono raggiungere il cervello, o il cuore. In queste sedi, diventano un ostacolo alla normale irrorazione e ossigenazione dei tessuti cerebrali o cardiaci, causando la cosiddetta situazione di ictus ischemico (cerebrale o cardiaco). Nel caso del cuore, si parla anche di infarto. Nei soggetti affetti da prolasso della valvola mitrale, è comunque un evento raro.

La dispnea da sforzo consiste in una respirazione difficoltosa. Nel caso specifico, essa scaturisce per la diminuita gittata cardiaca del ventricolo sinistro, dovuta alla quota di sangue rigurgitata verso l'atrio sinistro. Pertanto, la risposta dell'organismo consiste nell'aumentare il numero degli atti respiratori, allo scopo di controbilanciare il volume della gittata.

In modo analogo, la sincope è un'altra naturale conseguenza dell'efflusso compromesso di sangue proveniente dal ventricolo sinistro e diretto al cervello. La sincope, infatti, si manifesta quando si riduce il flusso di sangue al tessuto cerebrale. La minore gittata cardiaca, associata al prolasso mitralico, impedisce la normale irrorazione del tessuto cerebrale e questa condizione può manifestarsi sia durante uno sforzo, o attività fisica, sia, eventualità grave, a riposo. La sincope a riposo è spesso associata ad un malfunzionamento del ventricolo sinistro e può causare la morte improvvisa. In coloro che soffrono di prolasso valvolare mitralico, si tratta di un evento raro; è molto più comune, invece, la sensazione di vertigine, legata anch'essa alla minore ossigenazione del cervello.

Il dolore toracico, dovuto ad angina pectoris, è un evento raro. L'angina pectoris, in questo caso, è dovuta all'ipertrofia ventricolare sinistra, cioè del ventricolo sinistro, e non ad un'occlusione dei vasi coronarici. Infatti, il miocardio ipertrofico necessita di più ossigeno, ma tale richiesta non è supportata adeguatamente dall'impianto coronarico, che rimane invariato. Si verifica, pertanto, uno squilibrio tra il consumo e l'apporto di ossigeno ai tessuti. Il dolore tipico dell'angina pectoris è avvertito nell'emitorace sinistro.

L'astenia è un senso di debolezza e mancanza di energie.

Il segni clinici caratteristici di un prolasso della valvola mitralica sono due:

  • Il click. È un rumore provocato dalla corde tendinee modificate.
  • Il soffio sistolico. Esso trae origine dal rigurgito di sangue, attraverso la valvola difettosa, durante la contrazione sistolica ventricolare.

Entrambi si rivelano con l'ascoltazione.

Diagnosi

Si può rilevare un'insufficienza mitralica mediante i seguenti esami diagnostici:

Stetoscopia. Il rilevamento di un soffio sistolico è uno degli indizi più importanti per diagnosticare un prolasso della valvola mitrale. Il rumore del soffio si produce al passaggio, da ventricolo sinistro ad atrio sinistro, del rigurgito di sangue. Lo si percepisce in fase sistolica, poiché è in questo momento che la valvola mitrale non è chiusa come dovrebbe. La zona di rilevamento è nel V spazio intercostale, cioè quello coincidente alla posizione della valvola mitrale. L'altro importante segno diagnostico, il click, varia di intensità in base alle posizioni assunte dall'individuo che lo presenta.

ECG. Misurando l'attività elettrica di un cuore con prolasso valvolare mitralico, l'ECG mostra la grande varietà di aritmie che possono presentarsi in un paziente. L'elenco è stilato in base alle caratteristiche di frequenza e di pericolosità: si parte dal più frequente e meno pericoloso; si conclude con il meno frequente ma più pericoloso.

  • Extrasistoli ventricolari isolate.
  • Tachicardia.
  • Fibrillazione atriale.
  • Extrasistoli ventricolari ripetute

La diagnosi tramite ECG dà un'idea del grado di severità del prolasso valvolare mitralico: se l'esito è paragonabile a quello di un individuo sano, significa che non è una forma grave; viceversa, l'esame mostra le irregolarità citate.

Ecocardiografia. Sfruttando l'emissione di ultrasuoni, questo strumento diagnostico mostra, in modo non invasivo, gli elementi fondamentali del cuore: atri, ventricoli, valvole e strutture circostanti. Dall'ecocardiografia, il medico può rilevare:

  • Comportamenti anomali dei lembi e delle corde tendinee della valvola.
  • Anomalie del ventricolo sinistro, durante le fasi di sistole e diastole.
  • Aumento delle dimensioni dell'atrio sinistro (atrio dilatato).
  • La massima velocità di flusso e il flusso sistolico turbolento del rigurgito, impiegando, rispettivamente, le tecniche di Doppler continuo e pulsato. Dalla prima misurazione, si può ricavare il gradiente di pressione tra atrio sinistro e ventricolo sinistro; dalla seconda, l'entità del rigurgito.

Terapia

Il trattamento medico del prolasso valvolare mitralico, dai casi meno gravi e asintomatici a quelli severi, è molto simile a quello dell'insufficienza mitralica. L'approccio terapeutico varia, quindi, in base alla gravità della cardiopatia. Le forme asintomatiche, ma anche quelle lievi, richiedono degli accorgimenti preventivi, atti ad evitare infezioni batteriche, come le endocarditi, che colpiscono le cavità cardiache. Sono consigliati anche dei controlli periodici ogni 2-3 anni, ma l'individuo, portatore di una forma lieve di prolasso può svolgere qualsiasi attività, sport compreso. I farmaci più usati, nelle forme lievi di prolasso valvolare mitralico, sono:

La prima comparsa di sintomi e le forme moderate/severe richiedono maggiori attenzioni: oltre alla terapia farmacologica, l'intervento chirurgico può diventare risolutivo.
Le situazioni critiche, che consigliano l'intervento, sono:

  • L'accertata rottura delle corde tendinee della valvola.
  • Aritmie ripetute e via via più gravi.
  • Accertato aumento della cavità atriale, in seguito al rigurgito
  • Scompenso ventricolare sinistro.

Questi accertamenti clinici sono sovrapponibili a quelli che si evidenziano durante un'insufficienza mitralica cronica moderata/severa.
Le possibili operazioni chirurgiche sono due:

  • Sostituzione della valvola con una protesi. È l'intervento più attuato per le valvole di quegli individui, non giovani, con gravi anomalie anatomiche. Si esegue una toracotomia e si pone il paziente in circolazione extracorporea (CEC). La circolazione extracorporea si attua tramite un dispositivo biomedicale che consiste nel creare una via cardio-polmonare sostitutiva di quella naturale. In tal modo, si garantisce al paziente una circolazione sanguigna artificiale e temporanea che permetta ai chirurghi di interrompere il flusso di sangue nel cuore, deviandolo su un altro percorso altrettanto efficace; allo stesso tempo, consente di operare liberamente sull'apparato valvolare. Le protesi possono essere meccaniche o biologiche. Le protesi meccaniche richiedono, in parallelo, una terapia farmacologica anticoagulante. Le protesi biologiche durano 10-15 anni.
  • Riparazione della valvola mitralica. È l'approccio più indicato per insufficienze mitraliche di origine "non reumatica". In altre parole, quelle causate da un prolasso valvolare mitralico. A essere compromesse sono le strutture valvolari dell'anello, delle cuspidi e/o delle corde tendinee. Il chirurgo agisce in modo diverso, in base a dove risiede la lesione valvolare. Anche in questo caso, i pazienti sono posti in circolazione extracorporea. È una tecnica vantaggiosa, in quanto le protesi presentano degli inconvenienti: quelle biologiche vanno sostituite dopo 10-15 anni circa; quelle meccaniche richiedono la continua somministrazione, in parallelo, di anticoagulanti.

Autore

Antonio Griguolo
Laureato in Scienze Biomolecolari e Cellulari, ha conseguito un Master specialistico in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della scienza