Ultima modifica 25.02.2020

Definizione e Cause

Cosa s'intende per Pressione Alta in Gravidanza?

La pressione arteriosa inizia a diminuire progressivamente dopo le prime settimane di gravidanza, stabilizzandosi intorno ai 75 mmHg (pressione diastolica) per tutto il resto del primo e secondo trimestre di gestazione. Negli ultimi due - tre mesi che precedono il parto, invece, i valori pressori ritornano ai livelli pregravidici, quindi attorno agli 85 mmHg per quanto riguarda la diastolica. Abbiamo parlato di pressione minima, poiché il calo è soprattutto a carico della pressione arteriosa diastolica (PAD) e - aldilà dei valori di partenza - nel primo e secondo trimestre è quantificabile in circa 7-10 mmHg.

PlacentaLa diminuzione dei valori pressori durante le prime fasi di gravidanza, è legata essenzialmente all'effetto vasodilatatorio - ipotensivo di particolari ormoni e citochine, a cui segue un aumento di volume del sangue circolante (effetto di per sé ipertensivo), della portata cardiaca e della filtrazione glomerulare.

Un organo importantissimo per il buon esito della gravidanza è la placenta, che rappresenta l'interfaccia di comunicazione tra madre e feto. A questo livello, infatti, grazie ad un articolato sistema di vasi e microvasi sanguigni, tra il sangue dei due organismi avviene lo scambio di nutrienti, sostanze di rifiuto e gas, senza che vi sia contatto diretto tra i due fluidi. Affinché tutti questi scambi possano avvenire, è necessario che a livello placentare giunga una notevole quantità di sangue materno, con velocità ridotta e pressione altrettanto bassa.

Un organo importantissimo per il buon esito della gravidanza è la placenta, che rappresenta l'interfaccia di comunicazione tra madre e feto. A questo livello, infatti, grazie ad un articolato sistema di vasi e microvasi sanguigni, tra il sangue dei due organismi avviene lo scambio di nutrienti, sostanze di rifiuto e gas, senza che vi sia contatto diretto tra i due fluidi. Affinché tutti questi scambi possano avvenire, è necessario che a livello placentare giunga una notevole quantità di sangue materno, con velocità ridotta e pressione altrettanto bassa.

Quando la formazione della placenta non è completa o risulta difettosa, il prodotto finale non lavora come dovrebbe: le sue resistenze, non sufficientemente basse, inducono un incremento di pressione a monte, cioè nell'organismo materno. Purtroppo, durante la gravidanza la pressione alta è pericolosa per la salute materna e fetale, tanto che in casi estremi può mettere a repentaglio la vita stessa di entrambi gli organismi. Questa forma di ipertensione, che interessa circa il 6-8% delle gestanti, è nota come ipertensione gestazionale o indotta dalla gravidanza. Spesso, la pressione alta in gravidanza si associa a perdita urinaria di proteine (proteinuria) e, in questo caso prende il nome di gestosi o preeclampsia. Proprio per tal ragione, i valori di pressione arteriosa vengono attentamente controllati ad ogni controllo ostetrico, durante il quale è sempre prevista l'analisi delle urine.

Ipertensione in Gravidanza

Si definisce ipertensione in gravidanza la presenza di uno o più dei criteri illustrati di seguito, riscontrati in almeno due misurazioni effettuate a distanza di almeno 4 ore:

ACOG = American College of Obstetrics and Gynecology; WHO = World Health Organization.

Preeclampsia

La preeclampsia è caratterizzata dalla comparsa di ipertensione (come sopra definita), proteinuria (> 0.3 g/24 ore) e/o edemi (piedi, viso, mani) dopo la ventesima settimana di gestazione, in una donna prima normotesa. La preeclampsia rappresenta un campanello di allarme per una forma di ipertensione gestazionale ancor più severa, l'eclampsia, caratterizzata dalla comparsa di attacchi convulsivi.

Fattori predisponenti alla preeclampsia

Nulliparità (rischio > 6-8 volte)
Gravidanza gemellare (rischio > 5 volte)
Diabete
Mola idatidiforme e idrope fetale (rischio > 10 volte)
Preeclampsia nelle gravidanze precedenti
Ipertensione cronica
Estremi di età

Sintomi di preeclampsia

Le manifestazioni cliniche dei disturbi ipertensivi possono apparire in qualunque momento della gravidanza, a partire dal secondo trimestre fino a diversi giorni dal parto. Esse includono:

ipertensione, tachicardia, cambiamenti della frequenza respiratoria

Cefalea, vertigini, ronzii, sonnolenza, febbre, iperreflessia, diplopia, visione offuscata, cecità improvvisa.

Nausea, vomito, dolore epigastrico, epatomegalia, ematemesi.

Proteinuria, edema, oliguria o anuria, ematuria, emoglobinuria.

Eclampsia

Si definisce eclampsia la presenza di convulsioni generalizzate, dovute ad encefalopatia associata a preeclampsia e non attribuibili ad altre cause. è una rara, ma grave complicanza (1:2000 parti nei paesi sviluppati) dell'ipertensione gravidica.

Come il nome stesso fa intuire, l'ipertensione gravidica scompare al termine della gestazione. Naturalmente, donne che presentano una pressione alta già prima della gravidanza tendono a mantenere il proprio stato di ipertese anche durante e dopo la gestazione. Tuttavia, come anticipato nella parte introduttiva, questo magico evento si accompagna ad un fisiologico calo pressorio, che richiede un eventuale adeguamento terapeutico o addirittura la sospensione dello stesso fino al terzo trimestre.

I rischi maggiori si corrono quando ad una pregressa ipertensione si somma quella indotta dalla gravidanza, le cui cause vanno ricercate nell'ipoperfusione placentare, nella ridotta funzionalità renale, oltre che nel vasospasmo e nell'emoconcentrazione.

Uno dei quadri clinici più gravi associati all'ipertensione gravidica è la cosiddetta sindrome HELLP, acronimo dei segni e sintomi che la caratterizzano:

Riassumendo, l'ipertensione in gravidanza può essere presente in quattro distinte forme:

  1. Ipertensione cronica preesistente
  2. Ipertensione gestazionale
  3. Preeclampsia/eclampsia
  4. Ipertensione cronica + preeclampsia

Rischi dell'Ipertensione in Gravidanza

L'ipertensione si presenta in circa il 6-8% di tutte le gravidanze e contribuisce in modo significativo all'arresto della crescita del feto, nonché alla morbilità e mortalità fetale e neonatale.

Nelle società occidentali, in particolare, l'ipertensione in gravidanza rappresenta la seconda causa di decesso materno dopo il tromboembolismo, rappresentando circa il 15% di tutte le cause di morte in gravidanza. La gravida ipertesa è, infatti, maggiormente predisposta ad alcune complicazioni potenzialmente letali, come:

Cura e Prevenzione della Pressione Alta in Gravidanza

Vedi anche: Farmaci per la Cura dell'Ipertensione Gestazionale


Il quadro emerso dal precedente paragrafo è piuttosto inquietante; tuttavia, parlare di rischio aumentato non significa necessariamente parlare di probabilità elevata. Infatti, l'ipertensione in gravidanza può essere controllata tramite opportune terapie farmacologiche; tuttavia, è essenziale scoprire e trattare il disturbo in epoca precoce, mettendo in atto tutta una serie di misure preventive.

La scelta terapeutica differisce in relazione al tipo di ipertensione gravidica ed alla sua gravità. Quando la condizione è cronica, quindi preesistente:

  • In caso di pressione diastolica compresa tra 90 e 99 mmHg il trattamento è essenzialmente comportamentale, quindi mirato al controllo o all'eventuale riduzione del peso corporeo, alla moderazione del sodio alimentare, e all'astensione da alcool, fumo e sforzi severi. I rischi per madre e feto sono piuttosto bassi.
  • Se la pressione diastolica raggiunge e supera i 100 mmHg, il trattamento è farmacologico e basato sull'utilizzo di farmaci come alfa-metildopa, nifedipina, clonidina o labetalolo. Anche in questo caso, i rischi per madre e feto sono bassi, ma incrementano all'aumentare dell'entità del fenomeno ipertensivo.

NOTA BENE: nelle forme lievi, il fisiologico calo pressorio che si manifesta durante i primi trimestri di gravidanza dà spesso la possibilità di ridurre - e talora sospendere - i farmaci antipertensivi, che andranno poi eventualmente ripresi negli ultimi due o tre mesi di gestazione.

Alcuni farmaci utilizzati per la cura dell'ipertensione sono controindicati in gravidanza; pertanto, le donne in età fertile che soffrono di ipertensione cronica dovrebbero considerare i pericoli associati all'uso di ACE inibitori, diuretici e sartani (da evitare assolutamente se stanno cercando di rimanere incinte).

In presenza di pre-eclampsia il trattamento si fa più articolato, tanto da prevedere un attento controllo della paziente, l'eventuale ospedalizzazione con riposo a letto e l'accurato monitoraggio dei tempi del parto. Questo evento dev'essere preso seriamente in considerazione difronte ad episodi di sofferenza fetale o ad un peggioramento delle condizioni materne. Le complicanze neonatali sono perlopiù legate alla necessità di anticipare il parto in epoca molto precoce, in modo da limitare le complicanze materne.

Il National High Blood Pressure Education Program raccomanda di iniziare la terapia antipertensiva quando la pressione minima è uguale o superiore a 100-105 mmHg; l'Organizzazione Mondiale della Sanità, invece, consiglia di abbassare la pressione arteriosa quando è intorno a 170/110 mmHg, con lo scopo di proteggere la madre dal rischio di stroke o eclampsia; infine, per altri esperti, la PAD dovrebbe essere mantenuta tra 90 e 100 mmHg.

Il solfato di magnesio è il trattamento di scelta per la prevenzione ed il trattamento dell'eclampsia.

NOTA BENE: le donne che hanno sofferto di pressione alta in gravidanza sono esposte ad un maggior rischio di tornare ad essere ipertese con il passare dell'età. La positività a questo test, che sotto certi aspetti potrebbe essere considerato di screening, va quindi intesa come un monito a controllare regolarmente la propria pressione (anche dopo il termine della gravidanza), e a mettere in atto tutte quelle sane abitudini comportamentali necessarie a contenere il rischio cardiovascolare (raggiungimento e mantenimento del peso forma, astensione da fumo e droghe, moderazione del consumo di alcool, attività fisica regolare, ottimale gestione degli stress quotidiani e dieta equilibrata).