Generalità
“Comorbidità” è un termine utilizzato in ambito medico per indicare la presenza contemporanea di più patologie diverse, in uno stesso individuo.
Più precisamente, la comorbidità può riferirsi a:
- Due o più patologie che coesistono simultaneamente in un paziente, ma sono indipendenti l'una dall'altra;
- Malattie o disturbi che compaiono secondariamente all'insorgenza di una patologia di fondo.
Nell'ambito medico, ad esempio, si ha comorbidità se una persona con diabete soffre anche di una malattia cardiovascolare, oppure quando la depressione si associa all'alcolismo o all'abuso di sostanze stupefacenti.
In psichiatria, il concetto di comorbidità può non riferirsi obbligatoriamente a due malattie distinte, ma anche alla compresenza di molteplici diagnosi nello stesso paziente.
Chiaramente, dalla coesistenza di patologie diverse nella stessa persona risulta una serie di interazioni che condizionano il decorso, il regime terapeutico e la prognosi della malattia principale e di quella simultanea.
In ambito medico-scientifico, il termine “comorbilità” viene spesso utilizzato come sinonimo di comorbidità, per indicare il fenomeno della “compresenza di patologie” o di “malattia concomitante”.
Cosa significa?
La comorbidità è definita come la coesistenza di due o più disturbi o malattie fisiche o psichiche in uno stesso individuo.
Le patologie si verificano contemporaneamente o in sequenza, in maniera indipendente rispetto alla malattia primaria oppure come condizione medica correlata. Quest'ultimo senso del termine può provocare della confusione, se rapportato al concetto di “complicanza”. Ad esempio, se consideriamo la malattia coronarica, il diabete mellito può manifestarsi come una comorbidità autonoma o come una complicazione rispetto alla patologia primaria; tale discriminazione non è immediata e semplice, in quanto entrambe le malattie sono multifattoriali ed esistono probabili aspetti sia di simultaneità, sia di conseguenza. Lo stesso discorso vale per le malattie intercorrenti in gravidanza, come il diabete gestazionale o la pre-eclampsia.
In altri casi, poi, l'indipendenza o la relazione non è dimostrabile, in quanto le sindromi e le associazioni presentano fattori patogenetici in comune.
In ambito psichiatrico, la comorbidità non indica obbligatoriamente due malattie distinte, ma anche la possibilità di più diagnosi nello stesso paziente (es. depressione maggiore, fobia sociale e disturbo d'ansia).
La comorbidità implica la sovrapposizione e l'influenza reciproca degli stati morbosi in questione.
La comparsa in un soggetto affetto da una patologia (generalmente cronica) di un'altra o più malattie, non direttamente causate dalla prima, condiziona la terapia, la qualità di vita del paziente, la durata di un eventuale ricovero in ospedale, il decorso e la prognosi della malattia principale e dei disturbi secondari o contemporanei.
Per tali motivi, la comorbidità è associata ad esiti peggiori di salute, gestione clinica più complessa e aumento dei costi di assistenza sanitaria.
Perché è importante?
La comorbilità va tenuta in considerazione per le sue implicazioni relative all'eziologia, alla prevenzione e al trattamento dei problemi di salute nello stesso paziente.
Importanza per l'eziologia
Quando certi problemi di salute si verificano nei pazienti che presentano una determinata patologia primaria, occorre approfondire l'eziologia delle condizioni mediche coesistenti.
Più precisamente, le comorbidità potrebbero manifestarsi per tali motivi:
- Esiste una diretta relazione causale tra la patologia primaria e le condizioni mediche coesistenti;
- Fattori comuni aumentano la probabilità di presentare una specifica combinazione di disturbi;
- Vi è una relazione causale indiretta, quindi non è presente alcun nesso causale tra le patologie in questione.
Al momento di definire la diagnosi, quindi, il medico avrà bisogno di documentare accuratamente la natura di tutte le condizioni patologiche, per riconoscere i possibili meccanismi alla base dell'associazione e determinare il trattamento più appropriato.
Possibili cause di comorbidità
- Vicinanza anatomica degli organi affetti da patologie;
- Meccanismo patogenetico condiviso di alcune malattie;
- Relazione causa-effetto tra le condizioni patologiche terminali;
- Malattia derivante da complicazioni di un altro problema;
- Pleiotropia (fenomeno genetico per il quale un unico gene è in grado di influenzare aspetti multipli e almeno a prima vista non correlati tra loro nel fenotipo).
I fattori responsabili dello sviluppo di comorbidità possono comprendere: infezioni croniche, infiammazioni, alterazioni metaboliche, iatrogenesi (effetti collaterali o complicanze dovute a farmaci o a trattamenti medici in generale), relazioni sociali, ambiente e suscettibilità genetica.
La comorbidità è una caratteristica clinica tipica del soggetto anziano, per la coesistenza di patologie multiple correlate all'invecchiamento.
Importanza per il trattamento
La comorbidità è particolarmente rilevante se disturbi concomitanti prevedono un differente esito clinico. Pertanto, quando si stabilisce un trattamento, l'attenzione ai molteplici problemi di salute è importante per stabilire il regime più adeguato al caso. Nella gestione dei pazienti che presentano diverse comorbidità allo stesso tempo, quest'approccio può tradursi in un migliore esito: il trattamento per l'alcolismo e la dipendenza da nicotina, per esempio, può essere più efficace, se viene prevista anche una terapia per la depressione.
Importanza per la prevenzione
Raramente, i programmi di prevenzione sono volti ad affrontare disturbi concomitanti in un modo integrato, sottovalutando il fatto che la conoscenza della comorbilità è utile per valutare il rapporto costi/benefici nel trattamento di una particolare condizione morbosa.
La comprensione della natura della comorbidità può contribuire, infatti, ad affrontare la prevalenza di questi disturbi nella popolazione generale, soprattutto quando le patologie condividono gli stessi fattori di rischio e nei casi in cui la presenza di una malattia aumenta la probabilità di svilupparne un'altra.
Diagnosi di comorbidità
Per un medico, individuare una comorbidità non è un processo semplice: prima di formulare una diagnosi, deve valutare se i segni clinici o i comportamenti che osserva sono caratteristici di una determinata patologia oppure se sono giustificati da un altro tipo di disturbo. La difficoltà sta nel fatto che un sintomo è spesso comune a più di una patologia.
Per tale motivo, in presenza di un'alta probabilità di condizioni mediche coesistenti con la patologia primaria, è necessario un approccio globale che consenta di identificare ogni disturbo.
Più precisamente, durante l'inquadramento diagnostico di una comorbidità, il medico deve considerare e integrare le informazioni circa:
- La natura delle malattie coesistenti;
- L'importanza relativa delle condizioni concomitanti;
- La cronologia di presentazione delle patologie;
- Lo stato di salute generale del paziente.
Questa pratica permette di formulare una diagnosi più accurata e di prescrivere il trattamento più mirato.
Charlson Comorbidity Index - Indice di Comorbidità
Il Charlson Comorbidity Index è una metodica semplice e rapida che predice l'aspettativa di vita di un paziente con una vasta gamma di condizioni patologiche coesistenti. Questo riferimento consente di misurare la comorbidità e correlarla alla probabilità di sopravvivenza e al consumo di risorse sanitarie.
Le patologie “traccianti” (22 condizioni in totale) sono raggruppate in 4 classi, valutate da 1 a 6.
Più precisamente, per ognuna di queste malattie, viene assegnato un punteggio (score) di 1, 2, 3 o 6 a seconda del rischio di morte associato a ciascuna condizione morbosa, come segue:
- 1 punto: infarto del miocardio, scompenso cardiaco congestizio, vasculopatia periferica, malattia cerebrovascolare, demenza, broncopneumopatia cronica, connettivite, ulcera peptica, epatopatia cronica e diabete mellito non complicato.
- 2 punti: emiplegia, insufficienza renale moderata o grave, diabete con danno d'organo, tumori, leucemie e linfomi.
- 3 punti: epatopatie moderate o gravi.
- 6 punti: tumori maligni, metastasi e sindrome dell'immunodeficienza acquisita (AIDS).
La somma dei punteggi determina l'aspettativa di vita e permette di prendere una decisione prima di intraprendere un trattamento particolarmente aggressivo. Ad esempio, se si pone il caso di trattare una neoplasia maligna in un paziente con scompenso cardiaco e diabete, occorre considerare che i rischi e i costi di una terapia potrebbero essere superiori ai vantaggi che il paziente può ottenere. Nonostante l'ampiezza del range, uno score superiore a 5 è, in genere, espressione di importante impegno clinico.
L'indice di comorbidità di Charlson è stato sottoposto a numerose revisioni e variazioni nel corso degli anni; oggi, può essere eseguito con strumenti “on line” o sotto forma di questionario (compilato da parte del paziente stesso) e viene utilizzato soprattutto in soggetti anziani affetti da neoplasie, malattie neurodegenerative e cardiopatie croniche.
Trattamento di comorbidità
L'effetto di patologie concomitanti sul quadro clinico generale, sulla prognosi e sul trattamento rende necessaria una valutazione multidimensionale di ciascun paziente, per sviluppare un percorso di cura personalizzato.
La comorbidità può influenzare notevolmente la presentazione clinica e il decorso della malattia primaria, ma anche il carattere e la gravità delle complicazioni. Inoltre, la coesistenza di più patologie nello stesso paziente peggiora la qualità di vita, aumenta le possibilità di fatalità e limita o rende difficile l'iter diagnostico-terapeutico.
La comorbidità conduce spesso alla politerapia, ossia alla prescrizione concomitante di più farmaci della stessa o di diverse aree terapeutiche. Ciò rende difficile il controllo sull'efficacia del trattamento e rende possibile lo sviluppo improvviso di effetti indesiderati locali e sistematici, specialmente in pazienti anziani affetti da molteplici malattie croniche. Queste reazioni avverse si sviluppano principalmente a causa delle interazioni farmaco-farmaco (ossia per la capacità di un farmaco di modificare l'effetto di un altro farmaco somministrato successivamente o contemporaneamente). In ogni singolo paziente, tale rischio aumenta in rapporto al numero di malattie coesistenti e a quello dei farmaci prescritti.
Per tale motivo, il trattamento simultaneo di disturbi multipli richiede una rigorosa considerazione della compatibilità di farmaci, oltre alla necessità di classificare i problemi di salute in comorbidità in termini di rilevanza per la gestione clinica.