Generalità
La colestasi gravidica (o colestasi intraepatica della gravidanza) è una complicanza che può svilupparsi durante la seconda metà della gestazione.
Questa patologia è causata da un'alterazione della secrezione o del normale deflusso nel duodeno della bile, sostanza densa di colore giallo-verde, che viene prodotta dal fegato per consentire la digestione e l'assorbimento dei grassi. Ciò comporta il versamento nel sangue dei sali biliari e di altri composti colefilici, come la bilirubina, normalmente secreti nella bile.
Il sintomo principale della colestasi gravidica è costituito dal prurito intenso e persistente. Questa manifestazione è, di solito, precoce e non si associa ad un rash cutaneo. Il prurito da colestasi gravidica può interessare qualunque parte del corpo, ma comincia, in genere, dal palmo delle mani e dalla pianta dei piedi, per poi generalizzarsi a tutto il corpo. In presenza di questa caratteristica sensazione pruriginosa, la conferma della diagnosi si ottiene con specifici esami del sangue, come il dosaggio degli acidi biliari, della bilirubina e delle transaminasi.
Se non trattata, la colestasi gravidica può comportare gravi conseguenze sia per la madre, che per il feto. Queste includono: aumentato rischio di prematurità fetale, morte alla nascita e sindrome da distress respiratorio.
La gestione della colestasi gravidica prevede l'assunzione di farmaci utili ad evitare l'accumulo degli acidi biliari nel circolo ematico e l'induzione del parto.
Cos’è
Cos'è la Colestasi Gravidica?
La colestasi gravidica è una sindrome clinica di gravità variabile, che risulta dalla compromissione del normale flusso della bile. Di solito, la patologia si manifesta nel terzo trimestre di gestazione.
La colestasi gravidica è caratterizzata dall'aumento degli acidi biliari nel circolo ematico, da cui conseguono prurito generalizzato, associato o meno ad urine ipercromiche, ittero e steatorrea. In presenza di questo disordine, è possibile riscontrare anche l'alterazione dei parametri della funzionalità epatica.
Sinonimi di Colestasi Gravidica
La colestasi gravidica è nota anche come epatogestosi o colestasi intraepatica della gravidanza (CIG).
Cause e Fattori di Rischio
La colestasi gravidica riconosce un'eziologia multifattoriale, quindi risulta dall'interazione di più concause. Alla base, vi è un incremento della stasi biliare secondaria ad un'alterazione della secrezione o del normale deflusso di bile nel duodeno. Riversandosi in eccesso nel sangue e nei tessuti, i sali biliari determinano un'irritazione dei nervi periferici, che, a sua volta, provoca una sensazione di prurito, talvolta di intensità insopportabile.
Alla patogenesi della colestasi gravidica contribuiscono diversi altri fattori:
- Fattori ormonali: la colestasi gravidica sembra dipendere da un incremento della normale stasi della bile intraepatica, in combinazione con le maggiori concentrazioni plasmatiche di estrogeni e progesterone. Il ruolo degli ormoni è suggerito dal fatto che la colestasi gravidica si manifesta soprattutto nella parte terminale della gravidanza. Inoltre, i sintomi tendono a risolversi dopo il parto, quando i livelli ormonali si normalizzano. La colestasi gravidica si manifesta più frequentemente nelle gravidanze gemellari, per il semplice motivo che si produce una maggior quantità di estrogeni che sovraccarica più facilmente il fegato.
- Fattori genetici: la colestasi gravidica sembra manifestarsi in donne predisposte dal punto di vista genetico, in seguito all'interazione di vari fattori ambientali (come l'alimentazione) e le modificazioni ormonali che avvengono fisiologicamente in gravidanza. Recentemente, in alcune pazienti con colestasi gravidica, è stata rilevata una particolare mutazione genetica. Va segnalato, poi, che la colestasi è più probabile se già la madre o le sorelle della gestante hanno sviluppato l'epatogestosi in gravidanza.
- Fattori ambientali: l'incidenza della colestasi gravidica varia in base a diverse aree geografiche. Inoltre, la malattia sembra manifestarsi in modo più grave nei mesi invernali. Anche la dieta può influenzare l'insorgenza della colestasi gravidica. In particolare, alcuni studi scientifici sostengono che una carenza di selenio possa rivestire un ruolo nella patogenesi della malattia.
La colestasi gravidica può essere favorita da una patologia epatica pregressa alla gestazione; in particolare, il quadro clinico si associa frequentemente a infezioni del tratto urinario e colelitiasi.
Colestasi Gravidica: quanto è diffusa?
L'incidenza della colestasi gravidica varia a seconda dell'etnia. Più nel dettaglio, le popolazioni in cui si riscontra con maggiore frequenza sono quelle di Cile, Bolivia e Paesi scandinavi, nelle quali può arrivare a colpire una donna incinta su 50. In Europa Occidentale e Centrale e nel Nord America, invece, la colestasi gravidica si osserva in circa il 0,5-1,5% delle gestanti.
Le donne a rischio di colestasi gravidica (ad esempio, per anamnesi positiva personale o familiare, gravidanza gemellare ecc.) devono essere strettamente monitorate durante la gestazione, soprattutto nel terzo trimestre quando i livelli estrogenici sono più alti.
Sintomi e Complicazioni
La colestasi gravidica si manifesta, in genere, nel secondo e terzo trimestre di gravidanza (nell'80% dei casi, si presenta dopo la 30esima settimana di gestazione).
Il sintomo più precoce è un prurito della pelle intenso, a cui seguono, a volte, urine scure (ipercromiche), ittero lieve (la parte bianca degli occhi e, a volte, la pelle diventano giallastre) e feci chiare (ipocoliche, di colore grigiastro).
Il reperto di laboratorio più caratteristico della colestasi gravidica, invece, è l'elevazione dei livelli sierici degli acidi biliari e/o l'aumento del livello di transaminasi epatiche (aspartato aminotransferasi, AST, e alanina aminotransferasi, ALT).
Nella colestasi gravidica, di solito, sintomi meno comuni sono: affaticamento, diminuzione dell'appetito, nausea e vomito.
La colestasi gravidica tende a ripresentarsi nelle successive gravidanze (60-90%).
Colestasi Gravidica: caratteristiche del prurito
La colestasi gravidica è caratterizzata da una sensazione pruriginosa, persistente e molto intensa, che esordisce nel secondo o nel terzo trimestre. All'inizio, questo sintomo coinvolge soprattutto le estremità (palmo delle mani e pianta dei piedi), poi va accentuandosi in modo progressivo, estendendosi agli arti, al tronco ed alla faccia.
Il prurito da colestasi gravidica si esacerba durante la notte e può essere così grave da limitare la qualità della vita della donna. In qualche caso, questa manifestazione può associarsi a lesioni da grattamento (escoriazioni, protuberanze ecc.).
Come distinguerlo dal "fisiologico" prurito in gravidanza?
Durante la gravidanza, il prurito può essere considerato un sintomo piuttosto comune. Le modifiche che si verificano nella futura mamma, quali, ad esempio, la maggiore ritenzione idrica e l'aumento di volume di alcune parti del corpo, possono procurare uno stiramento cutaneo da cui potrebbe derivare una sensazione pruriginosa. A differenza di quanto accade nella colestasi gravidica, però, il prurito è lieve e localizzato a zone sottoposte a maggiore tensione, come addome, cosce e fianchi. In caso di dubbio, però, è sufficiente rivolgersi al proprio medico e sottoporsi ad alcuni esami di laboratorio per confermare o escludere la presenza della colestasi gravidica.
Colestasi Gravidica: possibili rischi per la gestante
Generalmente, la colestasi gravidica è benigna per la paziente, ma può avere una prognosi negativa per il feto. Questa patologia è correlata, infatti, ad un maggior rischio di aborto spontaneo e morte perinatale.
Possibile complicanza per la futura mamma è l'aumentata tendenza all'emorragia post-partum. Quest'ultima evenienza dipende dal malassorbimento della vitamina K, associata alla malattia (nota: la vitamina K è coinvolta nei meccanismi di coagulazione del sangue). Pertanto, nelle ultime settimane di gravidanza, il medico può indicare l'assunzione di vitamina K per ridurre il rischio di complicanze emorragiche.
Colestasi Gravidica: possibili rischi per il feto
L'accumulo nel sangue degli acidi biliari può risultare tossico per il nascituro.
Se non viene adeguatamente trattata, la colestasi gravidica correla ad un rischio incrementato di complicanze fetali e neonatali, tra cui:
- Parto pretermine;
- Liquido amniotico tinto di meconio (prime feci prodotte dal bambino);
- Anormalità del ritmo cardiaco fetale (es. bradicardia durante il parto);
- Sindrome da distress respiratorio neonatale.
Quest'evenienze sono più probabili in presenza di una concentrazione nel siero di acidi biliari superiore a 40 µmol/L (micromoli per litro) a digiuno. La gestione delle complicanze della colestasi gravidica a carico del nascituro rende necessario il ricovero in terapia intensiva neonatale.
In qualche caso, è possibile la morte endouterina: nella maggior parte dei casi, quest'evento si verifica dopo la 34esima settimana di gestazione, a causa di un'anossia fetale ad insorgenza acuta.
Colestasi: decorso dopo la gravidanza
Generalmente, la colestasi gravidica va incontro ad una regressione spontanea dopo due-tre settimane dal parto, ma tende a ripresentarsi ad ogni gravidanza o con l'uso di contraccettivi orali.
Diagnosi
La colestasi gravidica è sospettata sulla base della sintomatologia e dei dati anamnestici e viene confermata da alcuni esami del sangue, come il dosaggio degli acidi biliari, della bilirubina, della fosfatasi alcalina e delle transaminasi.
La più frequente alterazione di laboratorio correlata alla patologia è l'incremento dei livelli di acidi biliari sierici totali, a digiuno, oltre le 10 µmol/L. A risultare alterati, inoltre, possono essere anche gli enzimi specifici di stasi biliare, come la fosfatasi alcalina e la gamma-glutamiltransferasi (gamma-GT), nonostante il loro aumento non sia significativo in rapporto alla patologia in esame.
Per ricercare la causa della colestasi gravidica, il medico può indicare l'esecuzione di un'ecografia.
Colestasi Gravidica: quali esami del sangue servono?
Per supportare e confermare la diagnosi, vengono effettuati degli esami del sangue che consentono di mettere in evidenza le più frequenti alterazioni correlate alla colestasi gravidica. Il reperto di laboratorio più sensibile e specifico è l'aumento della concentrazione sierica degli acidi biliari (>10 mmol/L). In presenza di colestasi gravidica, questa può essere l'unica anomalia biochimica riscontrabile.
Altri parametri che possono risultare elevati (ma non sempre) in caso di colestasi gravidica sono:
- Aminotransferasi;
- Bilirubina (iperbilirubinemia diretta);
- Fosfatasi alcalina;
- Gamma-GT.
Test prenatali e follow up post partum
Una volta diagnosticata la colestasi gravidica, è previsto un attento monitoraggio della gestante e del nascituro, mediante:
- Test prenatali, come doppler dell'arteria ombelicale e non stress-test;
- Controllo dei livelli di acidi biliari.
Questi esami vanno eseguiti con cadenza settimanale od ogni 15 giorni per guidare la terapia ed avere un'indicazione per il timing dell'induzione al parto.
Dopo il parto, le pazienti con colestasi gravidica devono misurare i livelli di acidi biliari ed i parametri epatici ogni 3-6 mesi: se i valori rimangono elevati, il medico indicherà gli opportuni approfondimenti diagnostici.
Trattamento
La terapia della colestasi gravidica deve essere iniziata non appena viene posta la diagnosi.
Gli obiettivi sono quelli di evitare l'accumulo nel circolo ematico degli acidi biliari, correggere le anormalità biochimiche, dar sollievo dal prurito e portare a termine la gravidanza.
La terapia di prima scelta per questa patologia consiste nell'assunzione per via orale dell'acido ursodesossicolico (UDCA).
Va segnalato che, come accade in altre sindromi colestatiche, nessun trattamento è sempre completamente efficace e la soluzione è rappresentata dal parto.
Terapia farmacologica
L'acido ursodesossicolico è un acido biliare idrofilico, non tossico e ben tollerato, che può migliorare il flusso biliare.
Questo medicinale contribuisce ad evitare la potenziale citotossicità degli acidi biliari accumulati nel sangue, riduce il prurito e normalizza i marcatori biochimici di funzionalità epatica; tuttavia, l'acido ursodesossicolico non diminuisce l'incidenza delle complicanze fetali. Per questo motivo, è suggerito un monitoraggio costante delle condizioni della futura mamma e del nascituro.
Oltre all'acido ursodesossicolico, in caso di colestasi gravidica, il medico può prescrivere anche l'assunzione di:
- S-Adenosil-Metionina: aminoacido essenziale che associato all'acido folico sembra avere un effetto di prevenzione dei DTN (difetti del tubo neurale); in combinazione con l'acido ursodesossicolico, la S-adenosil-metionina può aiutare a ridurre la gravità del prurito ed a normalizzare i livelli sierici di acidi biliari;
- Colestiramina: è una resina a scambio ionico che rappresenta l'alternativa terapeutica all'acido ursodesossicolico. Questa si lega agli acidi biliari nell'intestino e ne impedisce il riassorbimento, formando un complesso in seguito escreto con le feci. Di norma, l'uso di questo farmaco è sconsigliato in gravidanza, in quanto interferisce con l'assorbimento delle vitamine liposolubili e può peggiorare le eventuali coagulopatie materne e fetali. Se prescritta per gestire la colestasi gravidica, quindi, il medico indicherà un'opportuna supplementazione vitaminica (vitamine A, D, E, K);
- Antistaminici orali (es. cetirizina e loratadina): possono diminuire l'intensità del prurito.
In prossimità del parto, per ridurre il rischio di emorragie conseguenti ad un deficit da malassorbimento, inoltre, è indicata la somministrazione di vitamina K, sotto forma di:
- Fitomenadione (Vitamina K1);
- Menadione (Vitamina K3).
Alimentazione
Dal punto di vista dell'alimentazione, in presenza di colestasi gravidica, è importante adottare una dieta a basso contenuto in grassi. In tal senso, si dovrebbero limitare cotture elaborate e fritture, mentre si può optare per carni e pesci magri, olio extravergine d'oliva (3 cucchiai al giorno) e formaggi freschi (non più di 2-3 volte la settimana).
In generale, le cotture dei cibi dovrebbero essere semplici (al vapore, lessati, ai ferri). Infine, è buona abitudine, anche per favorire una regolare funzione intestinale, assumere quotidianamente almeno 2-3 porzioni di verdura e frutta al giorno.
Induzione del parto
In presenza di colestasi gravidica, il parto può essere indotto alla 36esima-37esima settimana di gestazione, quando lo sviluppo polmonare è ormai completo. Al momento, l'induzione sembra essere l'approccio migliore per ridurre il rischio di morte fetale.
Su indicazione del ginecologo, il parto può essere espletato per via vaginale o mediante taglio cesareo.
Colestasi Gravidica: dopo il parto
- La colestasi gravidica si risolve nel puerperio, indicativamente entro 4-6 settimane dalla nascita del bambino. Di solito, i valori di acidi biliari e transaminasi subiscono un rapido decremento subito dopo il parto con risoluzione della sintomatologia nei mesi successivi.
- Dopo il parto, alle donne che hanno sviluppato la patologia durante la gestazione è sconsigliata l'assunzione della pillola anticoncezionale estro-progestinica, poiché potrebbe indurre gli stessi sintomi della colestasi gravidica.