Ultima modifica 27.09.2019

Generalità

Il bi test è un esame di screening che si esegue nel primo trimestre di gravidanza.

Questa indagine associa la misurazione della translucenza nucale fetale (mediante ecografia) al dosaggio di due sostanze presenti nel sangue materno:

Il bi test fornisce una stima del rischio di anomalie cromosomiche e malformazioni congenite nel feto.

Cos'è

Bi TestIl bi test (detto anche test combinato) è un esame di screening non invasivo, la cui esecuzione è consigliata tra l'11esima e la 14esima settimana di gestazione.
Questa indagine prevede due diversi approcci:

  • Un'ecografia addominale materna per calcolare la translucenza nucale (fessura traslucida, dovuta a una piccola quantità di liquido sotto la pelle della nuca del feto, il cui aumento di spessore è correlato alla sindrome di Down);
  • Un prelievo del sangue della futura mamma per valutare i livelli di PAPP-A e hCG.

Il bi test permette di valutare il rischio che un feto possa essere portatore di alcune alterazioni dei cromosomi come, ad esempio, la trisomia 21 (Sindrome di Down) o la trisomia 18 (Sindrome di Edwards), già nel primo trimestre di gestazione.
L'esame non è invasivo, quindi non comporta pericoli per il bambino o rischi di aborto e può essere richiesto da tutte le donne in gravidanza.

Perché si Misura

Il bi test viene eseguito per calcolare – senza certezza, ma con altissima approssimazione - il rischio di un feto di essere portatore di anomalie cromosomiche e/o di sviluppare malformazioni congenite, come, ad esempio, la trisomia 21 (sindrome di Down) e la trisomia 18 (sindrome di Edwards).
Quest'esame si esegue, di solito, tra l'undicesima e la quattordicesima settimana di gravidanza, quando il feto ha una lunghezza tra 45 e 84 mm.

  • La prima parte del bi test è basata sul prelievo di un piccolo campione di sangue materno, in cui si vanno a dosare due sostanze di origine placentare, che possono essere alterate nelle gravidanze con feto colpito da sindrome di Down. Queste sostanze sono rispettivamente chiamate β-hCG (frazione beta libera della gonadotropina corionica) e PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza).
  • La seconda parte del bi test utilizza, invece, la misurazione ecografica della translucenza nucale.

L'esecuzione e la valutazione combinata di questi due esami permette la formulazione di un rischio in termini probabilistici piuttosto sensibile e specifico.
Ad ogni modo, se il bi test fornisce risultati preoccupanti, può essere consigliata l'esecuzione di ulteriori indagini diagnostiche (es. amniocentesi o analisi dei villi coriali).

Quando viene indicato il bi test?

Il bi test viene eseguito, in genere, su consiglio del ginecologo, per conoscere la probabilità di avere un bambino con anomalie cromosomiche.

Se lo screening del primo trimestre fornisce risultati preoccupanti, allora può essere consigliata alla gestante l'esecuzione di ulteriori accertamenti: test di screening (triplo e quadruplo test) o indagini più invasive di diagnosi prenatale (amniocentesi o analisi dei villi coriali).
Se il risultato è favorevole, invece, la gestante può decidere di rinunciare alla diagnosi invasiva, che comporta un certo rischio di abortività (circa 1% dei casi).

Proteina-A plasmatica associata alla gravidanza

La PAPP-A (Pregnancy-Associated Plasma Protein A) è una proteina prodotta dal trofoblasto (massa cellulare esterna della blastocisti) e dalla placenta in crescita. Durante una gravidanza normale, i livelli di questa proteina aumentano fino al parto.

Gonadotropina corionica umana

La hCG (human Chorionic Gonadotropin) è un ormone prodotto dal trofoblasto, quindi dalla placenta. Nel test di screening del primo trimestre possono essere misurate sia la subunità libera beta (free β-hCG), che l'hCG totale.

In genere i livelli di questa proteina aumentano progressivamente nel circolo materno nelle prime 8-10 settimane di gravidanza, per poi diminuire e stabilizzarsi ai livelli minimi per tutto il resto della gestazione.

Translucenza nucale

La translucenza nucale è la quantità di liquidi presenti tra la colonna vertebrale e la pelle presente a livello della nuca del feto. Questa viene osservata tramite un'attrezzatura ecografica di ottimo livello tecnologico e la presenza di personale medico specificatamente preparato, per non incorrere nella lettura di risultati falsati.

Lo spessore di edema (accumulo di liquido) sottocutaneo nella zona tende ad aumentare nei bambini in cui sono presenti alterazioni cromosomiche.
Questa ecografia individua all'incirca il 70-75% delle gravi malformazioni, ma la combinazione e il confronto di translucenza nucale, PAPP-A e beta hCG, consente di aumentare le probabilità di rilevare anomalie fino circa al 90% dei casi.

Valori normali

Il calcolo del rischio statistico che il bambino sia portatore di anomalie cromosomiche viene effettuato da un software che prende in considerazione - oltre a translucenza nucale del feto, PAPP-A e hCG - l'epoca gestazionale, l'età materna, il peso, l'abitudine al fumo, le precedenti gravidanze, l'etnia e le eventuali metodiche di procreazione medicalmente assistita.
Il risultato esprime un rischio in termini statistici percentuali; ad esempio: 1 caso patologico possibile su 1000 (1:1000) oppure 1:500. Ovviamente, la probabilità stimata di 1:500 è maggiore di 1:5000 (di 10 volte) e minore di 1:50 (di 10 volte).
Convenzionalmente, è stato stabilito che il rischio di avere un bimbo con sindrome di Down è:

  • Aumentato se superiore a 1:350 (ad es. 1:250);
  • Ridotto se è inferiore a 1:350 (ad es. 1:1000).

Una probabilità pari o superiore a 1:350 viene considerata da approfondirsi con esami di conferma (villocentesi o amniocentesi). In presenza di un alto profilo di rischio, comunque, è bene evitare troppe ansie e preoccupazioni. Nella maggior parte dei casi, infatti, un rischio considerato elevato è modesto in termini statistici: in Italia, nasce un bambino affetto da sindrome di Down ogni 1200; la sindrome di Edwards ha una prevalenza di 1 su 7900 bambini nati vivi. In altre parole, molte donne alle quali saranno indicati ulteriori approfondimenti (amniocentesi e villocentesi), al fine di poter escludere con certezza la presenza di anomalie cromosomiche, scopriranno che il feto è sano e non è realmente portatore di una trisomia.

Bi test Alterato - Cause

Nei casi della sindrome di Down, durante il primo trimestre, la concentrazione sierica dell'hCG è più elevata rispetto alle gravidanze con feto sano, mentre la PAPP-A risulta inferiore alla norma. Al diminuire della PAPP-A e all'aumentare dell'hCG, quindi, sale il rischio che il feto sia interessato da malattie cromosomiche.
Per quanto riguarda la translucenza nucale, invece, se lo spessore è maggiore di quello atteso a quell'epoca di gravidanza, esso segnala un rischio aumentato di alterazioni dei cromosomi, oltre che di possibili malformazioni, soprattutto cardiache.


  • Quando la translucenza nucale risulta aumentata, ma i cromosomi fetali sono normali, è consigliabile effettuare un'ecocardiografia fetale tra la 18a e la 20a settimana.
  • Inoltre, per escludere cardiopatie o altre anomalie che possono essere associate a translucenza nucale aumentata, è generalmente indicata un'ecografia di secondo livello tra la 19a e la 21a di gravidanza.

Il bi test presenta un'attendibilità pari quasi al 90%, ma fornisce anche un esito falsamente positivo nel 5% dei casi. Pertanto, un risultato "patologico" richiede conferma con tecniche invasive (villocentesi o amniocentesi), mentre un esito normale non esclude la nascita di un bambino con sindrome di Down o sindrome di Edwards.

Vantaggi e svantaggi del Bi test

  • Il bi test consente di eseguire lo screening per la sindrome di Down, abbastanza precocemente nella gravidanza (primo trimestre). Tuttavia, l'esame non è ancora ampiamente consigliato alle gestanti, come invece accade per il triplo o quadruplo test del secondo trimestre.
  • Il bi test non consente di valutare i rischi del feto di sviluppare difetti del tubo neurale (come la spina bifida).
  • I test di screening non riescono a rilevare tutti i casi di anomalie cromosomiche. Nel caso in cui questi esami risultino positivi, quindi, il sospetto diagnostico dev'essere confermato da ulteriori indagini, che possono includere l'analisi dei villi coriali (villocentesi) nel primo trimestre o l'amniocentesi nel secondo trimestre. Nonostante queste procedure siano più accurate rispetto ai test di screening, sono maggiormente invasive, pertanto presentano piccoli rischi di aborto o danneggiamento del feto.

Come si misura

L'esame viene effettuato raccogliendo un campione ematico dal braccio o una goccia di sangue prelevata tramite la puntura di un dito.
L'analisi della translucenza nucale prevede, invece, l'esecuzione di un'ecografia esterna (transaddominale) o l'inserimento della sonda all'interno della vagina (transvaginale).

Preparazione

Il bi test viene prescritto dal medico specialista di settore (ginecologo o genetista medico).
Prima del prelievo di sangue, non è necessario il digiuno, mentre per la translucenza nucale può essere richiesto di avere la vescica piena al momento dell'esecuzione dell'ecografia.

Interpretazione dei Risultati

  • I risultati del bi test (PAPP-A, hCG e translucenza nucale) vengono interpretati insieme per calcolare matematicamente il rischio che il feto sia portatore di difetti cromosomici. Il valore ottenuto è confrontato con un cut-off stabilito; se il rischio è maggiore, allora lo screening viene considerato positivo e la donna viene orientata a ulteriori esami, come villocentesi o amniocentesi.
  • Nelle gravidanze nelle quali il feto è portatore di difetti cromosomici, la free-beta hCG (frazione libera della gonadotropina corionica) nel sangue materno può avere un valore notevolmente incrementato, mentre la PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza) tende a diminuire.
    All'esame ecografico, invece, una maggiore translucenza nucale rispetto alla norma segnala un rischio aumentato di alterazioni dei cromosomi, oltre che di possibili malformazioni, soprattutto cardiache.
  • È importante ricordare che il bi test non ha un significato diagnostico, ma indica con quale probabilità il feto potrebbe essere portatore di un'alterazione dei cromosomi.  In base a tale considerazione, quando si interpretano i risultati è necessario osservare che un test combinato negativo riduce il rischio, ma non lo azzera. Inoltre, occorre ricordare che un esito positivo non implica necessariamente che il feto sia affetto dall'alterazione dei cromosomi. In questo caso, però, il rischio è sufficientemente elevato da poter giustificare un'indagine invasiva attraverso il prelievo dei villi coriali o l'amniocentesi per conoscere il cariotipo (ovvero l'assetto dei cromosomi del feto) e definire con certezza la diagnosi.

Autore

Giulia Bertelli

Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici