Ultima modifica 01.04.2020

Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi

La Sindrome da "Anticorpi Anti-fosfolipidi" (Sindrome APA) è una condizione clinica associata alla predisposizione a trombosi arteriose e venose, e ad aborti spontanei ricorrenti, caratterizzata da trombocitopenia e presenza in circolo di particolari anticorpi, detti antifosfolipidi.

La sindrome da Anticorpi Anti-fosfolipidi può insorgere in maniera isolata (forma primitiva, quindi senza evidenza clinica di associazione ad altre malattie autoimmuni) o affliggere pazienti con patologie autoimmuni sistemiche (forma secondaria); è ad esempio piuttosto diffusa in presenza di lupus eritematoso sistemico (in circa il 30-50% circa dei casi), e in misura assai inferiore nei pazienti affetti da sclerosi sistemica, artrite reumatoide, malattia di Behçet, morbo di Crohn, tumori maligni e infezioni (per esempio infezione da HIV). Inoltre, può insorgere dopo l'assunzione di alcuni farmaci.

Anticorpi antifosfolipidi

Gli anticorpi antifosfolipidi (aPL) sono un gruppo eterogeneo di autoanticorpi diretti contro molecole cariche negativamente e verso una combinazione di fosfolipidi e proteine plasmatiche. Vengono divisi in tre classi: gli anticardiolipina (aCL), gli antibeta2glicoproteina1 (antiβ2GPI) ed il lupus anticoagulant (LAC). La loro azione anticorpale è diretta contro varie combinazioni di fosfolipidi, proteine ad alta affinità per i fosfolipidi o complessi fosfolipidi-proteine. In vitro il Lac agisce come inibitore della coagulazione (anticoagulante), fatto testimoniato dall'allungamento del tempo di coagulazione nei test emocoagulativi fosfolipide-dipendenti, ma in vivo paradossalmente favorisce uno spostamento dell'equilibrio coagulativo in senso pro-trombotico (maggiore tendenza alla coagulazione). Questo per sottolineare come l'esatto meccanismo con cui questi anticorpi predispongono alla trombosi è ancora incerto.

NOTA BENE: la prevalenza di anticorpi antifosfolipidi nella popolazione sana varia dall'uno al 5% e si ritiene maggiore negli anziani. Non è ancora chiaro se tali soggetti corrano un maggior rischio di sviluppare eventi trombotici o complicanze della gravidanza. Si ritene comunque che il riscontro accidentale di anticorpi antifosfolipidi a basso titolo comporti un rischio minimo di trombosi, mentre le probabilità aumentano se tali anticorpi sono presenti a titolo elevato. E' noto che nei soggetti positivi agli aPL che hanno avuto trombosi, il rischio di recidiva è superiore a quello dei soggetti negativi; lo stesso vale per gli aborti. Altri studi hanno dimostrato che dal 50 al 70% dei pazienti con lupus eritematoso sistemico e positività agli anticorpi antifosfolipidi presenta una sindrome trombotica durante un follow up di 20 anni. Questi studi epidemiologici sono molto importanti, perché consentono di ridurre il rischio trombotico a scopo profilattico; tale risultato si ottiene mediante l'impiego cronico di farmaci anticoagulanti e/o antiaggreganti piastrinici, evitando l'impiego di estrogeni (inclusa la pillola anticoncezionale), steroidi ad alte dosi, alcool e fumo, e combattendo l'iperlipidemia con la dieta, l'attività fisica o eventualmente mediante l'impiego di appositi farmaci come le statine, i fibrati e le megadosi di niacina.

Manifestazioni Cliniche

Gli eventi trombotici che caratterizzano la sindrome da Anticorpi Anti-fosfolipidi possono interessare arterie, vene o capillari, e coinvolgere qualsiasi organo o apparato. Ricordiamo brevemente come un trombo sia un grumo, un coagulo di sangue che si forma nel sistema circolatorio e può crescere al punto da ustruire il vaso sanguigno nel quale origina; inoltre, il trombo può frammentarsi originando emboli di dimensioni inferiori che - spinti verso la periferia dal sangue - possono occludere completamente o totalmente vasi di calibro inferiore riducendo l'apporto di sangue dei tessuti a valle. Nella sindrome da anticorpi antifosfolipidi l'occlusione vascolare è dovuta soprattutto a quest'ultimo aspetto (tromboebolismo).

La principale manifestazione di tipo arterioso è l'ictus cerebrale ischemico, spesso preceduto da attacchi ischemici cerebrali transitori; altre volte si assiste all'occlusione delle arterie viscerali o periferiche e all'infarto del miocardio.

La principale manifestazione di tipo venoso è la trombosi venosa profonda; talvolta si assiste alla trombosi delle vene cerebrali, renali ed epatiche, e ad embolie polmonari. Le trombosi venose associate a sindrome da aPL sono più frequenti e meno gravi rispetto a quelle arteriose.

Pecualiari della sindrome da anticorpi antifosfolipidi sono anche le complicanze della gravidanza, con aborti spontanei ricorrenti, ritardi della crescita fetale e parti prematuri riconducibili a pre-eclampsia o eclampsia severe, o a grave insufficienza placentare.

Sintomi

Il quadro clinico della sindrome da anticorpi antifosfolipidi è molto vario e dipende dall'eventuale insorgenza di manifestazioni cliniche associate, i cui sintomi sono in relazione alla sede e all'estensione dellla trombosi. In effetti, poiché le trombosi possono verificarsi ovunque, i sintomi e i segni che ne derivano possono essere i più variabili, coinvolgendo in pratica tutte le specialità mediche: a tal proposito si possono consultare i seguenti articoli: sintomi ictus; sintomi infarto del miocardio; sintomi trombosi venosa; sintomi embolia polmonare. I quadri clinici possono variare da manifestazioni di lieve entità, caratterizzate da una tromboflebite superficiale, a quelle più gravi, come la cosiddetta sindrome catastrofica da anticorpi antifosfolipidi, nella quale la disseminazione multidistrettuale dei trombi mette in serio pericolo la vita stessa del paziente.

Diagnosi

I criteri diagnostici attualmente accettati per la definizione della sindrome sono i cosiddetti "Criteri di Sapporo", stabiliti da un gruppo internazionale di esperti nel 1999. La diagnosi di Sindrome APA richiede la presenza di almeno uno dei seguenti criteri clinici ed uno laboratoristico, indipendentemente dall'intervallo di tempo esistente fra l'evento clinico ed il dato di laboratorio:

 

CRITERI CLINICI CRITERI LABORATORISTICI

1. Trombosi vascolari: uno o più episodi di trombosi arteriosa, venosa o del microcircolo, in ogni tessuto od organo. La trombosi deve essere confermata dalla diagnostica per immagini, dal doppler o dall'istopatologia, con l'eccezione delle trombosi venose superficiali. Per la conferma istopatologica, la trombosi dev'essere presente senza significativa evidenza di infiammazione della parete vascolare.

1. Positività (titolo alto o moderato) per anticorpi anticardiolipina IgG o IgM riscontrabile in due o più occasioni a distanza di almeno 6 settimane, misurata con un test ELISA standardizzato per anticorpi anticardiolipina β2 - glicoproteina I - dipendenti.

2. Patologia ostetrica:
- una o più morti di feti morfologicamente normali da causa sconosciuta alla o oltre la 10ª settimana di gravidanza. La normale morfologia fetale deve essere documentata dall'ecografia o dall'esame diretto del feto; oppure
- una o più nascite premature di neonati morfologicamente normali alla o prima della 34ª settimana di gravidanza, a causa di pre-eclampsia o eclampsia severe, o grave insufficienza placentare; oppure
- tre o più aborti spontanei consecutivi da causa sconosciuta prima della 10ª settimana di gravidanza, con esclusione di anomalie anatomiche od ormonali materne o cause cromosomiche paterne o materne.

2. Positività per LAC diagnosticata in accordo ai criteri SSC - ISTH, riscontrabile in due o più occasioni a distanza di almeno 6 settimane:
- Prolungamento di almeno un test della coagulazione fosfolipide - dipendente (test di screening).
- Evidenza di un'attività inibitoria dimostrata dall'effetto del plasma paziente su un pool di plasmi normali
- Evidenza che l'attività inibitoria sia dipendente dai fosfolipidi (test di conferma)
- Esclusione di altre coagulopatie

Terapia

Per approfondire: Farmaci per la Sindrome degli Anticorpi Anti-fosfolipidi


La terapia della sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi non differisce da quanto elencato per la profilassi degli eventi trombotici in pazienti con elevati livelli di questi anticorpi nel sangue. Si basa quindi essenzialmente sull'impiego cronico di anticoagulanti dicumarolici, come il sintrom o il coumadin, in modo da portare l'INR del tempo di protrombina fra 2,5 e 3,5, o di antiaggreganti piastrinici come l'acido acetilsalicilico e il clopidogrel. Nella fase acuta gli anticoagulanti elettivi sono rappresentati dalle eparine a vario peso molecolare. In caso di sindrome catastrofica da anticorpi antifosfolipidi è previsto il riscorso alla plasmaferesi e l'impiego congiunto di farmaci inussopressori e boli di immunoglobuline.