Ultima modifica 15.11.2019

Generalità

Il termine retinite pigmentosa (RP) identifica un gruppo di malattie genetiche caratterizzate dalla progressiva degenerazione retinica.

retinite-pigmentosaLa retina è il sottile strato di tessuto sensibile alla luce che riveste internamente la parte posteriore dell'occhio. La sua funzione consiste nell'acquisire le immagini dal campo visivo e nel convertire i segnali luminosi in stimoli nervosi, che vengono inviati tramite il nervo ottico al cervello. Nella retina vi sono milioni di fotorecettori (coni e bastoncelli), che concorrono a determinare la normale percezione visiva.

La retinite pigmentosa è una distrofia retinica caratterizzata dalla graduale perdita dei fotorecettori e dalla disfunzione dell'epitelio pigmentato. Questo significa che la retina riduce progressivamente la propria capacità di trasmettere le informazioni visive al cervello tramite il nervo ottico.
Il processo patologico inizia con alterazioni dell'epitelio pigmentato retinico. Col progredire della retinite pigmentosa, si verifica un assottigliamento dei vasi sanguigni che irrorano la retina, i quali vanno incontro ad atrofia. All'esame del fondo oculare, sono visivamente riscontrabili dei caratteristici depositi retinici di pigmento (da cui il nome dalla malattia). Variazioni atrofiche e danni possono coinvolgere anche il nervo ottico e, gradualmente, le cellule fotosensibili della retina muoiono.

I pazienti colpiti da retinite pigmentosa, inizialmente, manifestano problemi di vista soprattutto in ambienti con scarsa illuminazione e lamentano una costrizione del campo visivo periferico. La visione centrale è risparmiata fino alle fasi successive della malattia e l'esito finale può variare in modo notevole: molte persone con retinite pigmentosa mantengono una visione limitata per tutta la vita, mentre altre perdono completamente la vista.

La retinite pigmentosa è una malattia ereditaria, principalmente causata da alterazioni genetiche trasmesse da uno o entrambi i genitori. Il tipo di difetto genetico determina quali cellule retiniche sono maggiormente coinvolte dal disturbo e consente di distinguere, dal punto di vista clinico, le diverse condizioni. Ad oggi, sono stati identificati più di 50 difetti genetici differenti implicati nella retinite pigmentosa. Le anomalie possono essere trasmesse dai genitori ai figli attraverso uno dei tre modelli di ereditarietà: autosomica recessiva, autosomica dominante o eterosomica recessiva (X-linked o associata al cromosoma X).

Sintomi

Per approfondire: Sintomi Retinite Pigmentosa


La retinite pigmentosa, di solito, viene riscontrata in adolescenti e giovani adulti. I sintomi spesso compaiono tra i 10 e i 30 anni di età, ma la diagnosi può essere formulata nella prima infanzia o molto più tardi nella vita.
I sintomi precoci della retinite pigmentosa possono comprendere:

Alcuni sintomi dipendono dal tipo di fotorecettori coinvolti. I bastoncelli sono responsabili della visione in bianco e nero, mentre i coni permettono di distinguere i colori.


Caratteristiche di bastoncelli e coni
  Bastoncelli Coni
Tipi di visione Bianco e nero; notturna (luce tenue) A colori; luce intensa (luce intensa)
Sensibilità alla luce Alta Bassa
Acuità visiva Bassa Alta
Area di maggiore concentrazione Periferia della retina Fovea (centro geometrico della retina che corrisponde alla sede della visione più fine)

Nella maggior parte dei casi di retinite pigmentosa, i bastoncelli sono coinvolti per primi. Tuttavia, nelle forme a rapida evoluzione anche i coni possono essere colpiti in fase precoce.

I bastoncelli sono concentrati nelle parti esterne della retina e sono attivati dalla luce fioca, quindi la loro degenerazione colpisce la visione periferica e notturna. Se sono coinvolti i coni, è possibile riscontrare la perdita della percezione dei colori e della visione centrale.

La predominanza di fotorecettori coinvolti è determinata dal particolare difetto presente nel corredo genetico del paziente.

Spesso, il primo sintomo della retinite pigmentosa è la cecità notturna (o nictalopia). Alcune persone si accorgono di aver sempre più bisogno di tempo per adattarsi alle differenze di luce, quando si spostano da una zona ben illuminata ad una più buia. Una forma tipica di perdita della vista induce un restringimento della visione periferica (visione a tunnel o a cannocchiale); questo modello è chiamato scotoma ad anello. A volte, questo fenomeno può mancare nelle fasi iniziali, ma si nota quando l'individuo inciampa spesso su oggetti o rimane coinvolto in un incidente stradale. Quando la perdita della vista coinvolge la zona centrale della retina (chiamata anche distrofia maculare) i pazienti riscontrano difficoltà con la lettura e nel lavoro dettagliato che richiede la concentrazione su un singolo oggetto, come infilare un filo nella cruna di un ago. Molti pazienti riferiscono di vedere lampi luminosi (fotopsia), spesso descritti come piccole luci intermittenti e scintillanti.
Il tasso di progressione della malattia e il grado di perdita visiva variano da persona a persona. Alcuni casi estremi possono presentare una rapida evoluzione entro due decadi, altri un decorso lento che non porta mai alla completa cecità. L'esordio precoce è riscontrato nelle forme più gravi di retinite pigmentosa, mentre i pazienti con condizioni più lievi (ad esempio, autosomiche dominanti) possono sviluppare la malattia nella loro quinta o sesta decade di vita. Nelle famiglie con retinite pigmentosa X-linked, gli uomini sono colpiti più spesso rispetto alle donne e in modo più severo; le femmine, invece, trasmettono la caratteristica genetica (sono portatrici del gene alterato sul cromosoma X) e manifestano meno frequentemente i sintomi del disturbo.

Complicanze

La retinite pigmentosa continuerà a progredire, anche se lentamente. La completa cecità è comunque rara, ma può verificarsi una significativa riduzione della vista periferica e centrale.

I pazienti con retinite pigmentosa spesso sviluppano il rigonfiamento della retina (edema maculare) o la cataratta in età precoce. Queste complicanze possono essere trattate, se interferiscono con la visione.

Malattie correlate

Comunemente, un paziente con retinite pigmentosa non presenta altri disturbi ed in tal caso si parla di retinite pigmentosa "non-sindromica" o semplice. Tuttavia, diverse sindromi condividono alcuni sintomi clinici con questa malattia oculare; la più comune è la sindrome di Usher, che interessa circa il 10-30% di tutti i pazienti con retinite pigmentosa e si associa alla contemporanea perdita di udito congenita o progressiva. Nell'amaurosi congenita di Leber, invece, i bambini possono diventare ciechi, o quasi, entro i primi sei mesi di vita. Altre malattie correlate alla retinite pigmentosa includono la sindrome di Bardet-Biedl e la malattia di Refsum.

Cause

La malattia può essere causata da un certo numero di difetti genetici: esistono infatti diversi geni che, se interessati dall'alterazione, possono causare il fenotipo della retinite pigmentosa. Questi, normalmente codificano per proteine coinvolte nella cascata di trasduzione che permette la visione, fattori di trascrizione cellulari (che inviano messaggi errati alle cellule retiniche) o per elementi che costituiscono la struttura dei fotorecettori. Le mutazioni geniche ereditate sono presenti nelle cellule dal momento del concepimento; anomalie comuni includono quelle dei geni RP1 (nella retinite pigmentosa-1, autosomica dominante), RHO (RP4, autosomica dominante) e RDS (RP7, autosomica dominante). Le cause non ereditarie di retinite pigmentosa sono rare, ma non è esclusa la possibilità di riscontrare un caso isolato (mutazione spontanea), in cui non è presente una storia familiare della malattia.

Modelli di ereditarietà della retinite pigmentosa

La retinite pigmentosa è una condizione ereditaria ed esistono vari modelli di eredità che determinano la causalità della condizione. Pertanto, il principale fattore di rischio è un'anamnesi familiare positiva per la malattia.

La gravità e il tipo di retinite pigmentosa dipendono dall'acquisizione ereditaria di uno o due di questi geni anomali. Circa il 30-40% dei casi sono autosomici dominanti, dal 50 al 60% sono autosomici recessivi e il 5-15% sono collegati al cromosoma X.
In base al modello di ereditarietà, la gravità e il decorso possono essere diversi:

  • Ereditarietà autosomica dominante. Nelle forme autosomiche dominanti di retinite pigmentosa, un soggetto affetto possiede un gene alterato (con una mutazione che causa la malattia) in coppia con un gene normale. Quando la persona interessata ha figli con un partner sano, c'è una probabilità del 50% che il genitore affetto possa trasmettere il gene responsabile della malattia ad ogni bambino concepito. Il partner sano trasmette solo un corredo genico normale (di solito, nella coppia il genitore affetto è l'unico ad avere un gene mutato). Nelle malattie dominanti, un bambino che non eredita il gene della malattia non presenterà la retinite pigmentosa e non potrà trasmetterla ai propri figli.
    La retinite pigmentosa autosomica dominante è una forma più lieve della malattia, caratterizzata da una progressione lenta ed esordio tardivo, generalmente nella quinta o sesta decade di vita.
  • Ereditarietà autosomica recessiva. Nelle forme autosomiche recessive della retinite pigmentosa, genitori non affetti, che sono portatori sani, hanno un gene mutato in coppia con uno sano. Ciascuno dei loro figli ha una probabilità del 25% di ereditare due geni mutati (uno da ciascun genitore), e questa è la condizione necessaria per l'insorgenza della retinite pigmentosa. Similmente ai genitori, i figli portatori sani non saranno invece influenzati, in quanto servono due copie del gene alterato affinché si manifesti la malattia.
  • X-linked. Nelle forme X-linked della retinite pigmentosa, il gene per la malattia si trova sul cromosoma X. Le femmine hanno due cromosomi X e possono essere portatrici del gene mutato in uno di questi. Le madri trasmettono i geni alterati alle loro figlie, che diventano a loro volta portatrici: possiedono una versione sana del gene sull'altro cromosoma X e per questo, in genere, non manifestano la malattia. A volte, tuttavia, quando vengono esaminate le femmine portatrici, la retina mostra lievi segni di degenerazione. I maschi hanno un solo cromosoma X in coppia con un cromosoma Y: sono quindi geneticamente suscettibili a malattie X-linked. I maschi affetti da una malattia X-linked trasmettono sempre il gene mutato presente sul cromosoma X alle loro figlie, che poi diventano portatrici, mentre non trasmettono mai un gene-malattia ai loro figli (i padri trasmettono il cromosoma Y ai figli maschi). Le femmine hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene della malattia X-linked alle loro figlie, che diventano portatrici, e una probabilità del 50% di trasmetterlo alla prole maschile, che manifesta la malattia. La forma X-linked è la più grave, con perdita della visione centrale già nella terza decade di vita.

Diagnosi

La diagnosi clinica si basa sulla presenza di: cecità notturna e difetti del campo visivo periferico, lesioni nel fondo dell'occhio, tracce elettroretinografiche ridotte e progressivo peggioramento di questi segni. L'esame della retina mediante lampada a fessura rivela una colorazione granulare della retina.

L'elettroretinogramma (ERG) registra correnti elettriche prodotte nella retina in risposta a stimoli visivi e consente di valutare se le cellule reagiscono correttamente. In caso di retinite pigmentosa, l'ERG è ridotto o assente.

È importante ricordare che la retinite pigmentosa è una malattia ereditaria, che ricorre comunemente all'interno di una famiglia. Pertanto, se ad un membro viene diagnosticata una degenerazione retinica, una visita oculistica completa è fortemente consigliata per tutti i componenti della famiglia. Anche discutere i modelli di ereditarietà con un consulente genetico può essere utile per la pianificazione familiare.
La diagnosi molecolare è possibile per alcuni geni. Questo test consente di determinare se i membri di una famiglia colpita presentano uno dei geni responsabili della retinite pigmentosa e aiuta a valutare il rischio di trasmettere la malattia dai genitori ai figli, ma di solito non è eseguito a causa dell'enorme eterogeneità genetica della malattia. Le femmine portatrici di retinite pigmentosa recessiva legata all'X possono essere identificate utilizzando l'esame del fondo oculare, l'elettroretinogramma e, occasionalmente, il rilevamento diretto di mutazione.

Trattamento

Ad oggi, non esiste una cura per la retinite pigmentosa e nessun trattamento è noto per arrestare l'evoluzione della malattia o restituire la visione. Tuttavia, gli scienziati hanno isolato diversi geni responsabili e un'intensa attività di ricerca è attualmente in corso. Approcci terapeutici per la retinite pigmentosa, in fase di studio, comprendono l'impiego di cellule staminali, terapia genica e protesi retinica.


Autore

Giulia Bertelli

Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici