Farmaci Chemioterapici Antitumorali: cosa sono e quali sono

Farmaci Chemioterapici Antitumorali: cosa sono e quali sono
Ultima modifica 01.02.2023
INDICE
  1. Cosa sono i Chemioterapici Antitumorali?
  2. Agenti alchilanti
  3. Agenti antimetaboliti
  4. Agenti antimitotici
  5. Inibitori delle topoisomerasi I e II
  6. Antibiotici citotossici
  7. Altri chemioterapici antitumorali
  8. Altri approcci chemioterapici
  9. Prospettive future
Torna alla prima parte: Chemioterapia: che cos'è? Come funziona, effetti collaterali

Cosa sono i Chemioterapici Antitumorali?

I farmaci chemioterapici antitumorali sono farmaci impiegati nel trattamento di patologie neoplastiche (tumori o cancro) nell'ambito di quella che si definisce come chemioterapia antineoplastica.

La chemioterapia si avvale di varie tipologie di farmaci, che variano per target (bersaglio) e meccanismo d'azione. Sulla base di questi due criteri, i farmaci chemioterapici possono essere classificati in differenti modi.

Nota: quelli citati nei successivi capitoli sono solo alcuni dei molti farmaci ad oggi disponibili per la chemioterapia antitumorale. Lo scopo di tale articolo è fornire una panoramica generale delle principali categorie di chemioterapici antitumorali e dei loro meccanismi d'azione.

Farmaci Chemioterapici Antitumorali Shutterstock

Agenti alchilanti

Gli agenti alchilanti sono chemioterapici che agiscono formando legami con il DNA; così facendo ne impediscono la replicazione e, secondariamente, ne alterano la trascrizione in RNA. In questo modo provocano il blocco della sintesi proteica e la cellula va incontro al meccanismo di morte programmata definito apoptosi.

Gli agenti alchilanti sono dose-dipendenti, ossia la percentuale di cellule tumorali che muoiono è direttamente proporzionale alla quantità di farmaco utilizzato.

Fanno parte di questa categoria:

Per approfondire: Agenti alchilanti: cosa sono e quando si usano

Agenti antimetaboliti

Gli agenti antimetaboliti interferiscono con la sintesi di DNA, inibendo la formazione dei nucleotidi (le unità che lo compongono). Se gli intermedi nucleotidici non possono essere sintetizzati, la sintesi del DNA viene definitivamente interrotta e si assiste a un arresto della crescita tumorale.

Inoltre, molte di queste molecole possiedono una struttura molto simile a quella dei nucleotidi endogeni (i normali nucleotidi presenti nella cellula) e possono sostituirsi ad essi nella nuova catena di DNA, impedendone la corretta formazione.

Fanno parte di questa categoria:

Per approfondire: Agenti Antimetaboliti: quali sono e come agiscono?

Agenti antimitotici

Gli agenti antimitotici sono chemioterapici che agiscono durante la fase di divisione cellulare (mitosi), in particolare nella fase in cui il DNA neosintetizzato deve ripartirsi fra le due cellule figlie. La ripartizione del materiale genetico fra le cellule avviene grazie al fuso mitotico, una struttura complessa costituita da particolari proteine chiamate microtubuli.

Molti di questi farmaci chemioterapici derivano da molecole naturali che sono state isolate per la prima volta da piante. Le categorie di farmaci più conosciute appartenenti a questa categoria sono:

  • Gli alcaloidi della vinca e loro analoghi: agiscono impedendo la formazione dei microtubuli e del suddetto fuso mitotico; possono essere di origine sia naturale che sintetica. Fra quelli di origine naturale si trovano vincristina e vinblastina, isolate per la prima volta da Catharantus roseus (altrimenti conosciuta come pervinca del Madagascar). Fra i derivati sintetici ritroviamo la vinorelbina, la vindesina e la vinflunina.
  • taxani e loro derivati: questi farmaci svolgono un'attività opposta a quelli sopra menzionati, ossia impediscono il disassemblaggio dei microtubuli e del fuso mitotico. Di questa classe fa parte la molecola naturale paclitaxel, isolata per la prima volta dalla corteccia di una conifera del pacifico (Taxus brevifolia). Fra i derivati dei taxani ritroviamo, invece, il docetaxel e il cabazitaxel.

Inibitori delle topoisomerasi I e II

Le topoisomerasi I e II sono enzimi che rivestono un ruolo fondamentale nell'avvolgimento e nello svolgimento della doppia elica di DNA durante la trascrizione o la replicazione dello stesso.

A questa categoria di farmaci appartengono le epipodofillotossine; si tratta di derivati semisintetici della podofillotossina, una molecola che si estrae dalle radici secche della pianta Podophyllum peltatum. Le epipodofillotossine inibiscono la topoisomerasi di tipo II, ostacolandone di conseguenza il normale funzionamento. Fra i derivati della podofillotossina di questo tipo ancora oggi usati in terapia ritroviamo l'etoposide.

La topoisomerasi di tipo I è, invece, inibita dalle campotecine. Il capostipite di questa classe di farmaci è la molecola naturale campotecina, isolata per la prima volta dalla corteccia di Camptotheca acuminata. Ricerche condotte su tale molecola hanno portato alla sintesi di suoi derivati, fra cui il topotecan e l'irinotecan.

Antibiotici citotossici

Questi chemioterapici sono farmaci antibiotici ad azione citotossica e per questo vengono impiegati nel trattamento di patologie neoplastiche.

Gli antibiotici citotossici sono in grado di bloccare la trascrizione del DNA inducendo mutazioni all'interno dello stesso e/o inibendo enzimi fondamentali coinvolti nel suo processo replicativo.

Fanno parte di questa categoria le antracicline (fra cui la doxorubicina, l'epirubicina, l'idarubicina e la daunorubicina) e i derivati antraciclinici come il mitoxantrone e il pixantrone.

I meccanismi con i quali le antracicline agiscono sono multipli, poiché sono in grado di intercalarsi (inserirsi) all'interno del doppio filamento di DNA, di generare radicali liberi molto reattivi (che danneggiano le molecole presenti all'interno delle cellule) e di inibire la topoisomerasi di tipo II. Alcuni principi attivo possono anche sottoporre direttamente il DNA ad alchilazione.

Altri antibiotici citotossici impiegati in chemioterapia sono:

  • L'actinomicina (anche nota come dactinomicina) è una molecola complessa in grado di intercalarsi nel DNA impedendo la sintesi di RNA. È utilizzata nel trattamento del tumore di Wilms (o neuroblastoma, un tipo di tumore al surrene), del cancro al testicolo e del rabdomiosarcoma (tumore maligno che si sviluppa nei tessuti connettivi).
  • La bleomicina è una molecola naturale isolata per la prima volta dal batterio Streptomyces verticillus. È in grado sia di intercalarsi nel DNA, sia di danneggiarlo grazie alla formazione di radicali liberi estremamente reattivi.
  • La mitomicina svolge la medesima funzione degli agenti alchilanti: instaura quindi legami col DNA impedendone la replicazione; inoltre, è in grado di produrre radicali liberi citotossici. È impiegata nel trattamento di diversi tipologie di carcinoma.

Altri chemioterapici antitumorali

Nell'ambito della chemioterapia si può ricorrere anche all'uso di farmaci non menzionati finora. Fra questi, ricordiamo:

  • Il metotrexato, appartenente alla categoria degli antineoplastici e immunomodulatori. Si tratta di un inibitore della sintesi dell'acido folico impiegato nel trattamento di diversi tipi di tumore, ma anche nel trattamento di alcune patologie infiammatorie e autoimmuni.
  • L'olaparib, un inibitore dell'enzima PARP (poli adenosina difosfato-ribosio polimerasi o poli ADP-ribosio polimerasi) che trova impiego nel trattamento di alcune forme di tumore dell'ovaio e di tumore della mammella.
  • La temozolomide, un chemioterapico impiegato nel trattamento del glioma maligno e del glioblastoma multiforme. Si ritiene che il principio attivo espleti la sua azione terapeutica principalmente attraverso un'azione alchilante nei confronti del DNA.
  • L'eribulina, appartenente alla classe degli agenti antineoplastici delle alicondrine. Più precisamente, si tratta di un analogo sintetico dell'alicondrina, una sostanza naturale isolata dalla spugna marina Halichondria okadai. Esercita la sua azione inibendo la fase di accrescimento dei microtubuli e sequestrando la tubulina in aggregati non produttivi, determinando così un blocco prolungato e irreversibile della mitosi che porta alla morte cellulare.

Altri approcci chemioterapici

Terapia ormonale

Gli ormoni sono utilizzati soprattutto per le neoplasie che coinvolgono organi e tessuti ad essi sensibili. Esempi di queste patologie sono il cancro al seno estrogeno-dipendente, il cancro endometriale e il cancro metastatico della prostata, la cui crescita dipende dalla presenza di ormoni sessuali.

Gli antiestrogeni (ad esempio, tamoxifene), i derivati del progesterone (ad esempio, megestrolo acetato) e gli antiandrogeni (ad esempio, flutamide) sono impiegati per il trattamento di tumori ormono-dipendenti e sono spesso utilizzati dopo l'intervento chirurgico, la radioterapia e/o altra chemioterapia.

glucocorticoidi (come prednisone e metilprednisolone) sono comunemente somministrati insieme ad agenti antitumorali per sopprimere l'attività linfocitica e tentare di aumentare la probabilità di successo nel trattamento di leucemie e linfomi.

In altri casi, gli ormoni possono essere utilizzati come vettori (cioè come veicolo) per farmaci antitumorali; è questo l'esempio dell'estramustina. Questo farmaco deriva dall'unione di una mostarda azotata (un agente alchilante) con l'ormone estradiolo; quest'ultimo è utilizzato come vettore per far sì che il farmaco si distribuisca, in maniera selettiva e specifica, nel tessuto prostatico. L'estramustina viene impiegata per la cura palliativa del cancro prostatico progressivo.

Terapia enzimatica

Questo tipo di approccio prevede l'utilizzo di enzimi come trattamento da associarsi alla classica chemioterapia.

Più precisamente, è questo il caso della L-asparaginasi, un enzima in grado di metabolizzare l'amminoacido asparagina. Tale enzima è stato approvato per l'impiego come componente di una terapia di associazione antineoplastica; difatti, esso e le sue forme coniugate possono rientrare nella composizione di veri e propri farmaci impiegati con questa indicazione terapeutica e, più precisamente, per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta.

L'asparagina esogena (non prodotta dall'organismo ma assunta, ad esempio, con l'alimentazione) è un amminoacido essenziale per la crescita delle cellule tumorali linfoblastiche, poiché esse possiedono una capacità molto limitata di sintetizzarla. Le cellule sane, al contrario, possiedono tutti gli enzimi necessari per la sua sintesi. La strategia terapeutica consiste nel somministrare l'enzima L-asparaginasi, che degrada l'asparagina esogena privando così le cellule tumorali di una molecola per loro indispensabile. Le cellule sane, invece, essendo in grado di produrla autonomamente, riescono a sopportare meglio la terapia.

Prospettive future

A causa dei numerosi e importanti effetti collaterali causati dalla chemioterapia e del sempre più frequente sviluppo di resistenza ai trattamenti da parte delle cellule tumorali, la ricerca di nuovi ed innovativi farmaci è costantemente attiva.

Lo scopo della ricerca è di ottenere farmaci che siano efficaci in maniera specifica e selettiva per le cellule maligne e che non siano soggetti al fenomeno di resistenza multi-farmaco.
A tal proposito, destano particolare interesse i cosiddetti farmaci ibridi. Questi farmaci sono costituiti da un'unica molecola, ottenuta legando insieme duo o più farmaci che possiedono tutti, o solo alcuni, attività antitumorale. I potenziali vantaggi, rispetto alla chemioterapia antineoplastica di combinazione basata su cocktail, possono essere:

  • Possibile riduzione della tossicità;
  • Miglior direzionamento di uno o più componenti verso il target terapeutico (il bersaglio della terapia antitumorale), grazie alle caratteristiche di uno degli elementi che costituiscono il farmaco ibrido;
  • Possibile inibizione dell'insorgenza del fenomeno di resistenza alla chemioterapia, mantenendo comunque l'attività di ogni singolo componente;
  • Miglior predisposizione da parte del paziente, che deve assumere un minor numero di medicinali.

Autore

Ilaria Randi

Ilaria Randi

Chimica e Tecnologa Farmaceutica
Laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, ha sostenuto e superato l’Esame di Stato per l’Abilitazione alla Professione di Farmacista