Ultima modifica 08.01.2019

Caratteristiche ed impiego come Dolcificante

Il nome saccarina deriva dal latino "Saccharum" che significa zucchero.
Commercialmente è disponibile in tre forme: acido saccarinico, saccarina di sodio e saccarina di calcio. Come pioniere dei dolcificanti alternativi, la saccarina ha avuto una storia senz'altro travagliata, ma è l'unico edulcorante di sintesi ad essere stato usato in tutto il mondo per più di un secolo.

SaccarinaLa saccarina è stata scoperta dai chimici Remsen e Fahlberg nel lontano 1878; la sua scoperta è stata un caso di "serendipity" (o serendipità in italiano: scoperta fortuita e imprevista fatta mentre se ne sta rincorrendo un'altra).

La saccarina acido esiste come polvere cristallina bianca; si tratta di un acido moderatamente forte e lievemente solubile in acqua. Tuttavia, considerato l'elevato potere edulcorante (200-600 volte superiore a quello del saccarosio), la lieve solubilità è comunque sufficiente a giustificarne l'impiego come dolcificante.
In commercio esistono tre forme di saccarina, come acido, come sale di sodio e come sale di calcio. La forma più usata è quella di sale sodico, a causa della maggiore stabilità e solubilità (500 volte superiore dell'acido a 20°C). Più raramente si ricorre al sale di calcio, in particolare da parte di chi segue una dieta povera di sodio.

 

MISCELE BINARIE DI

SACCARINA E:

EFFETTO SUL POTERE

DOLCIFICANTE

Aspartame

Sinergico

Acesulfame K

Additivo

Ciclamato

Sinergico

Sucralosio

Sinergico

Alitame

Sinergico

Saccarosio

Sinergico

Fruttosio

Sinergico

 

La saccarina e i suoi sali non mostrano alcuna rilevabile decomposizione, anche per periodi molto lunghi; un altro grosso vantaggio è l'elevata stabilità in un vasto range di pH, per cui il loro gusto non viene alterato né la dolcezza modificata. Per avere un'idea della sua stabilità, la saccarina è stabile in soluzioni tampone a pH da 3.3 a 8.0 dopo un'ora a 150°C. Solo in condizioni estreme di pH e temperatura si decompone in acido 2-sulfobenzoico e acido 2-sulfammoilbenzoico.

La saccarina e i suoi sali possono essere impiegati in una grande varietà di cibi, bevande, cosmetici e prodotti farmaceutici, come dolcificanti non calorici, sicuri ed economici. Nell'industria alimentare viene addizionata a bevande soft, succhi di frutta, chewing gum, gelatine, marmellate, decorazioni, salse e condimenti lavorati a base di frutta; in quella dietetica rientra nella composizione di dolcificanti in forma di tavolette, polveri o liquidi. Presenta tuttavia un retrogusto amaro-metallico, specialmente ad elevate concentrazioni.

Sicurezza d'uso ed Effetti Collaterali

La saccarina non è metabolizzata dall'organismo umano; non sono stati mai riscontrati prodotti derivanti dal suo metabolismo anche in tracce minime o comunque rilevabili con le moderne tecniche analitiche. Una volta assunta, viene rapidamente assorbita (90% circa) e come tale escreta con le urine senza essere metabolizzata. Non influenza i livelli glicemici e non fornisce alcuna energia all'organismo; è quindi indicata come dolcificante nelle diete ipocaloriche ed in quelle per diabetici. Non favorisce inoltre la carie dentale.

La saccarina è stata oggetto di lunghi dibattiti. Benché la totalità degli studi disponibili ne dimostri la sicurezza alle dosi di consumo usuali, sono stati sollevati molti dubbi circa la sua tossicità. Le controversie sono legate soprattutto ad alcune ricerche che hanno dimostrato la correlazione con il cancro alla vescica in ratti maschi trattati con dosi elevate di saccarina sodica. Tuttavia, studi estensivi effettuati sull'uomo hanno dimostrato che non esiste alcuna correlazione tra cancro alla vescica e assunzione di saccarina (ai livelli di consumo usuali).
Nel 1977 la FDA bandì la saccarina sulla base degli studi condotti sui ratti; questa posizione è stata successivamente rivista negli anni novanta dalle opportune commissioni mondiali per la tutela della sanità, per cui oggi la saccarina è stata pienamente riconsiderata tra i dolcificanti. Prudenza in gravidanza per la sua capacità di attraversare la placenta.