Ultima modifica 26.04.2020

Introduzione

La Schisandra chinensis, conosciuta anche con il nome di Schizandra, è un arbusto nativo orientale, diffuso soprattutto nel Nord-est della Cina ed in Korea, ma presente anche nel territorio russo.


Schizandra

Prediligendo ambienti umidi, la Schizandra cresce bene su suoli ricchi in humus, dove dà origine a piccoli frutti rossi, noti in cinese come wu wei zin o “frutto dai cinque sapori”. Queste bacche vengono classicamente utilizzate a scopo alimentare come frutta secca, piuttosto che nella preparazione di infusi, , vini ed altre bevande.
Già nell'antica medicina tradizionale cinese, le bacche di Schizandra venivano utilizzate come efficienti adattogeni (grazie alla presunta capacità di migliorare le capacità psico-fisiche, soprattutto nei periodi di forte stress) e come tonici per organi emuntori come il fegato.
In Russia, invece, le bacche di Schizandra venivano prevalentemente utilizzate per migliorare la performance mentale, in particolare la concentrazione, la coordinazione ed il livello attenzione.
Nonostante gli ampi usi descritti nella medicina tradizionale, solo negli ultimi anni è stato possibile individuare i principi attivi presenti in questa pianta, caratterizzandone l'efficacia biologica.

I principi attivi

Diversi studi di farmacocinetica, insieme a numerosi lavori di caratterizzazione cromatografica e spettrometrica, hanno permesso di indentificare solo alcune delle molecole biologicamente attive presenti nella Schizandra.
Gran parte delle attività biologiche di questa pianta sarebbero riconducibili alla presenza, nei semi dei suoi frutti, di oltre 40 lignani, come la Schizandrina, la DeossiSchizandrina, la Gomosina e la Deossigomisina.
Ai suddetti si aggiungerebbero altri principi attivi presenti nell'olio essenziale - come il Borneolo, l'Alfa ed il beta-pinene, il Sesquicarene ed il Para-cimolo - oltre a varie molecole di interesse nutrizionale, come l'acido citrico e malico, la vitamina A, la vitamina C, la vitamina E, il stigmasterolo, alcuni alcaloidi e numerosi altri antiossidanti.

Utilizzi - Evidenze Scientifiche

Oggi la Schizandra viene utilizzata, soprattutto nell'est-Europa, anche in ambito clinico.
Ben documentati sono infatti:

  • Gli effetti sul metabolismo e sulla salute epatica; la Schizandra si sarebbe rivelata particolarmente utile sia nel prevenire eventuali danneggiamenti istologici degli epatociti, sia nel normalizzarne l'attività. Dagli innumerevoli dati presenti in letteratura, raccolti su pazienti sottoposti a terapie immunosoppressive con potenziale epatotossico e su altri affetti da epatite, la Schizandra si sarebbe rivelatia preziosa nel ridurre le concentrazioni ematiche di transaminasi, nell'aumentare l'attività epatica dell'enzima antiossidante Glutatione, nel ridurre gli effetti deleteri di epatotossine e nel prevenire la degenerazione funzionale e biologica degli epatociti. Tali attività sarebbero da ricondurre principalmente ai lignani.
  • Gli effetti antinfiammatori, osservati sia su modelli sperimentali che in trial clinici. La somministrazione di Schizandra, anche per pochi giorni, si sarebbe rivelata efficace nel ridurre le concentrazioni ematiche di marcatori infiammatori come la proteina C reattiva, nell'inibire l'aggregazione piastrinica e nell'accelerare i tempi di guarigione in corso di affezioni infiammatorie cutanee.
  • Gli effetti adattogeni, molto richiesti in ambito sportivo, perché efficaci nel migliorare ed aumentare la capacità di sforzo, la durata sostenibile dello sforzo, i tempi di reazione, le capacità di concentrazione e nel facilitare i tempi di recupero. Allo stesso tempo, l'importante attività immunomodulante risulterebbe preziosa nel sostenere la normale funzionalità del sistema immunitario, soprattutto in periodi di forte stress-psicofisico, riducendo così il rischio di overtraining, molto diffuso tra gli atleti.
  • Gli effetti antiossidanti, preziosi nel proteggere le cellule dall'azione lesiva delle specie reattive dell'ossigeno. Tali attività, oltre ad un importante effetto protettivo cardiovascolare, sembrerebbero preziose in corso di patologie ossidative della retina, patologie su base autoimmune, patologie neurodegenerative e nell'invecchiamento cellulare.
    Per questo motivo la Schizandra è oggi utilizzata con successo nell'healty aging ed in generale nella medicina antiaging.
  • Gli effetti neuroprotettivi, osservati soprattutto in modelli sperimentali, che vedrebbero la Schizandra impegnata attivamente nella protezione dal danno neuronale nonché nel miglioramento di alcuni disturbi, quali depressione e ansia.

Alle suddette attività se ne aggiungerebbero anche altre, tuttavia non ancora del tutto caratterizzate e per questo non trattate in questo articolo.

Modalità d'uso

I dosaggi di Schizandra, attualmente proposti, dipendono fortemente dalle modalità d'assunzione nonché dalla titolazione in Lignani ed in particolare in Schizandrina.
Oltre a tè, estratti liquidi e succhi, sono oggi presenti in commercio numerosi integratori in capsule o in sciroppo.
In questi casi, soprattutto per le finalità adattogene, si consiglia generalmente l'assunzione di 500 - 2000 mg di estratto di Schizandra al giorno.
Differenti sono invece i dosaggi utilizzati in ambito clinico, ad esempio in corso di epatopatie.

Effetti collaterali e controindicazioni

L'American Herbal Product Association classifica la Schizandra tra le piante appartenenti alla prima categoria, ossia tra le piante che possono essere consumate in sicurezza se usate appropriatamente.
Tuttavia, da un'attenta disamina della letteratura, in seguito all'uso di Schizandra, emergerebbero possibili effetti collaterali, soprattutto di natura gastroenterica, quali pirosi gastrica, dispepsia, diarrea, inappetenza e nausea.
Più rara, fortunatamente, è l'incidenza di effetti collaterali degni di nota, come ipoglicemia, sanguinamenti, cefalee e reazioni allergiche.
L'uso di questa pianta risulterebbe inoltre fortemente controindicato durante la gravidanza (per l'aumentata incidenza di malformazioni fetali osservate in modelli sperimentali) ed in corso di terapie farmacologiche (data la capacità dei principi attivi in essa contenuti di alterare la normale attività degli enzimi citocromiali CYP3A4 e CYP1A2, direttamente impegnati nel metabolismo di numerosi farmaci).

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Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer