Indice glicemico: cos’è? Da cosa dipende?
Cos'è l'indice glicemico?
L'indice glicemico (IG) esprime la capacità dei carboidrati contenuti negli alimenti di innalzare la glicemia.
Più precisamente, si definisce indice glicemico di un dato alimento l'area incrementale sottesa dalla curva glicemica, causata dall'assunzione di una porzione di 50 g di carboidrati dell'alimento - espressa come percentuale (%) dell'area incrementale sottesa dalla curva glicemica - rispetto all'assunzione di 50 g di glucosio (al quale corrisponde il 100%).
Nota: in passato si è utilizzato anche il pane bianco al posto del glucosio.
Pertanto, un alimento con indice glicemico 50 innalza la glicemia con una velocità del 50% rispetto a quella del glucosio; in pratica, è due volte più lento.
Lo studio dell'indice glicemico nacque – ormai parecchi decenni orsono – con l'intento di trovare una correlazione tra l'attitudine ad incrementare eccessivamente la glicemia dopo i pasti e il peggioramento dello stato di salute generale.
Tuttavia, come scopriremo di seguito, la correlazione tra indice glicemico e salute non ben definita, e il consumo di cibi con queste caratteristiche – in porzioni e con frequenza ragionevoli – non sembra contrapporsi ai crismi di un'alimentazione equilibrata.
Da cosa dipende
L'indice glicemico degli alimenti è influenzato in primo luogo da vari fattori. Alcuni di questi riguardano la natura chimica dei carboidrati in essi contenuti, altri la compresenza di altri nutrienti o fattori nutrizionali.
Caratteristiche dei carboidrati che incidono sull'indice glicemico
Il glucide con maggior indice glicemico è il glucosio in forma monomerica, perché non richiede digestione, viene assorbito facilmente e può essere metabolizzato così com'è; le cellule del nostro organismo, infatti, "funzionano" principalmente a glucosio. Diverso è, invece, per gli altri monosaccaridi come il fruttosio e il galattosio che, per essere impiegati a scopo energetico, devono essere convertiti in glucosio dall'organismo – più precisamente nel fegato. Il tempo impiegato per questo processo enzimatico rallenta l'indice glicemico. Ecco perché il fruttosio e il galattosio, ma come vedremo anche i loro polimeri (e di conseguenza, pure i cibi), hanno un indice glicemico inferiore a quello del glucosio.
Lo Sapevi che…
Sono disaccaridi digeribili:
- Maltosio = glucosio + glucosio
- Lattosio = glucosio + galattosio
- Saccarosio = glucosio + fruttosio
È un esempio di oligosaccaride digeribile:
- Maltotriosio = glucosio + glucosio + glucosio
Sono polisaccaridi digeribili:
Tuttavia il glucosio monomolecolare non è facilmente reperibile negli alimenti; più spesso, si trova in forma polimerica – anche con altri monosaccaridi – in glicidi complessi come disaccaridi, oligosaccaridi e polisaccaridi. L'indice glicemico dei carboidrati complessi dipende in parte dalla percentuale di glucosio rispetto agli altri monosaccaridi, ma anche – e talvolta soprattutto – dal tipo di legame chimico instaurato tra i monosaccaridi e dalla lunghezza delle catene.
Questo perché l'organismo può usufruire dei monosaccaridi contenuti nei polisaccaridi solo previo la digestione – che sfrutta l'azione di speciali enzimi idrolitici – e l'assorbimento.
Approfondimento
In merito all'assorbimento dei monosaccaridi, rammentiamo che glucosio e galattosio entrano nelle cellule intestinali, e poi nel sangue, grazie all'opera di un trasportatore chiamato SGLT1 (acronimo dell'inglese Sodium-dependent GLucose coTransporter 1); il fruttosio invece, può accedere per mezzo di diffusione facilitata.
Le catene lineari di glucosio, per esempio, sono vincolate da legami alfa-1,4 (nome che deriva dalla posizione in cui viene instaurato, ovvero tra il carbonio 1 di una molecola e il 4 dell'altra). Se a questi polimeri semplici vengono aggiunte catene in posizione laterale, i legami sono di tipo alfa 1,6.
Approfondimento
I legami tipo beta, come quelli presenti in molti tipi di fibra alimentare (come il glucano noto come cellulosa), non possono essere digeriti efficacemente dall'organismo umano.
Poiché gli enzimi iniziano l'idrolisi ai vertici delle catene, più brevi sono i segmenti e più ramificata è la struttura, più rapidamente avviene la digestione, l'assorbimento e superiore è l'indice glicemico; un esempio eclatante è quello dell'amilopectina. Viceversa, un'unica struttura lineare – composta solo da monomeri in serie con legami alfa 1,4 – come l'amilosio, avrà tempi di elaborazione maggiori e un indice glicemico inferiore. Nota: amilosio e amilopectina sono due componenti dell'amido, idrato di carbonio con funzione di riserva tipicamente vegetale. Negli organismi di origine animale invece, è presente il glicogeno.
In linea di massima, si dice che i glucidi "tanto più sono semplici e raffinati, tanto superiore è l'indice glicemico". Non mancano tuttavia le eccezioni; per esempio, studi sperimentali hanno dimostrato come alcuni polimeri del glucosio vengano assorbiti più rapidamente rispetto al glucosio. Gli zuccheri semplici, infatti, se assunti ad alte dosi, richiamano acqua nel lume del digerente (effetto osmotico) rallentando i tempi di svuotamento e di assorbimento.
Caratteristiche dell'alimento e del pasto che incidono sull'indice glicemico
L'indice glicemico di un alimento o di un pasto non dipende solo dalle caratteristiche dei carboidrati. Incide pesantemente sulla velocità di ingresso del glucosio nel sangue anche la presenza di proteine, grassi, fibre e acqua.
Grassi, proteine (soprattutto associati tra loro), fibre e troppa o poca acqua, rallentano la digestione – soprattutto i tempi di svuotamento gastrico – e la digestione, diminuendo l'indice glicemico del pasto.
FIBRE | GRASSI | PROTEINE |
Le fibre idrosolubili rallentano l'assorbimento di glucosio a livello intestinale. Esse sono pertanto in grado di mantenere la glicemia costante per lunghi periodi | La digestione di un alimento contenente grassi è rallentata; di conseguenza i carboidrati che contiene vengono assorbiti più lentamente. A prova di ciò basta confrontare l'indice glicemico del latte scremato (IG=32) e di quello intero (IG=27) | L'indice glicemico diminuisce se si aggiungono proteine ad un alimento. Le proteine hanno infatti effetti molto simili a quelli di grassi e fibre. Pur avendo un basso indice glicemico, gli alimenti ricchi di proteine presentano un medio indice insulinico |
Paradossalmente, una porzione o un pasto molto abbondante ha un indice glicemico inferiore rispetto ad uno più piccolo. Questo perché i cibi non sono composti da singoli nutrienti, ma hanno una certa complessità. In base alla composizione chimica, per la digestione si richiedono pH diversi. Inoltre, molto substrato necessita un'alta quantità di enzimi. Tuttavia, come vedremo in seguito, nella pratica questo aspetto non trova alcuna applicabilità.
Possono incidere sull'indice glicemico anche la cottura, che se ben applicata migliora la digeribilità, la masticazione e la soggettività nella digestione.
Esempi di cibi con alto, medio e basso indice glicemico
Riportiamo di seguito alcuni esempi di alimenti con alto, medio e basso indice glicemico.
- Alimenti ad alto indice glicemico: sciroppo di glucosio, miele, pane bianco, patate cereali, cereali per la prima colazione semplici, uva, banane mature, carote, riso bianco bollito
- Alimenti a medio indice glicemico: pane integrale, pasta (gli spaghetti hanno quello più basso), mais lessato, arance, cereali integrali per prima colazione, riso brillato bollito.
- Alimenti a basso indice glicemico: fruttosio semolato, yogurt, piselli, mele, pesche, fagioli bolliti, noci, riso parboiled lessato, latte.
I numerosi fattori che influenzano l'indice glicemico rendono difficile determinare questo dato con precisione. È pertanto bene diffidare delle tabelle che propongono un indice glicemico fisso per un alimento. Sarebbe più corretto affermare, per esempio, che l'indice glicemico del pane varia da 50 per quello integrale a 100 o più per quello realizzato con farine molto raffinate. E ancor più nello specifico, per il pane integrale l'indice glicemico può variare da 45 a 55 a seconda del contenuto in fibre della farina.
Per approfondire: Valori Indice GlicemicoA cosa serve comprendere l'indice glicemico del pasto?
A ben poco. Questo perché, in realtà, l'indice glicemico non è correlato tanto quanto ci si potrebbe aspettare al sovrappeso e alle patologie metaboliche. Sembrano avere molta più rilevanza:
- Carico glicemico
- Indice insulinico
- Carico insulinico.
Procediamo con ordine.
Perché l'indice glicemico non è un buon indicatore di dieta sana ed equilibrata
La valutazione dell'indice glicemico nacque con l'intento di trovare un'eventuale correlazione tra il consumo di cibi con elevata capacità di aumentare il glucosio nel sangue e alcune patologie come sovrappeso, disordini del metabolismo del glucosio, dei grassi e tutte le complicanze annesse come una maggior predisposizione all'aterosclerosi (responsabile anche dell'infarto del miocardio).
Tuttavia, l'unica correlazione evidente è tra le suddette malattie e l'iperglicemia patologica – che ovviamente ha non poche conseguenze biochimiche, ormonali e metaboliche. Attenzione però, l'iperglicemia patologica non dev'essere confusa con l'iperglicemia post prandiale, ovvero quella che naturalmente compare dopo mangiato per poi diminuire nel giro di poco tempo. La differenza è che quella patologica, oltre ad essere più elevata, rimane molto a lungo creando disordini biochimici e metabolici – soprattutto nel lungo termine.
L'iperglicemia patologica può avere degli effetti deleteri sull'omeostasi metabolica. In primis, stimola eccessivamente il rilascio di insulina (iperinsulinemia), ormone anabolico e ipoglicemizzante che favorisce la glicogenosintesi, la liposintesi e il deposito dei trigliceridi nel tessuto adiposo. Per di più, l'iperglicemia patologica ha effetti negativi di glicazione delle lipoproteine di trasporto (glicosilazione non enzimatica), che ha risvolti particolarmente negativi quando interessa le LDL (colesterolo cattivo) perché, compromettendole, favorisce l'ipercolesterolemia. Non di meno, l'eccesso di glucosio, non venendo utilizzato, viene convertito in grassi e determina ipertrigliceridemia.
Un eccesso insulinico, quasi sempre dovuto ad iperglicemia patologica, si correla alla comparsa di obesità, ridotta tolleranza al glucosio e insulino resistenza, diabete mellito tipo 2 e ipertrigliceridemia. L'aumento di peso è dovuto sia all'azione anabolica dell'insulina sul tessuto adiposo (che comunque richiede la disponibilità di nutrienti in eccesso con i pasti), sia ad un'alterazione del metabolismo della leptina.
Approfondimento
La leptina è un ormone proteico secreto dal tessuto adiposo che ha un ruolo importante nella regolazione dell'ingestione e della spesa calorica, poiché regola il senso di sazietà (mentre l'appetito è regolato dalla grelina). La leptina viene stimolata dall'insulina, ed è la principale ragione per la quale dopo i pasti diminuisce l'appetito. Tuttavia, in presenza di insulino resistenza questo meccanismo viene compromesso e nonostante i pasti l'appetito rimane attivo. Certe forme di obesità possono essere dovute a una deficienza di leptina, e ad oggi si stanno ricercando eventuali forme di resistenza specifica.
Detto ciò, siamo davvero sicuri che sia l'indice glicemico a favorire un aumento della velocità e della quantità di insulina nel sangue? La risposta è no. Semplicemente perché, per quanto veloce possa essere l'ingresso del glucosio nel sangue, l'entità della glicemia è dovuta soprattuto alla quantità di glucosio ricavabile dall'alimento o dal pasto in corso di digestione-assorbimento. La quantità di glucosio ricavabile da un alimento o da un pasto è detto carico glicemico.
In definitiva, l'iperglicemia e il conseguente indice e carico insulinico, in un pasto a base di soli carboidrati, sono vincolati al carico glicemico, non all'indice glicemico. Per intenderci, inutile scegliere di mangiare fagioli a basso indice glicemico invece del riso bianco ad alto indice glicemico, se la porzione è comunque troppo elevata.
Indice e carico glicemico VS indice e carico insulinico
Ora ci potremmo domandare: Il carico glicemico è sufficiente a poter valutare se un pasto avrà conseguenze negative sull'insulinemia? No.
Non tutti sanno che la glicemia aumenta anche dopo l'assunzione di cibi senza carboidrati; la neoglucogenesi, processo adottato dal fegato per ottenere glucosio in maniera indiretta (da amminoacidi, glicerolo, acido lattico), serve proprio per contribuire a mantenere sufficienti i livelli glicemici anche senza la disponibilità di alimenti glucidici. Se aumenta la glicemia, aumenta di conseguenza anche l'insulinemia. Un altro aspetto tutt'altro che trascurabile è la secrezione di insulina non viene stimolata solo dalla presenza di glucosio nel sangue, ma anche da alcuni amminoacidi e acidi grassi.
Tutto ciò significa che l'insulinemia può essere incrementata notevolmente anche mangiando cibi contenenti solo proteine e grassi. In definitiva, ai fini di un'alimentazione sana ed equilibrata, ha decisamente maggior senso considerare l'indice insulinico, ovvero la rapidità con la quale aumenta l'insulinemia dopo un pasto, e il carico insulinico, cioè la quantità di insulina prodotta complessivamente dopo un pasto, piuttosto dell'ormai superato indice glicemico.
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