Carboidrati e ipoglicemia
Il tessuto muscolare scheletrico e quello adiposo, che nel loro insieme costituiscono circa il 60% della massa corporea, sono chiamati tessuti insulinodipendenti. Tale termine gli è stato attribuito per la loro capacità di assorbire glucosio dal sangue soltanto in presenza di adeguate concentrazioni insuliniche. In altri termini, se manca l'insulina il glucosio non riesce ad entrare nelle cellule muscolari ed adipose.
A dire il vero, esclusivamente quando sono attive, le cellule muscolari hanno la capacità di captare il glucosio anche in assenza di insulina. Si tratta di un notevole vantaggio, che assicura al muscolo un adeguato apporto di glucosio per sostenere sforzi fisici intensi e di breve durata. Lo stesso fenomeno è particolarmente favorevole per le persone diabetiche che, pur avendo deficit insulinici qualitativi e quantitativi, grazie all'attività fisica quotidiana possono tenere sotto controllo i valori glicemici, riducendo le dosi farmacologiche.
La concentrazione di insulina nel sangue scarseggia durante il digiuno, quando la glicemia scende al di sotto dei valori normali. In simili condizioni circa il 60% della massa corporea non consuma il glucosio, ma ricorre prevalentemente all'ossidazione degli acidi grassi. Tale fenomeno ha lo scopo di risparmiare lo zucchero, in modo da garantire un adeguato apporto di glucosio ai tessuti insulino indipendenti (insensibili, cioè, all'assunzione insulinica). In questi tessuti, primo tra tutti quello nervoso, il glucosio entra tranquillamente anche in assenza di insulina.
Quando la glicemia scende al di sotto dei valori normali (70-80 mg/dl) si parla di ipoglicemia. In risposta a questa condizione vengono secreti vari ormoni, tra cui ricordiamo il glucagone e l'adrenalina. Il loro principale bersaglio è il fegato, dove stimolano enzimi deputati alla degradazione del glicogeno. Così, attingendo alle riserve glucidiche, il fegato può riversare glucosio nel sangue e riequilibrare la glicemia.
Dato che le scorte epatiche di glicogeno sono limitate (al massimo 100-120 grammi), l'organismo è costretto a ricorrere a strategie ausiliarie per garantire ai tessuti insulinoindipendenti il giusto apporto di glucosio. Oltre a favorire la degradazione epatica del glicogeno, glucagone e adrenalina stimolano un ulteriore processo, chiamato gluconeogenesi. Attraverso una serie coordinata di reazioni enzimatiche che si svolgno a livello epatico, questi ormoni stimolano la sintesi ex-novo di glucosio a partire da: glicerolo, acido lattico e aminoacidi.
Il glicerolo, insieme agli acidi grassi, è uno dei prodotti di degradazione dei trigliceridi. L'ossidazione di questi substrati è particolarmente attiva durante il digiuno, poiché in tali condizioni i grassi rappresentano la fonte energetica principale dei tessuti insulunodipendenti.
L'acido lattico si forma quando i muscoli lavorano in condizioni di scarso apporto di ossigeno. Un uomo adulto normalmente attivo produce circa 120 grammi di acido lattico al giorno; di questi 40 g sono prodotti dai tessuti aventi un metabolismo esclusivamente anaerobio (retina e globuli rossi) i rimanenti da altri tessuti (soprattutto muscolare) in base all'effettiva disponibilità di ossigeno.
Anche alcuni aminoacidi, circolanti nel sangue o provenienti dalla degradazione delle proteine muscolari (come alanina, glicina, acido glutammico e aminoacidi ramificati), vengono trasformarti in glucosio a livello epatico.