I principali prodotti derivanti dalla digestione e dall'assorbimento intestinale dei carboidrati sono il glucosio, il galattosio ed il fruttosio. Attraverso la vena mesenterica e la vena porta questi zuccheri giungono nei capillari epatici, dove vengono trattenuti in grande quantità.
E' proprio a livello epatico che galattosio e fruttosio vengono convertiti in glucosio, che rappresenta, in pratica, l'unico zucchero presente nel torrente circolatorio. Per indicare la sua concentrazione nel sangue si usa il termine glicemia. In una persona sana questo parametro oscilla, a digiuno, tra gli 80 ed i 100 mg/dl. Affinché l'individuo sia in salute è fondamentale che la glicemia rimanga relativamente costante durante le 24 ore.
Al termine di un pasto sono considerati fisiologici valori glicemici intorno ai 130-150 mg/100 ml. E' invece normale che durante il digiuno prolungato, o in risposta ad uno sforzo fisico intenso, la glicemia scenda a 60-70 mg/dl. Quando la concentrazione di glucosio si riduce ulteriormente si parla di ipoglicemia, una condizione che si accompagna a sintomi come tremori, palpitazioni, fame intensa, pallore, scialorrea e convulsioni. Quando i livelli glicemici scendono al di sotto dei 20 mg/dl si rischia addirittura il coma e la morte.
L'importanza del glucosio circolante nel sangue è legata all'incapacità dei neuroni di trarre energia da altri substrati energetici, come grassi ed amminoacidi. Segni di sofferenza cerebrale si manifestano già per valori glicemici inferiori a 60 mg/dl e sono responsabili della tipica sintomatologia precedentemente illustrata.
Quando la glicemia aumenta eccessivamente, raggiunto il valore soglia di 180 mg/dl, l'organismo inizia a perdere glucosio con le urine (glicosuria). Questo, che di primo acchito potrebbe sembrare un efficace meccanismo di difesa, è in realtà un fenomeno pericoloso, poiché per questioni osmotiche l'urina contenente glucosio attira molta acqua, con conseguente disidratazione corporea.
In condizioni fisiologiche la glicosuria è uguale a 0.
Quando gli zuccheri assorbiti dall'intestino entrano nel fegato attraverso la vena porta, possono subire destini diversi.
Innanzitutto possono essere degradati dalle cellule epatiche per trarre l'energia necessaria a soddisfare le richieste metaboliche degli epatociti.
Il glucosio può anche essere convertito in glicogeno, che rappresenta la riserva di zuccheri del nostro organismo. Una certa quota, può anche essere trasformata in trigliceridi.
Il destino degli zuccheri è pesantemente condizionato dallo stato nutrizionale del soggetto.
In risposta ad un pasto particolarmente ricco di carboidrati il fegato tenta di riportare nella norma la glicemia:
- convertendo il suo metabolismo, normalmente basato sull'ossidazione dei grassi, con lo scopo di consumare prevalentemente zuccheri
- aumentando i depositi di glicogeno negli epatociti
- favorendo la conversione del glucosio in acidi grassi
Nota: il glicogeno, che viene ridotto nei singoli monomeri di glucosio durante il digiuno, può essere immagazzinato al massimo in quantità pari al 5-6% della massa epatica (c.a. 100 grammi). Saturate queste scorte il fegato è costretto a convertire l'eccesso di zuccheri in tessuto adiposo di riserva. Per questo motivo un'alimentazione povera di grassi e ricca di carboidrati (pasta, pane, cereali e derivati, dolci ecc.) non è efficace nel favorire la riduzione di peso corporeo.
Il fegato regola la glicemia anche attraverso l'intervento di vari ormoni; i più conosciuti ed influenti vengono chiamati, rispettivamente, insulina e glucagone.
L'azione regolatrice sui valori glicemici non è affidata solamente al fegato; allo stesso modo l'insulina non agisce solamente sugli epatociti ma influenza il metabolismo di vari tessuti. Nel muscolo, per esempio, questo ormone favorisce l'ingresso del glucosio che, oltre ad essere degradato con la glicolisi, viene trasformato in glicogeno di deposito.
L'insulina agisce anche a livello del tessuto adiposo, aumentando la captazione di glucosio e stimolando il suo deposito sotto forma di trigliceridi.
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