Ultima modifica 19.07.2019

Premessa importante

Il rododendro, insieme all'azalea, incarna il rappresentante per eccellenza delle piante appartenenti al genere Rhododendron: stiamo parlando di piccoli arbusti della famiglia delle Ericacee, tipici di America ed Europa. Spesse volte, i rododendri sono confusi per azalee: è doveroso porre chiarezza in merito. Entrambe le piante sono membri della medesima famiglia e dello stesso genere, ma i rododendri presentano dimensioni più imponenti, mole più importante e foglie persistenti (le foglie delle azalee sono caduche).
RododendroIn generale, tutte le piante appartenenti al genere Rhododendron vengono coltivate per lo più a fini ornamentali; ad ogni modo, nell'esteso panorama varietale - comprendente oltre 500 alberi o arbusti di rododendri - alcune specie sono utilizzate sia in fitoterapia che in omeopatia, considerate le molteplici virtù medicamentose.

Pianta tossica?

È bene ricordare, comunque, che l'assunzione smodata di estratti di rododendro può provocare gravi effetti collaterali nell'organismo: non a caso, nella tossicologia, il rododendro è una tra le piante incriminate di scatenare effetti tossici, quindi etichettato come potenzialmente pericoloso. In ogni caso, l'impiego del rododendro a fini terapeutici viene supportato da validazioni farmacologiche piuttosto soddisfacenti; pertanto, il suo impiego non viene bandito.

Varietà botaniche e proprietà

Come abbiamo visto, esistono moltissime specie di rododendri: per non generalizzare, sono di seguito riportate quelle più importanti, tutte differenziate da caratteri peculiari e distinguibili.

  1. Rhododendron ferrugineum: rappresenta la specie più comune dei rododendri, meglio nota anche come rosa delle Alpi. Stiamo parlando di un piccolo albero (arbusto) sempreverde, che non supera generalmente i 50 cm, ma talvolta può raggiungere il metro per merito della ramificazione particolarmente tortuosa. Queste specie si riconosce, in particolare, dai fiori grandi e sviluppati, dalla caratteristica forma campanulata; il colore dei fiori varia dal rosa-fuxia al rosso rubino, elemento che distingue questa specie da tutte le altre. Il rododendro sp. ferrugineum sfoggia foglie coriacee, tinteggiate di rosso nella pagina inferiore. La pianta contiene tannini ed arbutina; in erboristeria, il decotto di foglie e rami secchi di rododendro sp. ferrugineum vanta proprietà diuretiche, sudorifere, antireumatiche e calmanti. [tratto da Dizionario ragionato di erboristeria e di fitoterapia, di A. Bruni, M. Nicoletti]
  1. Rhododendron hirsutum: tra il fitto fogliame dei boschi delle Alpi centro-orientali e delle montagne Asiatiche, non può passare inosservata questa varietà di rododendri. Rhododendrom hirsutumIl fusto, che non supera i 50-80 cm di altezza, presenta ramificazioni sviluppate soprattutto nella parte apicale, da cui dipartono numerose foglioline coriacee di forma per lo più ellittica, persistenti e tormentose ai margini. I fiori, bellissimi, sono rosati, generalmente raggruppati in infiorescenze racemose chiamate corimbi. Le foglie contengono importanti principi attivi, tra cui ercolina ed arbutina (glucosidi amari); proprio per la presenza di questi attivi, il rododendro vanta proprietà diuretiche e diaforetiche, vale a dire in grado di aumentare la sudorazione corporea.
  1. Rhododendron chrysanthum: tipico delle regioni asiatiche, questo rododendro è impiegato in particolare in ambito fitoterapico per le sue proprietà ipotensive, antireumatiche, antitussive ed espettoranti. Questa varietà viene impiegata anche in omeopatia: la tintura madre ottenuta da foglie e rami è utile in caso di nevralgie e dolori reumatici. Queste proprietà sono attribuite al rododendro per la presenza di alcuni costituenti chimici, quali: andromedotossina (diterpene tetraciclico), canferolo, quercetina, iperoside (flavonoidi), arbutina, olio essenziale e acido citrico.

Altre specie di rododendro sono impiegate come antivirali (es. Rhododendron aureum) ed antireumatiche (es. Rhododendron maximum).
Quelle appena descritte sono solo alcune delle numerosissime varietà di rododendri attualmente identificate in botanica; ad ogni modo, le svariate specie sono tutte accumunate dalle fioriture magnifiche ed appariscenti, che si esibiscono maliziosamente pavoneggiando tra gli spazi verdi della natura.

Rododendro e tossicologia

Già ai tempi di Plinio era nota la tossicità dei rododendri, eclissata dall'eleganza e dal fascino dei loro fiori coloratissimi. Anche le api, ghiotte di nettare, sono da sempre attirate dai fiori del rododendro, ed insieme cooperano per produrre miele: al tempo dell'antico esercito romano- precisamente durante la campagna asiatica - si osservò un'intossicazione dei soldati in seguito all'assunzione di dosi eccessive di miele di rododendro.
Ad ogni modo, la probabilità di assumere miele “tossico” ottenuto dai fiori di rododendro è molto bassa poiché il nettare di questa pianta è commisto con innumerevoli varietà di altri fiori; di conseguenza, il pericolo di tossicità viene pressoché scongiurato.
In generale, tra i sintomi di tossicità acuta o cronica generata dall'assunzione smodata di estratti di rododendro, si ricordano: nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, turbe neurologiche e, in caso di severità, collasso cardiocircolatorio.
Per riportare un esempio, il rododendro sp. hirsutum può contenere molecole diterpeniche tossiche (presentanti nucleo andromedano), responsabili di possibili stati di ipotensione, spasmi, bradicardia, insufficienza cardiaca.
Tutte le parti della pianta di rododendro contengono andromedotossina, imputabile dell'ipotensione e del danneggiamento a lungo termine della funzionalità del cuore. Chiaramente, è valido ancora una volta l'aforisma “è la dose che fa il veleno”: il che significa che il soggetto può riportare danno solamente in seguito all'assunzione di quantità eccessive di estratto di rododendro.

 

“La mancanza di evidenze di tossicità non equivale all'evidenza di mancanza di tossicità”


Rododendro in breve »