Allenarsi a Buffer: Perché ed Efficacia

Allenarsi a Buffer: Perché ed Efficacia
Ultima modifica 12.02.2021
INDICE
  1. Introduzione
  2. Cosa Significa
  3. Fatica
  4. Punteggio Borg e Scala RPE
  5. A Cosa Serve
  6. Esempio
  7. Vantaggi
  8. Svantaggi

Introduzione

L'obbiettivo di qualsiasi forma di allenamento è creare modificazioni utili al proprio organismo, che si tratti di capacità atletiche, mentali o di una migliore composizione corporea.

Buffer Shutterstock

Ovviamente, per ottenere risultati soddisfacenti risulta indispensabile applicare degli stimoli altamente specifici basati su criteri scientifici dimostrabili.

Per questo, dietro ogni tipo di allenamento corrispondono dei metodi, talvolta diversi, ma comunque approvati dalla comunità degli scienziati motori.

Nel contesto dell'allenamento per la forza e l'ipertrofia esistono fondamentalmente due correnti di pensiero che sfruttano ovviamente sistemi diversi; quelli che reputano essenziale allenarsi a cedimento, e quelli che invece trovano più utile rimanere prevalentemente in buffer.

Entrambi hanno aspetti positivi e negativi ma, di seguito, prenderemo in esame l'allenamento a buffer perché – nonostante sia dimostrata la sua importanza ed efficacia – oggettivamente più "controverso".

Cosa Significa

Cosa significa allenarsi a buffer?

Buffer, nel contesto dell'esercizio motorio, significa "riserva".

L'allenamento a buffer sarebbe un allenamento ad affaticamento incompleto, ovvero che permette sempre di concludere tutte le ripetizioni (rep) programmate ad ogni serie (set), senza giungere al cedimento.

Applicato al resistance training e (meno) alla callistenia, l'allenamento a buffer necessita una corretta gestione della propria riserva, con lo specifico obbiettivo di stimolare la muscolatura senza esaurirla; più avanti capiremo meglio perché.

Buffer è quindi l'opposto del cedimento muscolare? A grandi linee sì, ma dipende dal tipo di cedimento. Dobbiamo differenziare il cedimento tecnico, quello concentrico, isometrico ed eccentrico, perché ognuno si raggiunge con percentuali di carico molto diverse.

Un sovraccarico usato per il grado più basso di buffer, per esempio – quello più impegnativo, per intenderci – sarebbe quasi sovrapponibile al cedimento tecnico (quello basato sull'incapacità di eseguire alla perfezione l'ultima rep). All'opposto, risulterebbe lontanissimo dal cedimento eccentrico.

Come vedremo, il buffer consente di modulare soprattutto l'intensità, ma ciò non significa che allenandosi in questo modo si riduca il carico allenante complessivo. Al contrario, spesso usare il buffer consente di aumentare la frequenza settimanale degli stimoli, quindi sia la densità che il volume.

Per molti, il buffer si applicherebbe prevalentemente agli esercizi multiarticolari (fondamentali, per le "vecchie leve"), responsabili di un certo aumento della fatica metabolica e nervosa, oltre che periferica; sono minori e poco sensate le applicazioni ai monoarticolari e soprattutto dei piccoli gruppi muscolari, nei quali il cedimento può essere guadagnato senza grosse tassazioni metaboliche e nervose.

Sempre in termini applicativi, e seppur concettualmente opposti, sono molti ad utilizzare il buffer per raggiungere progressivamente l'esaurimento in maniera intelligente e progressiva.

D'altro canto, c'è da fare un distinguo molto importante: non tutte le attività usano il buffer allo stesso modo. Bodybuilder, powerlifter e chi allena la resistenza alla forza hanno un concetto di buffer piuttosto diverso, perché diversi sono la finalità e i gesti atletici principalmente coinvolti.

Un powerlifter, ad esempio, sfrutterà il buffer soprattutto per ottimizzare la multifrequenza nel microciclo di panca piana, squat, stacco da terra, military press e rematore.

Un bodybuilder invece, potrebbe trarre maggiore vantaggio da un buffer che gli consenta di aumentare soprattutto la densità (anche di altri esercizi, come pressa orizzontale, chest press machine, pulley orizzontale ecc.) all'interno della seduta stessa.

In entrambi i casi però, il buffer determina un aumento del volume e una riduzione dell'intensità.

Fatica

Componente “fatica” nell’allenamento a buffer

Il concetto di buffer non può dunque essere compreso senza prima sviluppare la percezione e la sensibilità alla fatica.

Si parla di percezione perché, com'è ormai risaputo, l'attitudine alla fatica è un vero e proprio "costrutto" multifattoriale.

La sensibilità invece, consiste nel sapersi gestire in modo da prevedere in che modo reagiremo ad uno stimolo sulla base della conoscenza di sé stessi.

Attenzione! Conoscersi troppo, tuttavia, non sempre è positivo. Nel senso che "sapendo" che con un determinato carico saremmo in grado di fare massimo "x" ripetizioni, la nostra mente imposta una sorta di limitatore. Per evitare questo, gli allenamenti devono essere impostati sulla continua crescita dei carichi – per quanto possibile.

Tutto questo per dire che il cedimento muscolare non ha sempre e solo cause organiche, tutt'altro. Soprattutto nei neofiti o in chi non ha una spiccata predisposizione nel "portarsi oltre il limite", la sensazione di esaurimento insorge prima di tutto per motivi psicologici.

Qui, oltre alla componente soggettiva, entra in gioco la storia atletica della persona. Chi ha praticato sport a livelli agonistici in giovane età dimostra di avere una maggior congruenza tra fatica percepita e fatica organica; si apprezza, in sostanza, una miglior interpretazione degli stimoli fisiologici.

Sarebbe inappropriato quindi, applicare un allenamento a buffer nei soggetti alle prime armi, che non hanno mai interiorizzato il cedimento muscolare propriamente detto e, probabilmente, che non hanno mai appreso l'entità della propria singola ripetizione massimale (1 RM) – anche se l'allenamento buffer può prescindere tranquillamente dalla conoscenza del proprio 1 RM.

Dovremmo inoltre parlare dello stato nutrizionale, della motivazione, dell'entità del riposo notturno e dei recuperi ecc., ma usciremmo dal tema.

Vediamo invece su quali criteri viene stimato il grado di buffer. Parliamo del punteggio Borg e della scala RPE, che non sono sinonimo di buffer, ma con tutta probabilità sono stati il punto di partenza dal quale è nato questo concetto.

Punteggio Borg e Scala RPE

Come misurare lo sforzo per l’applicazione dell’allenamento a Buffer

Nello sport e in particolare nei test da sforzo, il punteggio dello sforzo percepito (RPE) viene misurato dal punteggio Borg in una scala dedicata.

Si tratta di una misura quantitativa, usata sia in medicina che in preparazione atletica per documentare lo sforzo del soggetto durante un test o per valutare l'intensità di un allenamento o competizione.

La scala originale, introdotta da Gunnar Borg, valutava lo sforzo su una scala da 6 a 20.

Borg ha poi istituito un'ulteriore scala del rapporto (R) di categoria (C), la scala Borg CR10, valutata appunto su una scala da 1 a 10.

Questa è particolarmente utilizzata nella diagnosi clinica di dispnea, dolore toracico, angina e dolore muscolo-scheletrico.

La scala CR-10 è più applicabile alle sensazioni derivanti da un'area specifica del corpo, ad esempio, dolore muscolare, affaticamento muscolare, risposte polmonari.

Quella di Borg può essere paragonata ad altre scale lineari come la scala Likert o la scala visuo-analogica del dolore.

La sensibilità e la riproducibilità dei risultati sono sostanzialmente molto simili, sebbene in alcuni casi la scala di Borg superi quella di Likert.

A Cosa Serve

Perché allenarsi a buffer?

Cerchiamo ora di contestualizzare meglio l'argomento, parlando più nello specifico di allenamento di muscolazione, inteso come:

I due obbiettivi sono strettamente legati, ma non sinonimi.

All'aumentare della sezione trasversa del muscolo si apprezza, nello stesso soggetto, un implemento della forza e, come conseguenza dell'allenamento puro di questa capacità avviene, sempre nello stesso soggetto, un incremento della massa muscolare.

Qui tuttavia nasce il vero e proprio dibattito tra le due correnti di pensiero.

  • Da un lato abbiamo chi crede che la crescita ipertrofica e quindi di forza possano manifestarsi solo raggiungendo un livello di stress locale talmente elevato da imporre all'organismo di far crescere il tessuto contrattile in previsione di un'altra situazione critica. Senza esaurire il muscolo si otterrebbe un insufficiente stimolo dello stesso;
  • Dall'altro chi invece reputa che risulta più efficacie ravvicinare gli stimoli e quindi aumentare numericamente gli eventi stressanti diminuendone al contempo l'entità; esaurendo il muscolo si otterrebbe una controproducente dilatazione dei tempi di recupero.

Chi ha ragione e chi torto? Nessuno ed entrambi.

Nel senso che la crescita muscolare risponde a diversi meccanismi, alcuni derivanti dal cedimento della supercompensazione derivante, ed altri dall'espressione meccanica intrinseca del gesto.

Entra poi in gioco la soggettività; alcuni crescono e diventano più forti in un modo e altri no.

Tuttavia, quasi sempre, stravolgendo il sistema e passando da un metodo all'altro si ottengono dei benefici apprezzabili. La parola d'ordine è quindi "variare", ma con cognizione di causa.

E, in tutto questo, quale sarebbe l'utilità di allenarsi a buffer?

L'allenamento a buffer è un ottimo sistema per gestire il carico allenante modulando l'intensità, spesso aumentando il volume e/o la densità e/o la frequenza degli stimoli entro lo stesso microciclo. L'allenamento in riserva di rep si presta al principio di multifrequenza.

Inoltre, il buffer si rende particolarmente utile nel fronteggiare i periodi di plateau prestativo.

Tipici di chi sta già ricercando il cedimento, e talvolta di chi esaurisce eccessivamente il muscolo, questi possono limitare la crescita e richiedere di "rallentare".

A tal punto, strutturare un buffer ragionevole (ad esempio, con una progressione) può consentire di recuperare quel tanto che basta per rigenerarsi e riprendere con il cedimento; questo è un perfetto esempio di complementarietà tra i due metodi.

Abbozziamo una rapida spiegazione di come si struttura una gestione buffer dell'allenamento.

Come si valuta un buffer?

L'allenamento a buffer viene classificato in base al grado, ovvero all'entità, delle rep di riserva.

I livelli di buffer sono teoricamente infiniti, perché dipendono dall'intensità scelta e dal numero di rep necessarie alla set.

Nel pratico però, si applicano più frequentemente 5 livelli di buffer; quindi:

  • buffer >3 (almeno 4)
  • buffer 3
  • buffer 2
  • buffer 1
  • buffer 0.

Quest'ultimo sarebbe un punto di arrivo, dopo il quale insorgerebbe il cedimento tecnico.

Eseguire una serie da 6 ripetizioni in buffer 3, ad esempio, significa utilizzare un carico con il quale si giungerebbe a cedimento eseguendo 9 ripetizioni.

Esempio

Esempio di allenamento a buffer

Fare un esempio di allenamento a buffer, considerando che si tratta di una stima soggettiva della fatica, non è semplice.

Mentre il calcolo della percentuale d'intensità è tutto sommato facile – a patto che si conosca un parametro massimale di cedimento – in questo caso proporre un esempio calzante può essere potenzialmente fuorviante.

Pertanto, i gentili lettori prendano con le pinze quanto andremo a menzionare.

Ipotizziamo il caso di un soggetto né avanzato e né principiante, con un'anzianità di allenamento pari a 3 anni di bodybuilding amatoriale.

Prendiamo in esame un protocollo per la forza degli arti inferiori.

Poniamo una base pregressa di allenamento a cedimento, organizzato in split settimanali (monofrequenza):

  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Squat, 4 set x 8 rep a cedimento, con carico eventualmente decrescente, recupero 3'00'' tra le set
  • Stacco da terra, 4 set x 8 rep a cedimento, = , rec 3'00''
  • Leg press monopodalico (alti TUT), 2 set x 10-12 rep a cedimento, = , rec 2'30''
  • Affondi alternati (alti TUT), 2 set x 10-12 rep a cedimento, = , rec 2'30''
  • Leg extension 2 set x 12 rep, = , rec 2'00''
  • Leg curl 2 set x 12 rep, = , rec 2'00''

Vediamo ora come rielaborare lo stesso allenamento a buffer, creando un protocollo a multifrequenza ma su un microciclo di 9 giorni, incentrato sulla crescita della forza:

1° microciclo

Giorno 1
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Squat, 3 set x 8 rep a buffer 4, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg extension 3 set x 10 rep a buffer 2, = , rec 1'30''
Giorno 2
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Stacco da terra, 3 set x 8 rep a buffer 4, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg curl 3 set x 10 rep a buffer 2, = , rec 1'30''
Giorno 3
  • Affondi alternati pesanti, 3 set x 8 rep a buffer 4, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg press monopodalico (alti TUT), 3 set x 10 rep a buffer 2, = , rec 2'00''

2° microciclo

Giorno 1
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Squat, 3 set x 8 rep a buffer 3, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg extension 3 set x 10 rep a buffer 1, = , rec 1'30''
Giorno 2
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Stacco da terra, 3 set x 8 rep a buffer 3, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg curl 3 set x 10 rep a buffer 1, = , rec 1'30''
Giorno 3
  • Affondi alternati pesanti, 3 set x 8 rep a buffer 3, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg press monopodalico (alti TUT), 3 set x 10 rep a buffer 1, = , rec 2'00''

3° microciclo

Giorno 1
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Squat, 3 set x 8 rep a buffer 2, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg extension 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'00''
Giorno 2
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Stacco da terra, 3 set x 8 rep a buffer 2, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg curl 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'00''
Giorno 3
  • Affondi alternati pesanti, 3 set x 8 rep a buffer 2, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg press monopodalico (alti TUT), 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'30''

4° microciclo

Giorno 1
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Squat, 3 set x 8 rep a buffer 1, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg extension 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'00''
Giorno 2
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Stacco da terra, 3 set x 8 rep a buffer 1, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg curl 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'00''
Giorno 3
  • Affondi alternati pesanti, 3 set x 8 rep a buffer 1, recupero 2'30'' tra le set
  • Leg press monopodalico (alti TUT), 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'30''

5° microciclo

Giorno 1
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Squat, 3 set x 8 rep a buffer 0, recupero 3'00'' tra le set
  • Leg extension 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'00''
Giorno 2
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Stacco da terra, 3 set x 8 rep a buffer 0, recupero 3'00'' tra le set
  • Leg curl 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'00''
Giorno 3
  • Affondi alternati pesanti, 3 set x 8 rep a buffer 0, recupero 3'00'' tra le set
  • Leg press monopodalico (alti TUT), 3 set x 10 rep a buffer 0, = , rec 2'30''

6° microciclo

Giorno 1
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Squat, 3 set x 8 rep a cedimento tecnico, recupero 3'00'' tra le set (aumento dei carichi)
  • Leg extension 3 set x 10 rep a buffer 2, = , rec 2'30''
Giorno 2
  • Riscaldamento generale, specifico e avvicinamento al carico
  • Stacco da terra, 3 set x 8 rep a cedimento tecnico, recupero 3'00'' tra le set (aumento dei carichi)
  • Leg curl 3 set x 10 rep a buffer 2, = , rec 2'30''
Giorno 3
  • Affondi alternati pesanti, 3 set x 8 rep a cedimento tecnico, recupero 3'00'' tra le set (aumento dei carichi)
  • Leg press monopodalico (alti TUT), 3 set x 10 rep a buffer 2, = , rec 3'00''.

Con questa programmazione di circa un mese e mezzo, che prevede un aumento del volume e in alcuni momenti della densità, non solo il soggetto dovrebbe essere in grado di sbloccarsi dal plateau, ma anche di migliorare l'espressione di forza.

Vantaggi

Vantaggi di allenarsi in buffer

Il primo vantaggio del buffer è l'equità. Ovvero, non discrimina sulla base della forza dimostrata nella 1 RM, ma si "fida" delle sensazioni dell'utente.

Ecco che diventa possibile creare una routine senza dover organizzare un test massimale, il che richiederebbe anche una certa preparazione.

Inoltre, il buffer risolve il problema della discrepanza tra le teoriche percentuali d'intensità in relazione al carico.

Tutti sappiamo che, in teoria, al 95% della 1 RM potremmo eseguire non più di 2 rep; oppure che all'85% raggiungeremmo 6 rep. Nel pratico però, ci possono essere differenze anche considerevoli. In tal senso, il buffer consente di individuare con maggior precisione i carichi per le rep, poiché basato sulle proprie sensazioni.

Par di più, il buffer pare molto più "preciso" dell'RPE sugli sforzi di elevatissima intensità. Questa maggior accuratezza permette di calcolare le progressioni senza sforare troppo, cosa che accade spesso cimentandosi nei calcoli matematici dell'RPE.

Non di meno, l'aspetto educativo e il bagaglio d'esperienza. Allenandosi in buffer si dona elasticità alle routine, che calzano quindi su misura, adattandosi ai cambiamenti dello stile di vita e stimolando la conoscenza di sé stessi.

Ribadiamo poi che il buffer è un valido strumento per superare quei "difficili" periodi di blocco, detti plateau, o addirittura di regressione. Tali sono tipici del cosiddetto overreaching.

Non riesci più ad eseguire un 4 x 6 con lo stesso carico? Mantieni il peso e scendi a buffer 3, poi sali a 2, poi a 1, torna a cedimento e prova ad aumentarlo.

Svantaggi

Svantaggi di allenarsi in buffer

Il primo svantaggio di allenarsi in buffer è senza dubbio quello della difficoltà di gestione da parte del neofita. Per quanto utile e intuitivo, richiede comunque un briciolo di esperienza.

Per ovviare a ciò, in previsione di un eventuale protocollo a buffer, si consiglia di iniziare a "provare" le ripetizioni di riserva. Ergo: nella serie centrale di un 3 x 10, il principiante – che si appoggerà ad uno spotter – proverà a raggiungere il cedimento per comprendere l'entità del buffer in questione (e ovviamente le annoterà).

L'altro non trascurabile svantaggio, è che l'uso del buffer può celare una certa "pigrizia" e può disabituare il soggetto a gestire criticità e intensità.

Nel pieno di un protocollo a cedimento, usare il buffer come un "paracadute di emergenza" non sempre è proficuo. Diciamo questo perché lo sportivo deve sviluppare una certa attitudine psicologica alla fatica.

Se dormiamo poco o mangiamo male per cause esterne all'allenamento, cambiarlo non sempre ci porterà dei benefici. Stringere i denti può invece essere di aiuto non solo per l'autostima, ma anche per imparare a fronteggiare i periodi "bassi".

Per approfondire: Heavy Duty

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer