Sensibilità insulinica e allenamento: come aumentarla

Sensibilità insulinica e allenamento: come aumentarla
Ultima modifica 27.03.2023
INDICE
  1. Insulina e sensibilità insulinica
  2. Aumentare la sensibilità insulinica con l'allenamento
  3. Migliorare la sensibilità insulinica con un bilancio calorico negativo in cronico
  4. Migliorare la sensibilità insulinica dimagrendo

Insulina e sensibilità insulinica

L'insulina è un ormone post-prandiale sintetizzato dal pancreas endocrino con spiccata funzione ipoglicemizzante; più in generale, promuove l'asse anabolico (di ricostituzione e costruzione) e inibisce quello catabolico (di smantellamento e consumo).

La liberazione di insulina avviene soprattutto in risposta ai pasti, ovvero all'assunzione di cibo, non solo di alimenti a base di carboidrati, ma anche di proteine e grassi.

L'insulina agisce su tessuti ben specifici, detti insulino-dipendenti. Il suo meccanismo di azione consiste nel sollecitare l'espressione del recettore specifico per il glucosio: il GLUT-4.

Com'è intuibile, quindi, per sensibilità all'insulina si intende la capacità delle cellule / tessuti insulino-dipendenti di percepire e legare l'insulina.

In sintesi, il meccanismo si svolge come segue:

  1. assunzione alimentare, con digestione e assorbimento;
  2. aumento della glicemia, degli amminoacidi e degli acidi grassi;
  3. liberazione di insulina;
  4. captazione dei tessuti insulino-dipendenti;
  5. espressione del GLUT-4;
  6. ingresso del glucosio nelle cellule e riduzione della glicemia.

Il tessuto più avido di glucosio è indubbiamente quello muscolare, che, purtroppo, è anche quello che tende a perdere più rapidamente questa capacità. ciò avviene a causa di: sedentarietà, eccesso adiposo, eccesso calorico cronico.

Questo aumenta la destinazione insulinica verso il tessuto adiposo, che aumenta il proprio lavoro. Ciò spiegherebbe sia perché il sovrappeso è tendenzialmente ingravescente, sia perché l'obesità si correla al diabete mellito tipo 2. Bisognerebbe inoltre discutere di altre interazioni endocrine che stanno alla base del sovrappeso ingravescente, come la resistenza alla leptina, ma non è questo l'articolo dedicato.

Ma perché l'esercizio fisico aumenta la sensibilità insulinica nel muscolo e non negli altri distretti?

Se ci pensiamo, è intuibile: semplicemente perché, durante l'allenamento motorio, "il muscolo lavora", mentre l'adipe no.

E qual è il meccanismo alla base di questo fenomeno?

La risposta è meno ovvia della precedente: La carenza energetica intracellulare (rapporto AMP/ADP/ATP) stimola un composto enzimatico chiamato AMP-activated protein kinase (AMPK).

AMPK, a sua volta, nelle cellule muscolari:

  1. Favorisce l'entrata del glucosio, il suo consumo (ossidazione);
  2. Inibisce della sintesi di glicogeno;
  3. Favorisce il consumo degli acidi grassi (ossidazione) stimolando la formazione di nuovi mitocondri (biogenesi mitocondriale);

Non solo. Nel tessuto adiposo, AMPK inibisce l'ormone che inibisce sia la sintesi ma anche l'ossidazione degli acidi grassi (Hormone Sensitive Lipase - HLS) e, nel fegato, AMPK inibisce la sintesi di acidi grassi e colesterolo - una delle ragioni per cui il deficit calorico ha un effetto terapeutico sulle dislipidemie.

In definitiva, la sensibilità insulinica è direttamente collegata all'efficienza del metabolismo glucidico. Quando la sensibilità all'insulina è insufficiente, i livelli plasmatici dello stesso (glicemia) - e, di solito, anche di insulina (insulinemia) - rimangono troppo elevati e troppo a lungo.

Se la sensibilità all'insulina è alta, l'organismo richiede meno insulina per abbassare la glicemia; viceversa, se la sensibilità insulinica è bassa, l'organismo richiede più insulina per abbassare la glicemia.

Una buona sensibilità insulinica è la chiave per prevenire e combattere il diabete mellito tipo 2, il sovrappeso e tutte le complicazioni annesse - aterosclerosi e eventi cardiovascolari, micro-vasculopatie, nefropatie, neuropatie, declino cognitivo in terza età, morte e invalidità, ecc.

E, com'è ovvio, costituisce anche un presupposto essenziale per gli sportivi:

  • di endurance: perché consente di recuperare in modo ottimale tra gli allenamenti;
  • di forza e di bodybuilding: perché consente di recuperare in modo ottimale tra gli allenamenti, ma anche di massimizzare lo stimolo di crescita muscolare e di ridurre più possibile l'attitudine a ingrassare anche in dieta ipercalorica (la cosiddetta funzione compartimentale dell'insulina).
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Altre funzioni dell'insulina
Fegato Tessuto adiposo Muscolo

Promozione della glicogeno sintesi e inibizione della glicogenolisi

Inibizione della lipolisi intracellulare

Aumento dell'ingresso di amminoacidi

Sintesi proteica, riduzione della gluconeogenesi e chetogenesi dagli amminoacidi chetogenetici

Stimolo dell'enzima di membrana deputato all'ingresso degli acidi grassi

Aumento dell'ingresso del glucosio (grazie al GLUT-4) e della glicogenosintesi

Stimolo della glicolisi e dell'utilizzo del glucosio in generale

Aumento dell'ingresso del glucosio (grazie al GLUT-4) e della glicogenosintesi

Aumento dell'utilizzo del glucosio in generale inibizione dell'utilizzo dei grassi (beta ossidazione)

Sintesi di trigliceridi e di lipoproteine VLDL

Sintesi di trigliceridi

Riduzione della proteolisi

   

Aumento della sintesi proteica (ma sempre nell'ordine della fisiologia)

L'insulina è anche indispensabile per mantenere l'espressione dei trasportatori GLUT-1 e GLUT-3, tipici dei i tessuti non insulino sensibili, che, in caso di carenza insulinica, non si sviluppano adeguatamente.

La sensibilità insulinica può essere migliorata attraverso 3 meccanismi: attività motoria, deficit energetico e riduzione della massa grassa. Esistono anche degli integratori che "dovrebbero" agire positivamente su questo aspetto, ma la loro efficacia è tutto sommato abbastanza ristretta.

Aumentare la sensibilità insulinica con l'allenamento

Il lavoro muscolare e metabolico aumenta la richiesta calorica dei muscoli, impostando un provvisorio deficit energetico, con conseguente alterazione del rapporto AMP/ADP/ATP intracellulare e attivazione dell'AMPK.

In pratica, i muscoli sono indotti ad aumentare il processo catabolico della respirazione cellulare e vanno incontro a un depauperamento delle riserve energetiche di CP e di glicogeno. Al tempo stesso, si verifica anche un più o meno rilevante logorio delle proteine contrattili, con perdita di amminoacidi ramificati, che, soprattutto in carenza di glucosio, le cellule stesse consumano per ottenere energia veloce. Sempre nelle cellule muscolari, aumentano i prodotti di scarto come l'acido lattico, che viene in parte liberato nel circolo sanguigno, e i radicali liberi, che stimolano alcuni adattamenti all'esercizio fisico ma che, per evitare che creino danni, vengono prontamente combattuti dalle difese antiossidanti.

A livello metabolico, invece, si assiste a un incremento del lattato, dei corpi chetonici e di composti azotati (soprattutto urea), a una perdita sudore-correlata di ioni e di acqua. Il lattato circolante è destinato alla gluconeogenesi nel fegato, mentre i composti azotati e l'urea andrebbero filtrati via dai reni ed escreti con le urine (una parte dei corpi chetonici viene usata da alcuni tessuti, come quello muscolare, cerebrale e cardiaco).

Questa intera situazione ha, ovviamente, dei costi in termini energetici. Una parte sono immediati, ovvero quelli legati alla contrazione muscolare, all'aumento dell'attività cardiaca ecc. Una parte, invece, sono vincolati al ripristino dell'omeostasi post-allenamento (il cosiddetto debito di ossigeno).

Non tutto quello che abbiamo indicato incide direttamente sulla sensibilità insulinica, ma, indirettamente ,contribuisce comunque a migliorarla.

La crisi energetica, seppur provvisoria, imposta dall'allenamento, rende i tessuti più sensibili all'insulina. Non parliamo solo del "cronico", nel quale tuttavia sembra avere maggior impatto il bilancio calorico generale (vedi sotto), ma anche "dell'acuto".

Infatti, a prescindere da "quanto mangiamo nella giornata", dopo l'allenamento i muscoli sono molto più sensibili all'insulina e quindi al glucosio. Anche il fegato, che però non è insulino-dipendente (perché gestisce il glucosio grazie ai trasportatori GLUT-2), risulta più avido.

Se dovessimo collocare il maggior carico glicemico nella giornata di un insulino-resistente o di un diabetico 2, sarebbe indubbiamente dopo l'allenamento. Per il soggetto sano, invece, questo accorgimento è meno importante (anche se potenzialmente utile), perché la sua condizione non è di "malattia"; in tal caso, incide maggiormente la variabile del bilancio calorico generale.

Ma quali sono le attività che incidono maggiormente sul miglioramento della sensibilità insulinica?

Indubbiamente quelle ad alto costo energetico. La scelta di uno sport di resistenza, anziché di forza, è la semplice conseguenza del fatto che le attività di endurance hanno una richiesta calorica mediamente superiore. Se però il culturista decidesse di cimentarsi in un mesociclo con i pesi a sfondo "metabolico", ovvero con molte ripetizioni (>15 per set, per un totale di 200-250 per gruppo muscolare a settimana) e basso carico (≤ 60% 1RM), di certo potrebbe godere di effetti sovrapponibili a quelli di 2-3 sessioni settimanali di cardio.

Migliorare la sensibilità insulinica con un bilancio calorico negativo in cronico

Sempre grazie all'effetto dell'AMPK, il deficit calorico cronico è l'aspetto che più incide sul miglioramento della sensibilità insulinica.

Poiché la maggior parte dei diabetici tipo 2 e insulino-resistenti che non hanno una condizione genetica di base molto forte, sono anche in sovrappeso, la terapia dimagrante è sempre la strategia più efficace per rientrare nei parametri fisiologici di: glicemia, insulinemia, emoglobina glicata ecc.

Anche nel soggetto sano che vuole dimagrire e migliorare la compartimentazione dei nutrienti, tuttavia, il taglio energetico è indubbiamente la strategia elitaria.

Sul miglioramento della sensibilità insulinica, il deficit calorico è molto più importante della ripartizione dei macronutrienti. Anzi, contrariamente a quanto molti credono, a parità di calorie, tagliare i carboidrati non migliora la sensibilità insulinica; piuttosto, va diminuendo la capacità cellulare di ossidare il glucosio.

Una piccola eccezione va fatta per le proteine che, in fase di cutting, dovrebbero essere leggermente aumentate per proteggere la massa magra dal catabolismo - comunque, in minima parte, inevitabile.

Ma quale è la dieta giusta per migliorare la sensibilità insulinica?

Semplicemente quella più sostenibile. In verità, a seguito di un periodo di dieta ipercalorica, nel soggetto sano, anche solo un paio di settimane di deficit energetico incidono positivamente sul ripristino di questo parametro.

Dobbiamo però considerare che, come vedremo sotto, la sensibilità insulinica è anche pregiudicata da elevati livelli di grasso corporeo, Pertanto, la dieta giusta è anche quella che ci consente di rientrare nella percentuale di massa adiposa ottimale.

Nel contesto sportivo e del bodybuilding, dobbiamo però fare un ulteriore considerazione. Il deficit calorico, anche allenandosi, è sempre causa di catabolismo muscolare. Questo è maggiore al diminuire delle calorie. Se ne evince che il taglio calorico giusto sia quello che stressa meno l'organismo ma che ci consente di mantenere la motivazione.

In termini pratici, la decurtazione di pressappoco 350-500 kcal / die per soggetti "medi", è spesso una soluzione efficacie.

Migliorare la sensibilità insulinica dimagrendo

Il dimagrimento, quale frutto di un bilancio calorico negativo, migliora la sensibilità insulinica.

Un bilancio calorico negativo può essere ottenuto attraverso 3 metodi:

  • Aumento del dispendio calorico - ad es. con l'allenamento metabolico di cui sopra, o con attività cardio;
  • Riduzione delle calorie dietetiche - ad es. con la dieta ipocalorica di -350/-500 kcal/die, oppure togliendo il 10% dalle kcal TOT;
  • Combinazione di entrambi, ma nella giusta misura - ad es. pulendo la dieta e aumentando un po' il volume allenante).

Ma quanto devo dimagrire per migliorare la sensibilità insulinica?

In realtà, la sensibilità insulinica migliora quasi subito; le domande che dovremmo porci sono

Quanto vogliamo che migliori? Per quanto tempo vogliamo che rimanga elevata?

Se vogliamo ottenere un risultato ottimale, dovremmo scendere con la FM almeno al 12% (punto più, punto meno, a seconda del soggetto). Senza doversi recare da un professionista, dovrebbero vedersi tutti gli addominali!

Più in basso scendiamo, più a lungo conserveremo questo parametro nella successiva fase di dieta ipercalorica.

Attenzione però! Se abbiamo un obbiettivo "elevato" - ad es. il 6% - e partiamo da una BF consistente - ad es. il 20% - non dobbiamo commettere l'errore di affrontare una dieta ipocalorica molto restrittiva. Al contrario, nell'ambito della cultura, più chili si devono perdere, meno intenso dev'essere il taglio calorico; sia per ragioni di sostenibilità psicologica, che di stress per l'organismo e la muscolatura, ma anche per impedire all'organismo di andare in protezione - che richiederebbe delle fasi di stop.

Per deduzione, una volta arrivati al target, al fine di "non buttare alle ortiche tutto il lavoro svolto", la successiva dieta ipercalorica non dovrà essere sregolata. In questi casi, una reverse diet è probabilmente la soluzione migliore, con un incremento ponderale auspicabile di pressappoco il 0,5-1,0% del peso complessivo al mese. In questo modo, potremo conservare la sensibilità insulinica per diversi mesi.

In ultimo, chi affronterà un percorso simile, è bene che valuti attentamente di ciclizzare a stretto giro le fasi di micro-cut (dieta ipocalorica di circa 15%) - ad es. ogni 6,8 o 12 settimane - con l'obbiettivo di protrarre la fase ipercalorica massimizzando al tempo stesso i risultati; inoltre, sarebbe bene fermarsi a percentuali di adipe "accettabili", come ad es. un 12%.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer