Definizione e classificazione
Il rachitismo è una patologia scheletrica (osteopatia) ad esordio infantile, causata da un difetto della mineralizzazione della matrice ossea e potenzialmente responsabile, in uno stadio avanzato, di deformità e fratture ossee. In base all'eziopatogenesi del rachitismo è possibile classificarlo in:
- Rachitismo da alterato apporto di vit D (calciferolo):
- rachitismo carenziale
- rachitismo da malassorbimento intestinale cronico
- rachitismo nelle malattie epato-biliari (osteodistrofia epatica)
- rachitismo da trattamento cronico con farmaci anticonvulsivanti (barbiturici)
- rachitismo ipofosfatemico familiare
- rachitismo vitamina D-dipendente tipo 1
- osteodistrofia renale
- rachitismo da tubulopatie
- rachitismo oncogenetico
- rachitismo vitamina D-dipendente tipo 2.
La ridotta esposizione solare, il vomito e la diarrea prolungati, assieme ai deficit alimentari di calcio, magnesio e fosforo, possono favorire la comparsa del rachitismo. Non a caso, si tratta di una malattia piuttosto comune nei Paesi in via di sviluppo, dove condizioni igieniche carenti si sommano alla malnutrizione.
Sintomi
La sintomatologia è caratterizzata da alterazioni scheletriche e dentarie, da ipotonia muscolare e, a volte, da laringospasmo e convulsioni. I primi segni clinici si manifestano con indebolimento osseo dell'occipitale e delle parietali (craniotabe) craniche, accentuazione delle bozze frontali, rosario rachitico (aumento delle giunzioni condrocostali), petto carenato (petto proiettato in avanti) e solco di Harrison (depressione orizzontale delle ultime coste); con l'avanzare dell'età compaiono ingrossamenti delle metafisi delle ossa lunghe (polsi e caviglie), e con l'aumento delle sollecitazioni sugli arti inferiori si manifesta varismo accentuato (incurvamento delle diafisi di femori, tibie e peroni).
Sintesi di vitamina D
Per meglio comprendere l'eziologia delle varie forme di rachitismo, è necessario conoscere il metabolismo della vitamina D all'interno dell'organismo umano:
- La Vitamina D3 o Colecalciferolo viene prodotta per il 90% a livello cutaneo dal colesterolo, attraverso l'azione dei raggi UVA solari, e solo per il 10% viene introdotta con la dieta.
- La vitamina D3 sintetizzata a livello cutaneo deve subire alcune trasformazioni prima di essere attiva. La prima avviene a livello epatico, dove subisce una prima idrossilazione in posizione 25 da parte di una 25-idrossilasi epatica. Il prodotto di questa idrossilazione è quindi una 25-OH-D3.
- La 25-OH-vitamina D3 è ancora priva di attività biologica; per acquisirla deve essere ulteriormente idrossilata in posizione 1 a livello renale, dove interviene un'alfa idrossilasi renale che la trasforma in 1,25-(OH)2-D3 o calcitriolo, metabolita attivo della vitamina D. Il calcitriolo determina un aumentato assorbimento intestinale di calcio e la mobilitazione di calcio e fosfati nell'osso. Il risultato è un aumento della calcemia (concentrazione di calcio nel sangue).
Tipi di rachitismo
- Il rachitismo carenziale più frequente è quello da vit D; l'insufficienza di calciferolo induce la riduzione dell'assorbimento intestinale del calcio, di conseguenza l'ipocalcemia stimola la produzione di paratormone, che riduce l'escrezione renale dello stesso minerale e ne stimola la mobilitazione dalle ossa, riducendone la mineralizzazione.
- L'osteodistrofia epatica è, come dice il termine stesso, un'alterazione scheletrica indotta da una patologia che compromette il fegato; tra queste, le più diffuse sono la cirrosi biliare e l'artresia delle vie biliari. Essendo compromessa l'attività epatica, si registrano bassi livelli sia di 25-OH-D3 che di 1,25-(OH)2-D3.
Il rachitismo da terapia anticonvulsivante invece è da imputarsi all'utilizzo di farmaci come i barbiturici che, nel 10-30% dei casi, genera problematiche legate alla deformazione scheletrica. - Il rachitismo ipofosfatemico familiare è una malattia trasmessa geneticamente a carattere autosomico dominante; l'incidenza è valutata tra 1/10.000 e 1/1.000.000 ma il rapporto più verosimile sembra essere 1/20.000.
Il rachitismo vitamina D-dipendente tipo 1 è indotto da una mutazione del gene che codifica per l'alfa-idrossilasi renale, di conseguenza si registrano bassi livelli di 1,25-(OH)2-D3.
L'osteodistrofia renale è dovuta alla riduzione della funzionalità renale tipica dell'insufficienza renale cronica che spesso determina l'insorgenza di iperparatiroidismo secondario [ipocalcemia da iperfosfatemia e ridotta sintesi di 1,25-(OH)2-D3 presente in basse concentrazioni a causa della scarsa attività renale].
Il rachitismo da tubulopatie è riconducibile a patologie quali la sindrome di Fanconi, la tirosinemia di tipo 1 e l'acidosi tubulare.
Il rachitismo oncogenetico, invece, si correla ad alcune forme di neoplasia (di solito benigna) di origine mesenchimale che generano ipofosfatemia da ridotto riassorbimento intestinale del fosfato sommata a bassi livelli di 1,25 (OH)2. - Il rachitismo di tipo 2 è causato dalla resistenza tissutale degli organi bersaglio alla 1,25-(OH)2-D3; a differenza del rachitismo di tipo 1, dove i suoi livelli sono particolarmente bassi, nei pazienti affetti da rachitismo di tipo 2 l' 1,25-(OH)2-D3 risulta molto elevata
In merito al rachitismo da malassorbimento intestinale cronico, si tratta di una complicanza secondaria ad altre condizioni come la celiachia, la fibrosi cistica e le resezioni intestinali; queste sono responsabili sia del malassorbimento calcico che della vit D.
In entrambi i casi si registrano bassi livelli sia di 25-OH-D3 che di 1,25-(OH)2-D3.La terapia utile alla remissione del rachitismo è strettamente legata alla causa eziopatogenetica; il primo obbiettivo è sempre quello di riequilibrare i livelli di:
- vit. D [sia 25(OH) che di 1,25(OH)2]
- calcemia
- fosfatemia
ma per farlo, nelle forme di rachitismo secondario è necessario intraprendere una terapia utile alla risoluzione della malattia primitiva. Le alterazioni genetiche non rientrano in questa categoria e, per ridurne le complicazioni, è necessario incrementare l'apporto di vit. D al di sopra delle normali dosi raccomandate.
Bibliografia:
- Manuale di pediatria - M. A. Castello - Piccin - cap5 - pag 152:158.