Ultima modifica 22.11.2019

Generalità

Anche se Kebab è un termine turco*, nel linguaggio comune viene utilizzato per indicare un'ampia gamma di alimenti carnei - confezionati sotto forma di spiedino, quindi infilzati e cotti alla griglia - originari del Medio Oriente e poi diffusi su tutta l'area balcanica, nel Caucaso, in Europa, in Asia centrale e meridionale ecc. Kebab

Per la notevole eterogeneità dei kebab proposti nelle varie zone d'Italia e del resto del mondo, è molto difficile esprimere un'unica valutazione nutrizionale sull'alimento; tuttavia, stimando l'apporto calorico dei diversi tipi di materia prima utilizzati e considerando il metodo di cottura, è possibile affermare che il kebab, analogamente alla nostra "grigliata di carne", costituisce un piatto altamente energetico, ricco di proteine, grassi a prevalenza satura e colesterolo, caratterizzato dalla presenza di molecole tossiche (idrocarburi aromatici policiclici).

 

*Il termine "kebab" è oggetto di varie interpretazioni e distorsioni linguistiche. Mentre in oriente la parola kebab indica tutti i tipi di carne cotta sul fuoco, in inglese per kebab si intende solo il shish kebab (spiedino turco); in molte zone d'Italia, invece, ordinando un kebab verrà servito un panino tipo pita o arabo ripieno di carne cotta alla griglia (chiamata Doner kebab oppure Shawarma o Gyro); questa preparazione prende il nome di dürüm kebab, dal nome del tipico pane turco (dürüm) simile alla piadina italiana e alla tortilla messicana.
Aldilà delle varie interpretazioni territoriali, il "vero" kebab è un piatto costituito da spiedini cotti alla brace, composti da varie pezzature di carne e provenienti da animali anche molto differenti (ma sempre nel rispetto delle specifiche proibizioni religiose medio-orientali). La bestia tradizionalmente più impiegata nella formulazione del kebab è l'ovino, in particolare l'agnello o il montone; non mancano il kebab di capra, manzo, pollo, maiale e pesce.

Attualmente, per la maggior parte delle culture occidentali, il kebab è considerato un piatto etnico perfettamente integrato nella cultura locale. La parola kebab deriva, molto probabilmente, dai termini "kabab - kababu - kbaba" che, in arabo - accadico - siriaco, indicano "friggere o bruciare". Pare che il kebab abbia radici molto antiche (più dei fast-food occidentali); si ipotizza che le prime forme di kebab siano comparse tra la Grecia ed il Medio Oriente diversi secoli prima della nascita di Cristo. Alcuni reperti indicano che, in epoca medievale, questo metodo di cottura ha costituito un espediente di sopravvivenza fondamentale per i soldati persiani che infilzavano gli alimenti direttamente sulla propria spada, li cuocevano sui fuochi e li consumavano direttamente sul campo di battaglia.

Il kebab diffuso in Italia - Doner kebab, Shawarma o Gyro?

L'alimento tipicamente distribuito in Italia con il nome di kebab non è altro che il dürüm-kebab, ovvero un panino di pane turco (dürüm), arabo (pita) o armeno (lavash) imbottito con Doner kebab (versione turca); lo stesso nome è anche impropriamente utilizzato per preparazioni carnee molto simili ma di origine diversa, come il Shawarma (versione araba) e il Gyro (versione greca). L'equivoco, probabilmente, nasce dal fatto che tutte e tre utilizzano lo stesso metodo di cottura; questi "kebab", infatti, sfruttano come fonte di calore una griglia verticale (solitamente elettrica) vicino alla quale, per mezzo di uno strumento motorizzato, l'enorme spiedo di carne gira su se stesso cuocendo uniformemente al suo esterno. Il kebab cotto viene quindi affettato sottile ed eventualmente tenuto in caldo nel piatto metallico sito alla base dello strumento (o in uno scalda vivande), prima di essere servito come pietanza o per l'imbottitura del famoso panino. Il Doner kebab e le sue varianti possono costituire anche un ingrediente di farcitura della pizza.

Molti si chiederanno per quale motivo il "kebabbaro" continui ad affettare la carne anche quando non ha ordini in vista; in realtà la risposta è molto semplice. Questo sistema di cottura è tanto banale quanto delicato; lasciare che il kebab continui a cuocere ad oltranza provocherebbe due inconvenienti: 1. L'essicazione della carne esterna; 2. La mancata cottura di quella interna. Ciò significa che, a cottura ultimata dello strato superficiale, o si interrompe il processo oppure si continua a cuocere dopo aver affettato il kebab più esterno. E' poi anche presente un ulteriore problema di tipo metodologico; la carne cotta ed affettata, se non prontamente servita, tende a disidratarsi eccessivamente perdendo le proprie caratteristiche organolettiche e gustative. Per questo motivo, alla base o di fianco al kebab, è sempre presente un grosso piatto metallico (o in alternativa uno scalda vivande) colmo di olio vegetale nel quale annegare le fettine di carne fino al momento del servizio. Questo è il motivo fondamentale per cui anche il kebab rientra nella categoria dei fast-food ipercalorici.

Aspetti igienici

Facendo riferimento a Doner kebab, Shawarma e Gyro, è essenziale fare alcune osservazioni di interesse igienico e nutrizionale. Senza citare alcun marchio, molti kebab sono stati (e vengono tutt'ora) sottoposti a diversi controlli di tipo qualitativo e compositivo. Gli esiti risultano piuttosto preoccupanti in quanto si registrano continuamente episodi di frodi alimentari e contaminazioni micro-biologiche.
Pare che all'analisi compositiva di questi enormi kebab si rilevino certi ingredienti "più o meno carnei" non presenti sulla specifica etichetta alimentare. Nella migliore delle ipotesi l'elemento estraneo è costituito da altri tipi di carne (spesso emergono frattaglie di vario genere), ma non mancano segnalazioni per la presenza di: cartilagini, ossa, denti e occhi.
Ricordiamo inoltre che i Doner kebab sono costituiti da pezzi di carne cruda impilati l'uno sull'altro e poi surgelati; questa caratteristica necessita una certa accortezza nel mantenimento della catena del freddo poiché, contrariamente ad un qualsiasi blocco INTERO di carne, il kebab si avvale di una maggiore superficie utile alla proliferazione batterica. Ciò significa che un'eventuale interruzione della catena del freddo o la conservazione non idonea della carne (per negligenza dei commercianti e dei corrieri) potrebbero facilmente creare un'ambiente idoneo alla crescita colturale batterica (soprattutto di stafilococco e coliformi) quale potenziale causa di tossinfezioni alimentari anche gravi.
Inoltre, nonostante i grossi kebab vengano collocati sul girarrosto ancora congelati (il che non facilita la cottura ma ne accorcia molto i tempi di consumo), è fondamentale ricordare che per consumare un kebab di notevoli dimensioni, a volte, occorrono diversi giorni. A parer mio, si tratta di una pratica alquanto rischiosa.
Per ultimo, ma non meno importante, il livello igienico garantito dall'operatore; oltre al kebab in qualunque forma di fast-food (soprattutto ambulante), è sempre indispensabile valutare la pulizia dei piani di lavoro, di cottura e, perché no, anche dei frigoriferi (sbirciando al momento dell'apertura e della chiusura). Citando i kebab, invito tutti i lettori a valutare (prima di ogni altra cosa) il grado di pulizia del piatto sito alla base del grosso spiedone (dove si raccoglie la carne) e, ovviamente, dei taglieri oltre che degli strumenti (coltelli, pinze, rasoi ecc). Nel caso in cui fosse evidente una certa "non curanza" igienica, suggerisco caldamente di rinunciare senza indugio all'ambito pasto.

Caratteristiche nutrizionali

Come anticipato, non è semplice fare una valutazione nutrizionale di preparazioni tanto eterogenee come i kebab; prendendo come riferimento il durum kebab (panino), è possibile affermare che si tratta di un alimento ipercalorico e ricchissimo di grassi (saturi della carne e, nella migliore delle ipotesi, insaturi dell'olio con il quale viene mantenuta tenera dopo il taglio). Non manca una buona dose di colesterolo mentre le fibre sono più o meno carenti a seconda dell'aggiunta o meno di verdure crude e cotte nella farcitura. Inoltre, nonostante il pane pita o arabo NON sia un derivato dei cereali particolarmente elaborato o ricco di lipidi, esso contiene comunque alte percentuali di carboidrati complessi, i quali contribuiscono ad elevare ulteriormente la densità energetica del kebab. Le proteine sono ad alto valore biologico ma, così come il contenuto vitaminico e salino, non giustificano il consumo frequente del prodotto.

Il kebab è quindi un alimento non idoneo alla dieta contro il sovrappeso e a quella per l'ipercolesterolemia. La relativa porzione media consigliabile non esiste, poiché il kebab non ha un'unica forma e l'imbottitura varia a seconda della "mano" dell'operatore. Se ne consiglia un consumo sporadico e non sistematico.


Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer