L’attività aerobica fa male al cuore?
Ultima modifica 07.09.2021

Secondo certi approfondimenti scientifici svolti sui ratti, gli anziani che soffrono di disturbi cardiaci e con un trascorso atletico di endurance "dovrebbero maledire" la troppa attività aerobica svolta nel corso della propria vita.
Aerobica e saluteDetto questo, molte domande dovrebbero sorgere spontanee: Il cuore dell'atleta non dovrebbe essere un vantaggio? L'attività aerobica fa male o fa bene? Di cosa parla questo studio? Facciamo chiarezza.

Cuore d'Atleta: Salute o Malattia?

Un cuore d'atleta si caratterizza per migliori capacità contrattili, sia in termini di efficienza che di efficacia. Tutto ciò grazie a diversi adattamenti: le fibre muscolari (che si contraggono per pompare il sangue) sono più forti ed elastiche, le dimensioni delle pareti e delle cavità cardiache sono maggiori, le valvole si aprono e si chiudono meglio, il volume complessivo risulta maggiore, l'irrorazione coronarica è superiore (non per ramificazioni ma per flusso), la miosina muscolare è a maggior attività ATPasica ecc. Simili adattamenti si traducono in miglioramenti funzionali che potenziano lo stato di salute atletica e fisica dello sportivo; essi sono: bradicardia (riduzione della frequenza cardiaca), aumento della riserva coronarica (risposta di incremento dell'ossigenazione del cuore sotto sforzo), incremento della capillarizzazione periferica, del ritorno venoso e dell'elasticità delle arterie.
Ricordiamo che anche gli sportivi che praticano attività di forza e potenza subiscono modificazioni cardiache, ma di natura differente. In tal caso avviene solo un inspessimento delle pareti ventricolari, mentre le cavità interne rimangono invariate.
Ovviamente, né la prima né la seconda circostanza devono essere confuse con le cardiomiopatie primitive, tra le quali, ad esempio, le dilatative (nelle quali la cavità cardiaca è anormalmente ingigantita e crea notevoli scompensi) e le ipertrofiche (caratterizzate da un inspessimento anomalo del muscolo cardiaco senza incremento delle capacità di pompaggio; tra queste si ricorda l'ipertrofia del ventricolo sinistro, frequente complicazione dell'uso di anabolizzanti a scopo prestativo).
Nonostante tutti questi benefici, negli atleti di fondo anziani è stato evidenziato un certo aumento della probabilità di sviluppare aritmie.

Alcuni Atleti di Fondo hanno Problemi al Cuore: Perché?

Premettendo che si tratta di ex-atleti di élite, ovvero professionisti che sfruttavano carichi e volumi immensi di allenamento aerobico a scopo agonistico (ciclisti, maratoneti ecc.), pare che, giunti in terza età, alcuni di loro soffrano di disfunzioni cardiache.
Alla luce di tale sospetto, i ricercatori non si sono fatti certo aspettare. Endurance exercise: interferes with heart rhythm è il titolo di un'inserzione sul noto sito "BBC.com" (nella sezione news), pubblicato il 13 maggio 2014 e basato su quanto diffuso su "PubMed" nello stesso periodo: "Excercise training reduces resting heart rate via downregulation of the funny canne HCN4". Gli autori sono: D'Souza A, Bucchi A, Johnsen AB, Logantha SJ, Monfredi O, Yanni J, Prehar S, Hart G, Cartwright E, Wisloff U, Dobryznski H, DiFrancesco D, Morris GM, Boyett MR; l'abstract cita quanto segue:

"Gli atleti di resistenza presentano una bradicardia sinusale, cioè un ritmo lento del cuore a riposo, associata ad una maggior incidenza di disfunzioni del nodo sinusale (pacemaker) che richiedono l'impianto di un pacemaker elettronico in terza età. Tali variazioni non sono quindi imputabili a modificazioni del sistema nervoso autonomo, bensì da cambiamenti elettrofisiologici intrinseci del pacemaker naturale. Abbiamo dimostrato che la formazione bradicardica indotta persiste dopo il blocco del sistema nervoso autonomo in vivo nel topo e in vitro con pacemaker denervato. Mostriamo anche una ristrutturazione diffusa dei canali ionici del pacemaker, in particolare della regolazione HCN4 (proteina) e della corrispondente corrente ionica "If". Il blocco di "If" abolisce la differenza nella frequenza cardiaca in animali addestrati e sedentari in vivo, e in vitro. Osserviamo una sottoregolazione del Tbx3, una sovra regolazione del NSRF e del miR-1 indotte dall'allenamento, che spiegano la sottoregolazione della proteine HCN4. Tali risultati giustificano il potenziale patologico dell'adattamento cardiaco all'esercizio fisico".

In sintesi, la "British Heart Foundation" sostiene che, per tali modificazioni molecolari, certi atleti possano andare incontro a disturbi del ritmo cardiaco (come le aritmie) e necessitare dell'impianto di un pacemaker. D'altro canto, gli specialisti precisano anche che: ad oggi, i benefici dell'attività aerobica superano i rischi, e che sono necessarie ancora molte ricerche per definire meglio i risultati.
In conclusione, l'eccesso di attività aerobica protratto per decenni può essere dannoso; d'altro canto, rispettando alcune semplici raccomandazioni, l'attività aerobica risulta tutt'altro che nociva. Queste sono:

  1. Svolgere 150 minuti (2 ore e 30 minuti) di attività aerobica a settimana con intensità moderata (ovviamente, ciò esclude totalmente le attività agonistiche e si contestualizza in ambito salutistico)
  2. Non è necessario svolgere solo una o due lunghe sedute; tutt'altro! Meglio ripartire il volume in più numerose e piccole sedute
  3. E' importante rispettare i tempi di recupero tra le sessioni; l'over-training può colpire (quindi indebolire) anche gli atleti più forti
  4. Assicurarsi di "scaldare" i muscoli ed il cuore prima dell'esercizio intenso
  5. Svolgere sempre l'opportuno de-affaticamento e l'allungamento a fine sessione o in sessioni separate.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer