Morbo di Crohn - Video: Cause, Sintomi, Cure

Ultima modifica 01.04.2020

Nella precedente video-lezione abbiamo parlato della rettocolite ulcerosa; oggi conosceremo più da vicino un’altra importante patologia infiammatoria intestinale, che a differenza della precedente può colpire non solo il colon e il retto, ma anche altre sedi dell’apparato digerente. Sto parlando del morbo di Crohn.

Il morbo di Crohn è una malattia cronica di natura infiammatoria che colpisce l'apparato digerente; nella maggior parte dei casi interessa l'ultimo tratto dell'intestino tenue, detto ileo, e il colon, tuttavia può potenzialmente interessare qualsiasi tratto dell’apparato digerente, dalla bocca all’ano. Il processo infiammatorio che caratterizza il morbo di Crohn si accompagna a lesioni di tipo “segmentario” e discontinuo; significa che queste lesioni sono presenti solo in alcuni tratti del tubo digerente, che risultano intervallati da altri segmenti del tutto sani. Nel tratto malato si riscontrano infiammazione, gonfiore e ulcere che interessano tutto lo spessore della parete intestinale. Per questo motivo, si possono creare perforazioni o fistole, cioè dei passaggi anomali tra l’intestino e gli altri organi vicini. Le cause del morbo di Crohn non sono ancora del tutto note. Si ipotizza che alla base della malattia vi siano delle reazioni autoimmuni, probabilmente scatenate da pregresse infezioni intestinali o da fattori genetici o ambientali, come la dieta o l'utilizzo di particolari farmaci. I sintomi che accompagnano il morbo di Crohn includono dolori addominali, diarrea con o senza sangue nelle feci, nausea, febbre, perdita di peso e malessere generale. La malattia ha un andamento intermittente, con la caratteristica tendenza a “riaccendersi” in attacchi acuti alternati a periodi di benessere. Nel tempo, il danno intestinale può causare complicazioni digestive e non solo. Per fare un esempio, il processo infiammatorio può determinare difficoltà di assimilazione dei cibi o addirittura restringimenti della parete intestinale, fino all’occlusione. In genere, la terapia farmacologica con anti-infiammatori e immunosoppressori permette di controllare il morbo di Crohn e la sua progressione. Nei casi in cui questo approccio non risulti sufficiente, è invece necessario ricorrere a un intervento chirurgico.

Il morbo di Crohn è una malattia di origine misconosciuta, nel senso che le cause scatenanti non sono ancora ben definite. Attualmente, si ritiene che fattori genetici, ambientali, immunologici e dietetici possano predisporre al processo infiammatorio cronico che sta alla base della malattia. Negli anni, sono finite sotto accusa anche le infezioni virali e batteriche, ma le prove che confermino questa teoria non sono certe. Allo stesso modo, è stato ipotizzato che vi sia un'ipersensibilità genetica del sistema immunitario a stimoli normalmente presenti nell’apparato digerente; nello specifico, particolari molecole dietetiche o componenti della flora microbica determinerebbero un'iperattivazione del sistema immunitario, che si rivolterebbe contro le stesse cellule dell'organismo danneggiando il tratto digerente coinvolto. Questo innescherebbe una reazione infiammatoria e tutti i danni ed i sintomi associati al morbo di Crohn. In questi individui geneticamente predisposti, fattori quali il fumo, una dieta ricca in zuccheri raffinati e povera di frutta e verdure, possono giocare un ruolo determinante nel favorire la comparsa della malattia. A supporto di questa affermazione, è da segnalare che il morbo di Crohn è in continuo aumento nei paesi industrializzati, mentre è praticamente quasi sconosciuto nel terzo mondo. Aggiungiamo poi che la malattia può manifestarsi a qualsiasi età; tuttavia, tende a presentarsi soprattutto negli adolescenti, nei ventenni e nella fascia d’età tra i 50 e i 70 anni.

I sintomi con cui si manifesta il morbo di Crohn dipendono dalla sede, dall’estensione e dall’aggressività del processo patologico. Possono essere presenti dolori addominali e diarrea, caratterizzata da 2 a 10 scariche diarroiche al giorno talvolta miste a sangue e muco. Spesso si osservano anche malassorbimento, nausea e vomito, calo di peso corporeo, debolezza e malessere generalizzato. Oltre alle manifestazioni intestinali, possono insorgere eruzioni cutanee, lesioni orali, dolori alle articolazioni, infiammazione degli occhi e, per quanto riguarda i bambini, può esserci un ritardo nella crescita. Oltre ad essere una malattia con decorso cronico, il morbo di Crohn è anche recidivante, quindi intervalla periodi di relativa normalità con altri di riacutizzazione della durata di giorni o settimane. Se non viene adeguatamente trattato, il morbo di Crohn può portare a stenosi, cioè a restringimenti dell’intestino con rischio di occlusione, e alla comparsa di ascessi o fistole, specialmente attorno all’ano. Inoltre, il morbo di Crohn aumenta il rischio di tumore al colon-retto.

Dal punto di vista diagnostico, il morbo di Crohn può essere sospettato in presenza di sintomi caratteristici; tale sospetto si rafforza quando dalle analisi del sangue emerge un aumento degli indici infiammatori. Mi riferisco, in particolare, all’aumento della velocità di eritrosedimentazione (nota come VES) e della proteina C reattiva (o PCR).
Per fugare ogni dubbio e giungere ad una diagnosi definitiva è comunque necessario ricorrere ad indagini strumentali; tra queste ricordiamo il clisma opaco del colon a doppio contrasto, l’ecografia intestinale e soprattutto la colonscopia. Quest’ultima indagine, in particolare, permette di apprezzare visivamente infiammazioni localizzate e l’eventuale presenza di ulcere superficiali e profonde. Non solo, nel corso dell'esame vi è la possibilità di effettuare biopsie prelevando piccoli campioni di tessuto; dopodiché, analizzando al microscopio tali campioni il medico potrà valutare la presenza di aspetti tipici dell’infiammazione cronica e giungere così ad una diagnosi definitiva.

Allo stato attuale, il morbo di Crohn non è curabile. Tuttavia, sono disponibili numerosi approcci terapeutici per controllare i sintomi ed evitare il peggioramento della malattia. Lo scopo del trattamento è quello di ottenere periodi di remissione più lunghi ed acuzie meno intense. Per conseguire o mantenere questo risultato, a seconda della gravità del processo infiammatorio, vengono utilizzati farmaci ad azione anti-infiammatoria più o meno potenti, come gli aminosalicilati e i corticosteroidi; tra i primi ricordiamo
la sulfasalazina, la mesalazina e l'olsalazina; tra i cortiscosteroidi ricordo invece il prednisolone e il desossimetasone.
In combinazione con gli antinfiammatori, possono essere somministrati anche antibiotici e farmaci immunosoppressori, che attenuano le reazioni immunitarie dell’organismo e bloccano l’infiammazione. Negli ultimi anni, sono state introdotte anche terapie con farmaci biologici, come gli anticorpi che bloccano selettivamente il TNF-alfa, una delle principali molecole coinvolte nel processo flogistico. È il caso dell’infliximab e dell'adalimumab, che per i potenziali effetti collaterali vengono in genere utilizzati solo in caso di fallimento degli altri approcci farmacologici. Nei casi refrattari alla terapia farmacologica o quando la malattia è complicata, si ricorre all’intervento chirurgico che comporta, in genere, la resezione del tratto di intestino interessato dalla malattia. Occorre precisare, però, che questo genere di intervento non cura definitivamente la malattia, che può ricomparire in altri segmenti intestinali.