Cardiopatia ischemica: di cosa si tratta, cause e terapia fisica del cardiopatico

Cardiopatia ischemica: di cosa si tratta, cause e terapia fisica del cardiopatico
Ultima modifica 29.06.2023
INDICE
  1. Ossigenazione di un cuore sano
  2. Malattia coronarica e cardiopatia ischemica
  3. Cause di cardiopatia ischemica
  4. Cosa fare? Terapia fisica del cardiopatico

Ossigenazione di un cuore sano

Il miocardio, tessuto contrattile del cuore, ha un metabolismo energetico essenzialmente aerobico, basato cioè su reazioni ossidative che necessitano di un rifornimento costante e sufficiente di ossigeno.

Quando un tessuto viene privato dell'ossigeno necessario al corretto funzionamento, entra in stato di ipossia o anossia. Nel caso del miocardio, il problema è dovuto dall'insufficiente apporto sanguigno da parte delle arterie coronarie, condizione estremamente mal tollerata dal muscolo cardiaco.

Nel soggetto normale e a riposo, come conseguenza dell'estrazione di ossigeno dal sangue arterioso, il sangue venoso refluo dal miocardio è povero di ossigeno. Infatti, prelevando sangue venoso dal seno coronarico, la saturazione di O2 è all'incirca del 20%, indicando una estrazione a riposo pressoché massimale.

I fattori che determinano specificatamente il consumo di O2 da parte del miocardio sono:

e cioè la meccanica dell'attività cardiaca.

Nel soggetto normale, il rifornimento di ossigeno dalla circolazione coronarica è regolato in modo tale che, in occasione di uno sforzo anche massimale, la domanda miocardica di ossigeno sia sempre ampiamente soddisfatta.

Il miocardio normale, irrorato da arterie coronarie sane, non è quindi mai ipossico.

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Malattia coronarica e cardiopatia ischemica

La malattia coronarica è definita dalla presenza di lesioni ateromatose a livello delle arterie coronarie (aterosclerosi coronarica), che limitano la circolazione coronarica da cui dipende il normale funzionamento del muscolo cardiaco; la gravità del danno dipende dalla severità e dall'estensione della malattia coronarica.

Le lesioni sono generalmente localizzate nel tratto prossimale delle arterie - ma possono essere anche diffuse e colpirne le diramazioni più periferiche - e determinano un grado di ostruzione, o stenosi, più o meno severo.

La stenosi coronarica comporta una riduzione del flusso sanguigno, quindi un minore apporto di O2 al miocardio situato a valle della stenosi in oggetto, che diventa pertanto ipossico; come meccanismo di compenso a questa situazione, si determina una dilatazione a carico delle arteriole coronariche, allo scopo di mantenere un flusso sanguigno il più possibile adeguato.

Se la stenosi coronarica è moderata, il miocardio a valle potrà ricevere, a riposo, un rifornimento di O2 ancora sufficiente; quando la stenosi è severa (ostruzione del lume arterioso >80%) si crea una situazione di ipossia o ischemia cronica, nonostante la vasodilatazione massimale delle arteriole coronariche.

Se la richiesta di O2 da parte del miocardio aumenta, ad es. in occasione di uno sforzo fisico, le lesioni stenotiche causano un ostacolo al rifornimento dell'O2 stesso, determinando quindi una situazione di ischemia.

L'ischemia, a sua volta, comporta la comparsa dei segni di sofferenza miocardica, e cioè:

  1. anomalie metaboliche (produzione di acido lattico);
  2. depressione della funzione miocardica (insufficienza cardiaca);
  3. anomalie elettrocardiografiche;
  4. sintomatologia anginosa.

Va ricordato che, oltre al restringimento coronarico determinato dall'aterosclerosi, una situazione di ischemia miocardica può essere secondaria al cosiddetto spasmo coronarico. Per spasmo si intende un restringimento prolungato, intenso e localizzato di un tratto di arteria coronaria; esso può instaurarsi sia su arterie coronarie sane, sia su arterie coronarie aterosclerotiche.

Per quanto concerne i quadri clinici della cardiopatia ischemica, si possono distinguere diverse situazioni, definibili come fase acuta e fase cronica.

Fanno parte del primo gruppo la morte improvvisa, generalmente per aritmie ventricolari gravi o blocchi A-V, l'angina pectoris, l'angina pre-infartuale e l'infarto miocardico.

La cardiopatia ischemica cronica è rappresentata dal quadro clinico cronico e stabilizzato riferibile alla coronaropatia aterosclerotica.

La cardiopatia ischemica, che colpisce più frequentemente l'uomo rispetto alla donna, è da ritenersi una delle più comuni cause di morte nei Paesi industrializzati occidentali, superando notevolmente la mortalità conseguente al cancro. Su 100.000 abitanti, da 100 a 500 morti sono da ascriversi a tale patologia.

Si ricorda che, negli ultimi anni, si è registrata una graduale ma significativa riduzione della mortalità cardiovascolare, verosimilmente in relazione ai provvedimenti attuati per la correzione dei principali fattori di rischio precedentemente elencati.

Tali provvedimenti configurano la cosiddetta prevenzione primaria della malattia coronarica.

Cause di cardiopatia ischemica

I principali fattori predisponenti alla malattia coronarica sono:

  1. l'ipertensione arteriosa;
  2. il fumo di sigarette;
  3. il diabete mellito;
  4. le iperlipoproteinemie primitive e secondarie;
  5. l'eccesso ponderale;
  6. il sedentarismo;
  7. l'iperuricemia;
  8. l'ipotiroidismo;
  9. lo stress.

Cosa fare? Terapia fisica del cardiopatico

La terapia può essere di ordine:

  1. medico (farmaci antiischemici):
  2. chirurgico (rivascolarizzazione miocardica, soprattutto con by-pass aorto-coronarico);
  3. riabilitativo, grazie all'esercizio motorio (e alla dieta).

La riabilitazione del cardiopatico, in effetti, rappresenta il punto di incrocio tra la malattia ischemica e l'attività fisica.

Questo perché i benefici dell'allenamento sulla salute del cuore sono ormai conclamati. Certo, l'ideale è sempre "prevenire anziché curare" ma, a dispetto di quanto si credeva alcuni decenni orsono, "far lavorare" il cuore (con logica e giudizio) è l'unico modo per migliorarne la salute, la funzionalità e quindi stabilizzare o addirittura far regredire (a certi livelli) la malattia coronarica.

Come precisa l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la terapia fisica del cardiopatico consiste in una:

«serie di provvidenze da attuare allo scopo di ricondurre il paziente alle migliori condizioni fisiche, mentali e sociali possibili, compatibilmente con la sua menomazione».

Per quanto concerne la riabilitazione del cardiopatico, è necessario considerare diversi stadi, e più precisamente:

  1. fase acuta;
  2. fase di convalescenza;
  3. fase post-convalescenza e di stabilizzazione.

Le prime due sono normalmente svolte in ospedale e vanno dalla mobilizzazione precoce che comprende esercizi di ginnastica respiratoria, di mobilizzazione degli arti sino alla ripresa della stazione eretta, e del cammino prima in piano e poi per le scale in discesa. Tutte queste fasi sono costantemente sotto controllo con monitoraggio.

  • Allorquando, dopo circa 6 settimane, il soggetto entra nella fase di postconvalescenza e di stabilizzazione, se non esistono controindicazioni, l'attività fisica verrà gradualmente incrementata con lavoro al cicloergometro o su ergometro trasportatore o mediante il cammino libero, ricorrendo ancora periodicamente a controllo specialistico con registrazione di elettrocardiogramma nel corso dell'attività prevista.
  • Inizialmente, il soggetto pedalerà per circa 8 minuti due volte al giorno a 50 pedalate al minuto a 200 kgm/min (33 W) di carico, per portarsi progressivamente dopo un mese a 15 minuti con 60 pedalate al minuto e con un carico di 450 kgm/min (75 W).
  • La fase di mantenimento, dopo circa altri due mesi, comporterà un lavoro giornaliero di 15 minuti a 60 pedalate al minuto e con un carico di 600 kgm/min (100 W).

Qualora il soggetto preferisca camminare o non abbia a disposizione un cicloergometro:

  • Inizierà camminando per 12 minuti e percorrendo in tale tempo circa 800 m in piano.
  • Dopo un mese, passerà a percorrere in 20 minuti 2 km, per arrivare, dopo altri due mesi, ad un programma di mantenimento che consiste nel camminare per 30 minuti percorrendo 3 km.
  • Successivamente, se non esistono controindicazioni sul piano medico in base ai controlli periodici, sarà possibile la ripresa di attività sportive che non comportino un dispendio superiore ai 7-8 MET.