Ultima modifica 01.04.2020

Tra tutte le indagini allergologiche, il test di provocazione è quello che offre le maggiori garanzie diagnostiche, a prezzo però di un elevato rischio di reazioni avverse, talvolta anche gravi, e di un elevato costo in termini di tempo. Test di provocazionePer questo motivo, il test di provocazione avviene in condizioni strettamente controllate, con personale sanitario munito di farmaci come cortisonici, antistaminici ed adrenalina; inoltre, non viene mai effettuato nel caso in cui il paziente abbia già avuto uno shock anafilattico od una grave reazione allergica.

Il test di provocazione è un'indagine allergologica di terzo livello; secondo la logica, infatti, di fronte al sospetto di un'allergia il paziente viene dapprima sottoposto a test di provocazione cutanei (prick test, patch test) e solo in presenza di un risultato dubbio viene indirizzato ad indagini di secondo livello, basate sul dosaggio sierico delle IGE (Prist test, Rast Test), ed eventualmente di terzo livello (test di provocazione).

L'esame consiste nella somministrazione diretta dell'allergene sospetto (test di provocazione specifico) o di altre sostanze (test di provocazione aspecifici, come quelli bronchiali con metacolina od istamina). Se ad esempio si sospetta un'allergia alimentare, l'allergene (ad esempio le proteine dell'uovo o delle arachidi) viene somministrato per via orale in forma secca o liofilizzata, generalmente mediante capsule; allo stesso modo, di fronte al sospetto di asma l'allergene viene somministrato per via inalatoria. Il paziente viene quindi tenuto in osservazione per alcune ore, registrando eventuali sintomi in maniera obiettiva (dimensioni e numero dei pomfi, spirometria ecc.); tra quelli più comuni in presenza di reazioni allergiche ricordiamo prurito, orticaria/angioedema, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, dispnea, tosse, rinorrea, starnutazione, lacrimazione, cefalea, irritabilità, tensione e fatica.

Test di provocazione orale

I test di provocazione orale possono essere effettuati per la diagnosi di reazioni allergiche ad alimenti o a farmaci assunti per os. L'allergene viene offerto al paziente partendo da una dose molto bassa, che probabilmente non provocherà sintomi; ad intervalli di tempo regolari (circa 30 minuti), vengono poi somministrate quantità incrementali di allergene, fino ad osservare una reazione positiva o fino al raggiungimento di quantità standard.

Per la massima affidabilità diagnostica, il test di provocazione dovrebbe essere effettuato in doppio cieco; ciò significa che il potenziale allergene dovrebbe essere affiancato da una sostanza di controllo anallergica (placebo) e che né il medico né il paziente dovrebbero essere a conoscenza del contenuto dei campioni.

Il test in doppio cieco contro placebo (double-blind placebo-controlled food challenge o DBPCFC) è attualmente considerato il test di riferimento o gold standard per la diagnosi di allergia alimentare. Il risultato di questa indagine è assai importante, poiché permette di formulare eventuali diete di esclusione, cioè prive dell'allergene evidenziato.

Seppur assai sensibili e specifici, anche i test di provocazione orale mostrano alcune limitazioni. Innanzitutto sono di difficile esecuzione e possono essere erogati solo in pochi centri specializzati. Il limite concettuale maggiore è rappresentato dal fatto che non sempre sono in grado di riprodurre quanto accade al paziente nella sua vita quotidiana: un chiaro esempio di questo concetto è l'anafilassi cibo-dipendente ed esercizio-indotta. I pazienti affetti da questa forma di anafilassi presentano uno skin test positivo ed elevati livelli di IgE, ma la reazione anafilattica si manifesta soltanto se l'ingestione dell'alimento è seguita (in un intervallo di tempo che va da alcuni minuti a 3 ore) da esercizio fisico. In simili circostanze un test di provocazione orale risulterebbe falsamente negativo.

Test di provocazione bronchiale

Il test di provocazione bronchiale può essere aspecifico (con istamina o metacolina) o specifico con allergeni. La metacolina è una sostanza farmacologica in grado di provocare una lieve ostruzione bronchiale nei soggetti asmatici, mentre risulta del tutto innocua per il resto della popolazione. Il test di provocazione bronchiale con metacolina sfrutta questa caratteristica e prevede l'esecuzione di una serie di spirometrie forzate dopo aver inalato dosi crescenti della sostanza attraverso un nebulizzatore.

Esiste anche un test di provocazione bronchiale che sfrutta l'esercizio fisico come fattore scatenante l'asma da sforzo. Il soggetto viene quindi sottoposto ad un esercizio sub-massimale per 5 o 6 minuti (corsa o camminata in salita), e a varie spirometrie (prima e dopo 5, 10 e 20 minuti dalla fine dello sforzo).

Test di provocazione nasale

Dopo la somministrazione dell'allergene (ad esempio pollini) per via inalatoria (spray) si conta il numero di starnuti e si valuta il quadro clinico generale; si utilizzano inoltre strumenti sofisticati, chiamati rinomanometri, che misurano il flusso d'aria che attraversa le narici e la resistenza offerta al passaggio dell'aria. Il test di provocazione nasale è considerato positivo se si registra un calo della conduttanza di almeno il 20%.