Ipertermia per la Cura dei Tumori

Ultima modifica 25.02.2020

Generalità

"Datemi la febbre e curerò qualsiasi malattia": quest'affermazione, attribuita al medico greco Ippocrate (400 a.C.), testimonia come l'uomo abbia da tempo intuito le potenzialità terapeutiche del calore.

Le prime evidenze documentali sul possibile effetto curativo delle alte temperature nel trattamento dei tumori risalgono al 1866, quando il medico tedesco Busch osservò la remissione completa di un sarcoma al volto di un paziente dopo ripetuti attacchi di febbre alta.

IpertermiaConsiderata a lungo un approccio di dubbia efficacia, a partire dagli anni '70 e '80 del secolo scorso l'applicazione clinica dell'ipertermia in ambito oncologico ha conosciuto un periodo di interessante dinamismo. Da allora diversi studi hanno confermato i benefici terapeutici derivanti dall'associazione dell'ipertermia con la radioterapia (termoradioterapia) e con la chemioterapia (termochemioterapia) nel trattamento di diversi tipi di tumore. Il grassetto sulla parola associazione intende enfatizzare che, allo stato attuale delle conoscenze, l'ipertermia è considerata un importante alleato nella cura dei tumori soprattutto se usata insieme alle terapie standard.

Oggi, per i potenziali benefici terapeutici di questa tecnica, l'ipertermia è riconosciuta come la quarta colonna dell'oncologia.

Cos'è l'ipertermia oncologica?

L'ipertermia oncologica è un trattamento clinico per la cura di tumori maligni, utilizzabile da solo o più frequentemente in combinazione con trattamenti di radioterapia e chemioterapia. Attualmente, infatti, questa tecnica non viene tanto utilizzata come alternativa, quanto come coadiuvante di altri trattamenti antitumorali; tale associazione consente di ottenere un reciproco potenziamento dell'efficacia terapeutica. Inoltre, l'associazione con l'ipertermia permette di ridurre le dosi di chemioterapici e radiazioni, con un sensibile abbattimento degli effetti collaterali legati alle terapie standard.

Tipi di Ipertermia

L'effetto terapeutico dell'ipertermia per la cura dei tumori può essere sfruttato utilizzando differenti approcci e tecnologie.

Forme tumorali che hanno dimostrato una buona risposta all'ipertermia:

La temperatura e la durata dell'esposizione al calore sono le due grandezze fondamentali da calibrare per l'ottenimento del risultato terapeutico auspicato. Tuttavia, oltre all'entità della temperatura raggiunta e al tempo di applicazione del calore, è molto importante valutare la sorgente che genera il riscaldamento e la sua sede di applicazione. Si possono ad esempio utilizzare micro-onde, radiofrequenze, nanoparticelle, ultrasuoni, laser ecc., collocati esternamente o internamente al corpo.

Tutte queste variabili vengono scelte dall'oncologo sulla base delle caratteristiche dei diversi casi clinici.

Risultati

In oncologia le possibilità di guarire da un tumore maligno dipendono da moltissimi fattori, come il tipo e lo stadio della neoplasia, le sue dimensioni e la sua localizzazione, l'età e le condizioni di salute generali del paziente.

Tenendo a mente tutto ciò, diversi studi hanno evidenziato come l'ipertermia rappresenti un ottimo adiuvante alle classiche tecniche di cura per i tumori, presentando poche controindicazioni per i pazienti.

Per alcune tipologie di tumori, associando la radioterapia (e/o la chemioterapia) con l'ipertermia, si è ottenuto un aumento del 30-100% delle percentuali di remissione completa e/o dei tassi di sopravvivenza a 2 e 5 anni, rispetto all'utilizzo della sola radioterapia (e/o chemioterapia). Per alcune forme tumorali, come il cancro rettale, i risultati di cura si sono dimostrati ancor più incoraggianti (fino a +500% del tasso di soppravivenza a cinque anni).

Ipertermia Classica 41-45°C

L'ipertermia oncologica classica si prefigge di riscaldare le cellule tumorali senza danneggiare i tessuti sani circostanti.

  • Se le temperature raggiunte si collocano tra i 41-43°C (mild hyperthermia) lo scopo principale è quello di aumentare la suscettibilità della neoplasia ai trattamenti radioterapici e/o chemioterapici.
  • Se le temperature raggiunte si collocano tra i 43 e i 46°C diviene invece più importante l'effetto diretto del calore sull'uccisione delle cellule tumorali.

A seconda dei casi, il trattamento di ipertermia classica dura mediamente dai 40 ai 60 minuti e viene ripetuto da due a tre volte a settimana. Trattamenti più frequenti tenderebbero infatti ad indurre termoresistenza (o termotolleranza che dir si voglia) nelle cellule cancerose, rendendole capaci di sopportare meglio le alte temperature.

A seconda dei casi, la sorgente di calore può avere diverse dimensioni e collocarsi a diverse profondità, in diversi organi o parti anatomiche del corpo umano. Ad esempio, tra le moderne tecniche di ipertermia è prevista anche la possibilità di impiantare direttamente nel sottocute delle antenne a microonde.

Come funziona

DANNO DIRETTO ALLE CELLULE TUMORALI

L'efficacia dell'ipertermia oncologica si basa sull'angiogenesi caotica dei tessuti tumorali. In sostanza, il microambiente tumorale presenta quasi sempre un'impalcatura vascolare caotica e disorganizzata; di conseguenza, ampie zone tumorali (soprattutto la massa centrale) ricevono quantità insufficienti di sangue e ossigeno. A causa di queste alterazioni dei vasi sanguigni la massa neoplastica risulta incapace di dissipare il calore come i normali tessuti; in altre parole, i tumori tendono a soffrire molto di più il calore rispetto ai tessuti sani, perché alcune loro aree ricevono poco sangue (che funge da vero e proprio liquido di raffreddamento); per lo stesso motivo, tali aree risultano già sofferenti per la scarsità di ossigeno e nutrienti e per l'abbondanza di prodotti di rifiuto (iperacidificazione).

Il calore somministrato mediante ipertermia determina dei danni a livello della membrana plasmatica, dello scheletro cellulare e del nucleo; se l'entità e la durata dell'ipertermia sono sufficienti, questi danni portano direttamente alla morte della cellula tumorale. Il danno diretto diventa significativo a temperature >43°C: quello indiretto, che vedremo tra poco, è invece tipico della cosiddetta "mild hyperthermia" (42-43°C).

DANNO INDIRETTO: IPERTERMIA ADIUVANTE

Il nostro corpo reagisce all'innalzamento della temperatura locale aumentando il flusso sanguigno all'area interessata. In questo modo le maggiori quantità di sangue circolanti "assorbono" calore preservando i tessuti dal danno termico. Questa risposta avviene anche a livello tumorale, per cui - nei limiti della peculiare disorganizzazione vascolare - le cellule tumorali sottoposte a un lieve innalzamento della temperatura ricevono maggiori quantità di sangue e ossigeno:

  • nel sangue possono essere presenti farmaci antitumorali, che grazie alla vasodilatazione indotta dall'ipertermia riescono a raggiungere più agevolmente le aree neoplastiche meno vascolarizzate; l'azione di questi farmaci potrebbe essere facilitata anche dalle alterazioni cellulari (aumento della permeabilità della membrana plasmatica) ed enzimatiche (denaturazione proteica) indotte dal calore.
    Quando nella massa tumorale le temperature superano i 43°C si registra invece una diminuzione del flusso sanguigno tumorale, con conseguente "intrappolamento" delle molecole di farmaco.
    I vantaggi dell'associazione ipertermia-chemioterapia sono stati confermati da diversi studi. Farmaci antitumorali come Melphalan, Bleomicina, Adriamicina, Mitomicina C, Nitrosuree, Cisplatino risultano più efficaci quando somministrati durante ipertermia. A tal proposito occorre comunque sottolineare che non tutti i chemioterapici conosciuti trovano un potenziamento della loro efficacia se utilizzati in ambiente ipertermico.
  • Il maggiore apporto di ossigeno al tessuto tumorale amplifica gli effetti della radioterapia, che si basano soprattutto sui danni al DNA indotti dalle specie reattive dell'ossigeno (radicali liberi) generate dalle radiazioni. Come visto per la chemioterapia, l'attività della radioterapia è facilitata anche dalla compromissione cellulare neoplastica legata al danno precedentemente inflitto dall'ipertermia.
    Il reciproco completamento e rinforzo d'azione tra ipertermia e radioterapia deriva dal fatto che:
    • il danno indotto dall'ipertermia è maggiore nelle aree a bassa vascolarizzazione (che non riescono a dissipare efficacemente il calore), come il nucleo centrale ipossigenato del nodulo neoplastico;
    • il danno indotto dalla radioterapia è invece maggiore nelle aree ad alta vascolarizzazione (più ricche di ossigeno), come le zone mantellari periferiche del nodulo tumorale;
    • i due trattamenti esplicano la loro massima efficacia lesiva sul tumore in fasi diverse del ciclo cellulare, risultando complementari anche in tal senso.

Il massimo guadagno terapeutico sembra ottenibile praticando il trattamento ipertermico entro una o due ore dopo la seduta radioterapica. Per quanto riguarda la termochemioterapia, invece, i due trattamenti possono anche essere effettuati simultaneamente.

L'ipertermia oncologica può contribuire alla riduzione della massa tumorale in vista di un intervento di asportazione chirurgica. Si registrano inoltre benefici in termini di effetto antalgico (riduzione del dolore scatenato dalla compressione dei tessuti da parte della massa neoplastica).

Altre forme di Ipertermia

IPERTERMIA TOTAL-BODY

Come ricorda il nome, questa forma di ipertermia prevede il riscaldamento dell'intero organismo. Lo scopo, in questo caso, non è quello di distruggere direttamente la massa tumorale, ma di determinarne la remissione indiretta per mezzo di un potenziamento del sistema immunitario. Quest'ultimo, infatti, ha una capacità intrinseca di distruggere le cellule cancerose, e tale capacità aumenta enormemente in condizioni di alta temperatura corporea.

Lo scopo dell'ipertermia total-body è di indurre una febbre artificiale, simulando un attacco febbrile intorno ai 39-41° centigradi. A tal proposito possono essere utilizzate camere termiche o coperte di acqua.

L'utilizzo della total-body è perlopiù confinato in ambito sperimentale per il trattamento di metastasi diffuse. La tecnica richiede uno stretto monitoraggio del paziente per evitare danni da ipertermia, che possono essere anche molto gravi. Si tratta inoltre di una terapia adiuvante, da utilizzarsi quindi in associazione ad altre terapie antitumorali.

IPERTERMIA INTERSTIZIALE

Come visto per la brachiterapia - in cui vengono impiantate piccole sorgenti radioattive nel tessuto bersaglio - l'ipertermia interstiziale prevede l'impianto di dispositivi in grado di generare un'ipertermia locale. Si utilizzano a tal proposito delle antenne che riscaldano grazie all'erogazione di microonde.

IPERTERMIA INFUSIONALE e IPERTERMIA A PERFUSIONE

L'ipertermia infusionale intraperitoneale si basa sull'utilizzo di lavaggi peritoneali con soluzioni medicate ad alte temperature. Viene utilizzata in caso di neoplasie peritoneali di difficile trattamento, come il mesotelioma peritoneale e il cancro dello stomaco. Sullo stesso principio si basano altre tecniche di ipertermia che prevedono l'infusione di soluzioni terapeutiche riscaldate in altre cavità, come quella pleurica o vescicale.

Nell'ipertermia a perfusione si ricorre alla circolazione extracorporea, con riscaldamento di parte di sangue e re-immissione dello stesso con addizione di farmaci chemioterapici, in modo da ottenere elevate concentrazioni di farmaco nel tessuto perfuso.

IPERTERMIA ABLATIVA

In questo caso le temperature sono molto più alte (50-100°C), ma vengono applicate solo per pochi minuti. Simili temperature sono in grado di produrre una necrosi immediata e totale dei tessuti trattati. Il calore viene generato dall'applicazione di una corrente elettrica alternata tramite elettrodi o mediante l'uso di laser o radiazioni elettromagnetiche, applicati direttamente sulla massa tumorale (trattamento invasivo). La difficoltà maggiore risiede nel preservare i tessuti sani circostanti il tumore.

Sebbene questa tecnica sfrutti l'effetto terapeutico del calore, per il meccanismo d'azione esula da quello che è il concetto tradizionale di ipertermia.

NUOVI SVILUPPI NELL'AMBITO DELL'IPERTERMIA

La scienza dell'ipertermia è in continua evoluzione, per sviluppare trattamenti sempre più selettivi in modo da distruggere le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane.

Gli sviluppi più recenti riguardano la termometria non invasiva con l'uso di scanners a risonanza magnetica (per valutare la temperatura nelle diverse aree tumorali), la magneto fluido ipertermia e l'impiego di liposomi termosensibili. Questi ultimi sono dei farmaci racchiusi in vescicole lipidiche, stabili alle normali temperature corporee ma capaci di rilasciare il loro contenuto a temperature di circa 40-43°C; tali farmaci rappresentano quindi il connubio ideale con i trattamenti di ipertermia regionale.

Limiti

La comprensione dei meccanismi d'azione dell'ipertermia e dei conseguenti benefici potenziali nella cura dei tumori, potrebbe portare a un eccessivo entusiasmo del lettore nei confronti di questa tipologia di trattamento.

Sebbene sia supportata da discrete prove di efficacia, l'applicazione dell'ipertermia in ambito oncologico conserva alcune criticità. Anzitutto nella pratica clinica possono esistere delle controindicazioni o dei limiti che rendono impraticabile l'intervento; alcune tecniche, per esempio, prevedono dei veri e propri interventi chirurgici più o meno invasivi; altre sono ancora confinate perlopiù in ambito sperimentale. Occorre inoltre superare dei limiti tecnici connessi all'emissione del calore, alla profondità di penetrazione, all'omogeneità dei campi termici e alla necessità di un corretto dosaggio termico per evitare danni ai tessuti sani. A tal proposito sono auspicabili ulteriori studi e sviluppi tecnologici per mettere a punto protocolli efficaci e standardizzati da adottare nelle diverse situazioni cliniche.