Ultima modifica 20.02.2020

Le frodi alimentari si dividono in due tipologie: frodi sanitarie (toccano la salute del consumatore) e frodi commerciali (lo danneggiano solo economicamente).

Frodi Sanitarie

Si tratta di fatti che rendono nocive le sostanze alimentari e attentano alla salute pubblica.
Frodi alimentariPossono essere commessi da "chiunque detiene per il commercio o pone in commercio o distribuisce per il consumo, acque, sostanze o cose da altri avvelenate, adulterate o contraffatte in modo pericoloso per la salute pubblica". (artt. 442 e 444 del Codice Penale).
Il reato si configura anche per il solo fatto di esporre (porre in commercio) sostanze pericolose, pur se non sono state ancora vendute, oppure anche se si tratta di distribuzione.
Un classico esempio di frode sanitaria è l'adulterazione del vino con metanolo o del latte con melamina.

Frodi Commerciali

(art. 515 del Codice Penale)


Le frodi commerciali ledono i diritti contrattuali e patrimoniali del consumatore.
Si tratta del caso in cui, nell'esercizio di un'attività commerciale, avviene la "consegna all'acquirente di una cosa per un'altra, o diversa da quella dichiarata o pattuita per origine, provenienza, qualità o quantità".
Non vi è alterazione delle qualità dell'alimento tale da renderlo nocivo, ma un illecito profitto a danno del consumatore.
Per configurare una frode in commercio, è sufficiente anche una piccola differenza circa l'origine del prodotto o la provenienza, o sul sistema di preparazione, o sulla quantità (caso tipico è la cosiddetta "vendita per tara merce", come quando il salumiere pesa furbescamente l'affettato senza sottrarre la tara della carta").
Una delle frodi commerciali più diffuse riguarda il riso: il produttore può giocare sulla percentuale di chicchi spezzati (limite massimo al 5% fissato per legge), o sulla loro qualità (chicchi di varietà meno pregiate) o provenienza.

Solo nel primo semestre del 2000, ben 590 delle 4.802 aziende alimentari ed esercizi di ristorazione controllate dall'Ispettorato centrale repressione frodi del Mipaf (circa il 12,3 per cento), sono risultate colpevoli di sofisticazioni, adulterazioni, imbrogli.
Il record delle infrazioni tra i prodotti spetta senz'altro al riso, con il 29,2% dei campioni esaminati irregolari, seguito da latte e formaggi (fuori norma il 18,8% dei campioni), dalle conserve vegetali (16,8%), da liquori e distillati (13,6%), dal miele (12,9%), dagli oli d'oliva (10,1%) e da quelli di semi (9,5%), da vino, mosti e aceti (9,1%), da sfarinati e paste (8,1%).

Vediamo alcuni esempi:

Mozzarella di bufala prodotta con latte vaccino addizionato a quello di bufala.
Miele, alimento a rischio sia di frodi commerciali (millefiori commercializzati come monofiorali), sia sanitarie (quello proveniente dai Paesi extracomunitari contiene spesso residui fitosanitari non ammessi in Italia ma consentiti nei Paesi produttori).
Olio di oliva: aggiungendo pochi grammi di clorofilla (un pigmento naturale) ad olio di nocciola o di arachide si ottiene un prodotto molto simile all'originale. Frequentemente si commerciano come Italiani oli di oliva provenienti da altri paesi, come la Tunisia o la Spagna. Analogo discorso per i pomodori in scatola e per le conserve vegetali.

Aceto balsamico di Modena che arriva da Afragola.
Molti i trucchi anche per i prodotti tipici: nel caso dei formaggi, un'azienda romana è divenuta leader nel Lazio grazie ad un formaggio Norcia che non aveva nulla a che vedere con la cittadina umbra.

Attenzione anche ai ristoranti cinesi, in alcuni casi hanno usato soia geneticamente modificata senza avvertire i clienti.

La lista delle frodi alimentari scoperte dai N.A.S. (Nucleo Anti Sofisticazione dei Carabinieri), non si ferma qui; vediamo allora ulteriori esempi:


Formaggi
* formaggi ottenuti con latte in polvere ricostituito (consentito in altri paesi);
* formaggi pecorini contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino;
* mozzarelle di bufala contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino;
* attribuzione della designazione di formaggio doc a formaggi comuni;
* vendita di formaggi di provenienza diversa, e magari estera, come tipici o a denominazione di origine.

Latte
* tenore in grasso differente rispetto al dichiarato;
* trattamenti di risanamento non consentiti;
* latte fresco ottenuto da latti precedentemente pastorizzati;
* latte ottenuto dalla ricostituzione del latte in polvere.

Miele
* aggiunta di zuccheri di altra origine;
* vendita di un miele di una origine botanica diversa da quella dichiarata;
* vendita di mieli extracomunitari per mieli italiani.

Olio
* olio extravergine contenente oli raffinati, sia di oliva che di semi;
* oli con tenori analitici non rispondenti ai requisiti previsti dai regolamenti comunitari;
* oli di semi variamente colorati che possono venire spacciati per oli di oliva.

Pasta
* uso di farine di grano tenero (compromette le qualità organolettiche della pasta);
* impiego di altri cereali meno costosi (e conseguente decadimento qualitativo);
* uso di semole di qualità scadente o avariate;
* aggiunta di coloranti o di additivi chimici per imitare le paste speciali o le paste all'uovo o per mascherare il tipo di sfarinato usato.

Riso
* varietà di pregio minore a quella indicata;
* miscela di diverse varietà;
* vendita di riso proveniente dall'estero come se fosse prodotto nazionale;
* risi mal selezionati con aggiunta di chicchi rotti e elementi estranei, mal conservati o vecchi.

Uova
* uova riportanti una data di preferibile consumo superiore ai 28 giorni consentiti;
* uova differenti per categoria di peso;
* uova conservate in frigo e vendute come fresche.

Vini
* vini ottenuti dalla fermentazione di zuccheri di natura diversa da quelli dell'uva (pratica vietata in Italia);
* aggiunta di sostanze vietate: alcool, antifermentativi, aromatizzanti, coloranti;
* qualità inferiore a quella dichiarata in etichetta;
* eccesso di anidride solforosa o gradazione alcolica inferiore a quella prevista.