Quando l'abbronzatura era tabù
Nel corso della storia, la pelle più chiara è stata collegata a uno status sociale più elevato, a significare che una persona non doveva sopportare gli effetti dei raggi del sole dovuti al lavoro o alla vita all'aria aperta. Fino agli inizi del 1900, era pratica standard per le ricche donne europee e americane proteggersi con ombrellini, cappelli e guanti.
Come veniva considerata l’abbronzatura in passato?
Il rapporto dell'uomo con l'abbronzatura è cambiato profondamente nel tempo.
Per migliaia di anni, l'emblema della bellezza è stato rappresentato dalla carnagione pallida, a richiamo del colore della porcellana; a sostegno di ciò, sono state rinvenute diverse testimonianze che mostrano come le nobildonne dell'antica Roma si proteggessero dal sole allo scopo di mantenere la loro pelle chiara. Di contro, la pelle abbronzata era poco apprezzata in quanto prerogativa dei ceti sociali umili, costretti a lavorare all'aperto, sotto il sole.
A partire dai primissimi anni del ventesimo secolo, l'opinione sull'abbronzatura iniziò lentamente a cambiare, evolvendosi gradualmente verso l'attuale concetto di tintarella.
Una nota importante, prima di proseguire. Naturalmente, il colore della "pelle abbronzata" è del tutto relativo e non è certamente un ideale di bellezza universalmente accettato. Molte persone dalla pelle chiara che vivono in Europa, Nord America e parti del Sud America possono aspirare ad un intenso bagliore dorato, mentre alcune persone in altre parti del Mondo, tra cui Asia, India e Medio Oriente, desiderano tonalità della pelle più chiare o più rosate, a volte utilizzando prodotti per schiarire la loro tonalità naturale. Ci sono anche molte persone che sono felici di mantenere la pelle della loro pigmentazione naturale, indipendentemente da ciò che è considerato "attraente" nella loro rispettiva cultura.
Quando si ha un’inversione di tendenza?
Storia dell’abbronzatura: la svolta
Nel 1903, un medico di nome Niels Finsen ricevette il premio Nobel per la medicina per la sua invenzione della "terapia della luce", che utilizzava la luce solare per combattere malattie come il rachitismo e la tubercolosi. Ben presto, sempre più persone furono disposte a esporre la propria pelle ai raggi del sole per motivi di salute, sebbene la pelle visibilmente abbronzata fosse ancora in opposizione agli standard di bellezza promossi dai media occidentali all'inizio degli anni '20.
Quando ombrellini e creme non bastavano a evitare gli effetti negativi della luce solare, le donne si rivolgevano a prodotti schiarenti per la pelle destinato a "bandire l'abbronzatura, le lentiggini e altre imperfezioni estive", come venivano spesso chiamate all'epoca.
La luce del sole cominciò ad essere osservata con nuovi occhi: non più un fattore da evitare a tutti i costi, ma una possibile alleata nella prevenzione e nel trattamento di alcune malattie della pelle.
Il cambiamento nell'atteggiamento nei confronti del prendere il sole è strettamente correlato ad uno spostamento sartoriale verso orli più corti e corsetti meno restrittivi, nonché all'abbraccio di attività piacevoli come fumare, bere e ballare. Come la natura ribelle delle flapper, l'abbronzatura era un altro modo per le persone di ostentare le libertà ritrovate dopo aver abbandonato i modi conservatori dell'era vittoriana.
Gabrielle "Coco" Chanel è una delle tante che in questo periodo ha iniziato a sfoggiare la pelle baciata dal sole. Una vera e propria inversione di tendenza si verificò, quando lanciò la. La storia ampiamente accettata è più o meno questa: la stilista venne fotografata in Costa Azzurra mentre prendeva il sole nel 1923 e voilà! Da quel momento in poi la pelle abbronzata divenne l'aspetto desiderato. Inoltre, pare che la stilista amasse particolarmente il bianco dei vestiti e delle perle, che risaltavano sulla carnagione abbronzata.
Dal 1929, nasce così un settore completamente nuovo, compreso di costumi da bagno, cosmetici e abbigliamento realizzati interamente allo scopo di acquisire o sfoggiare la propria tonalità color miele, cannella o bronzo duramente conquistata.
La vera svolta che rivoluzionò il concetto di abbronzatura, probabilmente, si verificò solo verso la metà del ventesimo secolo. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, infatti, lo sviluppo economico e il progresso dei trasporti, resero l'abbronzatura un simbolo di benessere: se una volta la pelle più chiara era stata un segno di privilegio, quella abbronzata ora significava che si aveva tempo e denaro per scurire tranquillamente la propria carnagione.
Abbronzatura nel Presente
Moda dell’abbronzatura: come è vista oggi?
I metodi per abbronzarsi sono diventati sempre più popolari: negli ultimi anni, un colorito sano è diventato sinonimo di benessere e non solo. Al di là dell'estetica, si è capito, infatti, che i raggi solari manifestano effetti positivi per la salute: se da un lato, il sole agisce come un "antidepressivo naturale" che stimola il buon umore, dall'altro favorisce la sintesi della vitamina D, fondamentale per la fissazione del calcio nelle ossa (soprattutto nel periodo delicato della crescita).
Al contempo, si è compreso che esporsi senza controllo alle radiazioni ultraviolette (UV) trascurandone gli effetti nocivi a livello della cute può correlare alla comparsa di eritemi, ustioni solari e macchie; inoltre, l'eccessiva esposizione solare è alla base del fotoinvecchiamento e può favorire l'insorgenza di tumori cutanei.
Il paradosso dell’abbronzatura
Secondo la Skin Cancer Foundation, il 90% di tutti i tumori della pelle sono associati all'esposizione ai raggi UV del sole, che sono anche collegati fino al 90% agli indicatori di invecchiamento, come rughe e macchie marroni. La cosa paradossale è che lo sappiamo da decenni: non appena i media menzionarono per la prima volta che l'abbronzatura era di moda, avvertirono i lettori del danno permanente alla pelle che ne poteva derivare.