Allenamento delle braccia: come ottenere bicipiti e tricipiti più grossi

Allenamento delle braccia: come ottenere bicipiti e tricipiti più grossi
Ultima modifica 13.12.2022
INDICE
  1. Quali Muscoli
  2. Bicipite Brachiale
  3. Brachiale
  4. Brachioradiale
  5. Coracobrachiale
  6. Tricipite Brachiale
  7. Anconeo
  8. Come Allenarle
  9. Quali Esercizi

In questo articolo parleremo dell'allenamento per le braccia e, nello specifico, di come potenziare l'intera muscolatura di questi distretti.

A dire il vero, "braccia" significa tutto e nulla.

Per il bodybuilder infatti, è necessario differenziare l'allenamento delle braccia nei due distretti principalmente coinvolti:

Ovviamente, dal punto di vista funzionale – aspetto che invece interessa maggiormente agli sportivi – la faccenda è molto più complicata di così.

Questi muscoli assolvono funzioni biomeccaniche multiple e partecipano, con gli altri di cui parleremo, a vari movimenti degli arti superiori con maggior interesse dell'avambraccio rispetto al braccio.

Precisiamo questo perché, come dovrebbe essere chiaramente esposto negli articoli Allenamento dei Pettorali e Allenamento dei Dorsali, il movimento dell'omero sull'articolazione gleno-omerale è a carico dei muscoli delle spalle, della schiena (soprattutto alta e laterale) e del petto – anche se andrebbero citati anche tutti i muscoli legati al movimento scapolare.

Allenamento delle Braccia Shutterstock

Quali Muscoli

Muscoli delle braccia: quali sono?

Per capire quali muscoli andrebbero presi in considerazione e quali invece esclusi dall'allenamento delle braccia, è di conseguenza necessario considerare sia l'aspetto anatomico che funzionale.

Anzitutto, la regione anatomica è quella che interessa tutte le logge (superficiali e profonde) avvolgenti l'omero e in parte l'avambraccio prossimale, anteriormente e posteriormente.

In secondo luogo, i movimenti da considerare sono quelli articolati sul complesso del gomito.

Tali articolazioni sono di fatto tre: omero-ulnare, omero-radiale, radio-ulnare, e consentono: flessione ed estensione dell'avambraccio sul braccio – quindi di ulna e radio sull'omero – pronazione (rotazione interna) e supinazione (rotazione esterna).

  • I muscoli anteriori sono fondamentalmente coinvolti nella flessione, della pronazione e nella supinazione; parliamo di: bicipite brachiale, brachiale, brachioradiale e coracobrachiale.
  • I muscoli posteriori sono principalmente implicati nella flessione; parliamo di tricipite brachiale e dell'anconeo.

Vediamoli più accuratamente.

Per approfondire: Allenamento dei Pettorali

Bicipite Brachiale

Anche detto biceps brachii, il bicipite brachiale è un grosso muscolo posizionato tra spalla e gomito, e composto da due ventri muscolari originanti prossimalmente (vicino al tronco) che si unificano distalmente (verso l'estremità).

Il bicipite brachiale è uno dei tre muscoli del compartimento anteriore e superiore del braccio, insieme al muscolo brachiale e al coracobrachiale, con i quali condivide l'innervazione.

Entrambi i capi prossimali sorgono dalla scapola (processo coracoideo e tubercolo sopraglenoideo) e si uniscono inserendosi poi sull'avambraccio superiore (tuberosità radiale).

Pur interessando le articolazioni di spalla e gomito, le sue funzioni principali sono la flessione e la supinazione (rotazione esterna) dell'avambraccio.

bicipite Shutterstock

C'è però da dire che la rotazione esterna richiede almeno una parziale flessione dell'omero-ulnare, e che la flessione è massivamente sostenuta dal bicipite (in percentuale di coinvolgimento rispetto agli altri) solo quando l'avambraccio è ruotato esternamente.

È anche importante sottolineare che, nel pratico, i bicipiti possono esercitare solo una determinata quantità di forza, indipendentemente dalla posizione dell'avambraccio; quando la posizione dell'avambraccio cambia, il compenso è a carico degli altri muscoli.

Questo significa che variando la posizione dell'avambraccio e dell'omero rispetto alla spalla, il bicipite viene comunque allenato e cambia sostanzialmente l'impegno degli altri sinergici.

Brachiale

Anche detto brachialis anticus, il brachiale è un altro muscolo della parte superiore del braccio, posto tuttavia tra metà dell'omero e gomito, che flette appunto l'articolazione del gomito.

Si trova più in profondità del bicipite brachiale e fa parte del pavimento della regione chiamata fossa cubitale.

Il brachiale origina prossimalmente sulla superficie anteriore della metà distale dell'omero, vicino all'inserzione del muscolo deltoide (che abbraccia con due processi angolari). Il tendine distale invece, si inserisce sulla tuberosità dell'ulna e sul processo coronoideo della stessa.

brachiale Shutterstock

Il brachiale è un muscolo estremamente forte, seppur quasi per nulla visibile.

Diversamente da quanto molti pensano infatti, è il brachiale a svolgere il compito di "motore" principale nella flessione del gomito, non è il bicipite.

Rispetto al bicipite, il brachiale genera effettivamente circa il 50% in più di potenza nella flessione.

A differenza del bicipite però, il brachiale non si inserisce sul radio e non partecipa alla rotazione dell'avambraccio.

L'equivoco nasce dalla maggior "evidenza" del bicipite, e dal conseguente interesse nella cultura della muscolazione estetica.

Brachioradiale

Il brachioradiale è un muscolo dell'avambraccio – non del braccio come i due precedenti e il prossimo che analizzeremo – responsabile della flessione dell'avambraccio.

Il brachioradiale è sinergico al brachiale e al bicipite; il tricipite brachiale e l'anconeo sono invece antagonisti.

Il brachioradiale si occupa anche della pronazione tanto quanto della supinazione, a seconda della posizione di partenza dall'avambraccio.

  • Quando l'avambraccio è già pronato, nell'atto di flessione il brachioradiale tende a supinare;
  • In supinazione invece, tende a pronare.

Tutto ciò contribuisce a supportare la funzione del bicipite brachiale.

Il brachioradiale è inserito prossimalmente alla cresta sopracondiloidea laterale dell'omero, e distalmente al processo stiloideo distale del radio, tramite il tendine brachioradiale.

Il brachioradiale è più forte quando l'avambraccio è in una posizione intermedia tra la supinazione e la pronazione dell'articolazione radioulnare (la classica impugnatura "a martello" o neutra).

Nell'atto di flettere il gomito, il brachioradiale è più attivo (in percentuale di coinvolgimento) rispetto al bicipite quando è pronato (la presa a palmi verso il basso, per intenderci) poiché quest'ultimo si trova in svantaggio meccanico.

brachioradiale Shutterstock

Pertanto, con l'obbiettivo di enfatizzare lo stimolo sul bicipite, in molti suggeriscono di ruotare esternamente l'avambraccio durante la flessione. Questo può essere considerato un buon consiglio solo se la percentuale di intensità non è effettivamente elevata; diversamente, il bicipite viene comunque reclutato in maniera totale.

il brachioradiale non genera tanta torsione articolare quanto il brachiale o il bicipite, ed è invece efficace soprattutto quando quei muscoli sono già parzialmente flessi al gomito.

Interviene soprattutto quando è richiesto un movimento rapido e quando si solleva un peso durante la lenta flessione dell'avambraccio – due azioni che sembrano quasi contrapporsi.

Il brachioradiale viene utilizzato per stabilizzare il gomito durante azioni rapide di flessione ed estensione, quando si trova in posizione centrale come nel gesto di "martellare".

Pur non venendo isolato o bersagliato dall'allenamento, in termini funzionali ha un'importanza cruciale – soprattutto nell'elevata espressione di forza.

Coracobrachiale

Il coracobrachiale è il più piccolo dei tre muscoli che si attaccano al processo coracoideo della scapola – gli altri due muscoli sono il piccolo pettorale e il capo corto del bicipite brachiale.

Si trova nella parte superiore e mediale del braccio. Sorge prossimalmente all'apice del processo coracoideo e si inserisce distalmente al centro della superficie mediale dell'omero, tra le origini del tricipite brachiale e del brachiale.

L'azione del coracobrachiale è di flettere e addurre il braccio a livello dell'articolazione gleno-omerale (spalla). Inoltre, resiste alla deviazione del braccio dal piano frontale durante l'abduzione.

Pertanto, rispetto all'articolazione della spalla, la contrazione del coracobrachiale porta a due movimenti distinti: tira l'omero in avanti flettendo il braccio, e verso il busto adducendolo.

In misura minore, ruota internamente l'omero.

coracobrachiale Shutterstock

Un'altra importante funzione del coracobrachiale è la stabilizzazione della testa dell'omero all'interno dell'articolazione della spalla, specialmente quando il braccio pende liberamente al fianco del busto, opponendosi alla forza di gravità.

Il coracobrachiale, pur condividendo la posizione anatomica con bicipite e brachiale, non è quindi implicato nella flessione dell'avambraccio sul braccio; non si allena durante le comuni routine di muscolazione per le braccia.

Tricipite Brachiale

Anche detto tricipeps brachii, il tricipite brachiale è un grosso muscolo posteriore del braccio composto da 3 capi: mediale, laterale e lungo.

  • Il capo lungo nasce dal tubercolo infraglenoide della scapola. Si estende distalmente anteriormente al piccolo rotondo e posteriormente al grande rotondo.
  • Il capo mediale sorge prossimalmente nell'omero, appena sotto al solco del nervo radiale – superficie dorsale (posteriore) dell'omero; setto intermuscolare mediale. È per lo più coperto dai capi laterale e lungo, ed è visibile solo distalmente sull'omero.
  • Il capo laterale nasce dalla superficie dorsale dell'omero, laterale e prossimale al solco del nervo radiale, dal grande tubercolo fino alla regione del setto intermuscolare laterale.

I tre capi convergono in un unico tendine inserito nel processo olecrano dell'ulna (anche se alcune ricerche indicano che potrebbe esserci più di un tendine) e alla parete posteriore della capsula dell'articolazione del gomito. Parti del tendine comune si irradiano nella fascia dell'avambraccio e possono quasi coprire il muscolo anconeo.

tricipite Shutterstock

Ognuno dei tre capi può essere considerato un muscolo indipendente con ruoli funzionali specifici.

Il tricipite è un muscolo estensore dell'articolazione del gomito e un antagonista dei muscoli bicipite e brachiale. Può anche stabilizzare l'articolazione del gomito quando l'avambraccio e la mano vengono utilizzati per movimenti di precisione, ad esempio durante la scrittura.

È stato suggerito che:

  • il capo lungo venga impiegato soprattutto quando si richiede una cospicua generazione di forza e quando è necessario un controllo sinergico della spalla e del gomito;
  • il capo laterale è deputato a movimenti che richiedano occasionalmente un'alta intensità;
  • il capo mediale consente movimenti più precisi e non troppo forti.

Con la sua origine scapolare, il capo lungo agisce anche sull'articolazione della spalla ed è coinvolto nella retroversione e adduzione del braccio. Aiuta a stabilizzare l'articolazione della spalla nella parte superiore dell'omero.

Anconeo

L'anconeo (anconaeus) è un piccolo muscolo posteriore al gomito; alcuni lo includono nella regione del braccio ed altri dell'avambraccio. Per molti, sarebbe una sorta di prolungamento del tricipite.

Origina prossimalmente sulla superficie posteriore dell'epicondilo laterale dell'omero e si inserisce distalmente sulla superficie posteriore superiore dell'ulna e sul laterale dell'olecrano.

anconeo Shutterstock

Può essere facilmente palpato appena lateralmente al processo olecrano dell'ulna.

Il suo ruolo per gli umani è relativo. Sostiene il gomito in piena estensione e supporta l'azione del tricipite. Inoltre impedisce che la capsula dell'articolazione del gomito venga pizzicata durante il movimento. Adduce l'ulna e stabilizza l'articolazione.

Serve principalmente a piccoli movimenti che interessano l'ulna. Nell'effettuare una leggera abduzione della stessa, consente di utilizzare qualsiasi dito come asse di rotazione dell'avambraccio.

Per approfondire: Allenamento delle Spalle

Come Allenarle

Come allenare le braccia?

Dipende soprattutto dall'obbiettivo dell'allenamento.

Se parliamo di forza specifica, è sempre buona norma dare la giusta importanza alla specializzazione del gesto. A prescindere dal "tipo" di forza (massimale, resistente, veloce ecc.), è l'azione motoria nella sua globalità a dover essere sviluppata.

Poi, ovviamente, sia a livello funzionale che atletico può divenire necessario raffinare lo sviluppo di uno o dell'altro distretto; ma ciò dev'essere fatto solo dopo una valutazione accurata.

Se parliamo di ipertrofia invece, tanto ambita dai bodybuilder, il discorso cambia. Sappiamo esistere moltissime correnti di pensiero sull'argomento, ma di seguito non faremo alcuna comparazione o confronto; ci limiteremo invece a fare considerazioni utili e a fornire consigli pratici per l'allenamento delle braccia.

Allenare le braccia in base alle fibre muscolari

Per molti trainer, considerare la composizione in termini di fibre muscolari è un accorgimento essenziale. In realtà, nel pratico non lo è.

O meglio, potrebbe essere utile se la crescita del volume trasverso si potesse raggiungere direttamente anche mediante intensità moderate o basse. Ma non è così.

Cosa significa? Che pur sapendo che un determinato muscolo (o parte di esso) ha una maggior concentrazione di fibre rosse (tipo I) rispetto agli altri, allenandosi rispettandone la natura ossidativa non si otterrà comunque una crescita cospicua.

Perché? Perché nessun muscolo è composto solo da uno dei tre tipi di fibra e sono comunque le fibre bianche (IIb) o intermedie (IIa) ad avere il maggior potenziale ipertrofico.

Attenzione, ciò non significa che sia inutile variare lo stimolo; ben vengano periodi dell'anno ad alto volume di allenamento con enfasi sulle rep e sulla densità. Avvantaggeranno la capillarizzazione, daranno riposo alle articolazioni e ai tendini, rilasseranno il sistema nervoso centrale, miglioreranno la gestione e il metabolismo del glucosio, aumenteranno il costo calorico dell'allenamento ecc.

Tuttavia, non bisogna aspettarsi di veder crescere la circonferenza delle braccia allenando la forza resistente di media e lunga durata; non accadrà – anche se è innegabile che alcuni mezzofondisti veloci abbiano volumi muscolari tutt'altro che trascurabili, ma ciò implica probabilmente una componente di soggettività molto forte.

Allenare le braccia: a cedimento o a buffer?

Molto sinteticamente: le braccia, come i deltoidi, i polpacci e gli addominali, si allenano prevalentemente a cedimento.

Lungi dall'autore dell'articolo voler creare una sorta di "regola fissa"; ognuno di noi è diverso. Ma i piccoli muscoli si prestano maggiormente al cedimento, perché impegnano poco il sistema nervoso centrale e il metabolismo globale. Non è un caso che l'EPOC generato da un allenamento incentrato sulle braccia e sui deltoidi sia decisamente inferiore rispetto al debito di ossigeno scatenato dalla routine delle gambe, ma anche del petto e della schiena.

Peraltro, essendo stimolati specificamente con movimenti/esercizi monoarticolari, richiedono un minor impegno tecnico; è così facilmente guadagnabile il cedimento propriamente detto (concentrico o isometrico o eccentrico), senza arenarsi sul cedimento tecnico, anche senza il supporto di uno spotter (compagno di allenamento).

C'è tuttavia un "però". Partecipando ai movimenti multiarticolari degli esercizi fondamentali per i grossi gruppi muscolari, esaurendoli in allenamenti a sé stanti e a cavallo tra di essi, può rimanere compromessa la capacità di performance quando è più richiesta.

In tal caso, abbiamo due possibilità:

  • Esaurire i bicipiti (più gli altri flessori dell'avambraccio) o i tricipiti (più l'anconeo) nella tabella dei muscoli più grossi – rispettivamente schiena-spalle posteriori e petto. In tal modo potranno recuperare per lo stesso arco di tempo;
  • Allenarli a cedimento in routine separate a distanza di almeno 2-3 giorni dal grosso gruppo muscolare, sì a cedimento, ma senza esaurirli con grossi volumi. Quindi, alla maggior intensità possibile e praticabile ma per meno set e rep totali.

Cosa significa "praticabile"? Semplicemente che tramite gli esercizi di isolamento dei muscoli più piccoli si ha una minor capacità di esprimere forza e un conseguente basso potenziale di cedimento a basse rep.

Questo è dovuto:

  • alla "semplicità del gesto", ovvero all'impossibilità per l'organismo (parzialmente "bloccato") di colmare le criticità attribuibili ad angolazioni sfavorevoli delle leve.
  • alla "minor forza" di questi piccoli muscoli. Nel senso che, per un muscolo capace di muovere 20 kg, aumentare o diminuire 2,5 kg di resistenza corrisponde ad un'alta percentuale di variazione; viceversa, per un muscolo capace di muovere 100 kg, il cambiamento è 5 volte minore.

Per questo, in un curl con bilanciere o in una french press con EZ, spesso si ha difficoltà nel trovare il giusto carico per eseguire poche rep a cedimento; ne vengono sempre troppe o poche. Qui può divenire essenziale l'intervento di uno spotter, che potrà accompagnarci nel raggiungimento progressivo del cedimento prima tecnico, poi concentrico ecc.

Che poi, nel caso dei bicipiti, l'isolamento va inteso rispetto agli altri muscoli interessati dalla tabella (schiena, deltoidi ecc.); di fatto, come abbiamo visto, sono massivamente implicati anche il brachiale e, a seconda degli esercizi, anche il brachioradiale.

Per approfondire: Anatomia ed Esercizi per Cosce, Gambe e Glutei

Quali Esercizi

Quali esercizi per allenare le braccia?

Quando si parla di esercizi per l'allenamento delle braccia, il 99,9% delle persone pensa a bicipiti e tricipiti; ignorando tutti gli altri di cui abbiamo parlato sopra.

Ciò è profondamente sbagliato, sia sul piano estetico che soprattutto funzionale – rispetto ai movimenti degli esercizi multiarticolari e soprattutto dei "fondamentali" (se così li vogliamo considerare).

Anticipiamo pertanto fin da subito che l'accorgimento più importante è di "variare più possibile le tipologie di movimento, sia in flessione che in estensione dell'avambraccio sul braccio".

Questo, logicamente, subordina alla soggettività e alle capacità funzionali di ognuno; mai cimentarsi un esercizio che genera dolore acuto invalidante e/o che può determinare l'infiammazione cronica di un distretto.

Non siamo tutti uguali.

Esercizi per i bicipiti

Lo abbiamo detto sopra, parlando del bicipite brachiale:

il fatto che, cambiando posizione dell'avambraccio e dell'omero sulla spalla, si enfatizzi il carico su altri flessori, non implica una minor stimolazione del bicipite.

Anzi! Se prendiamo in analisi la ricerca di maggior circonferenza delle braccia, oserei dire che allenare profondamente anche gli altri muscoli "invisibili" consentirebbe di guadagnare centimetri "gratuitamente".

Allenando anche il brachiale e il brachioradiale si può ottenere sia un maggior spessore che una maggior abilità nell'eseguire i fondamentali di trazione.

Il coracobrachiale, invece, è più facilmente stimolato da altri movimenti come le alzate frontali e le distensioni o le croci su panca inclinata.

Ben vengano esercizi di qualità che includono la rotazione esterna come il curl con i manubri su panca inclinata, perché stimolano l'azione del bicipite brachiale a tutto tondo. Non si dimentichi però che alcuni possono soffrire molto questa postura, a livello del tendine lungo prossimale. Sentendo tirare e bruciare in tal sede, meglio evitare l'esercizio almeno fino al miglioramento funzionale specifico.

Sono utili anche esercizi di forza pura, come il curl in piedi con impugnatura a martello. Oppure gli esercizi che enfatizzano la concentrazione (massimo accorciamento), come l'hercules curl ai cavi alti – quest'ultimo, ovviamente, tenendo in considerazione che il bicipite brachiale non lavora fino alla chiusura del gomito, ma si ferma poco prima.

Si metta particolare attenzione nelle pratiche tecnicamente più delicate come quella del curl alla panca scott (che, specifichiamo, non allena il bicipite in punti diversi). Un'appropriata altezza del cucino e una totale stabilità della spalla sono indispensabili. L'uso del bilanciere EZ o dei manubri è imperativo, per preservare il gomito, i polsi e il legamento anulare del radio oltre alla membrana interossea. Tuttavia, non si commetta l'errore di considerare questo esercizio "necessario"; non lo è e può facilmente essere sostituito da qualsiasi tipo di curl.

Esempi di esercizi per bicipite brachiale

  • Curl manubri, con rotazione interna: in piedi o seduto, alternato o sincrono
  • Curl bilanciere EZ, in piedi
  • Spider curl con manubri: alternato o sincrono
  • Curl su panca scott: con bilanciere EZ o manubri
  • Hercules curl ai cavi alti
  • Curl al cavo basso con barra, singolo o doppio, in pronazione o supinazione
  • Curl al cavo basso con corda
  • Hummer curl con manubri (o bilanciere a presa neutra): in piedi o seduto, alternato o sincrono.

Attenzione! Non riporteremo esempi di tabelle già strutturate perché l'allenamento dei bicipiti, così come quello dei tricipiti, deve rispettare la periodizzazione.

Non esiste un modello "ideale", anche se è molto difficile che vengano allenati efficacemente nella forza massimale, quindi a basse rep.

Si raccomanda, in linea generale, di non trascurare l'intensità d'allenamento ricercando il continuo crescere delle resistenze, e di dare la giusta importanza ai tempi di tensione (TUT).

È determinante allenarsi a diverse posizioni articolari, ma cercando sempre di sfruttare più possibile i ROM degli esercizi; i muscoli allenati sfruttando l'allungamento massimo del fuso crescono, nel lungo termine, più di quelli stimolati ad allungamento incompleto (anche se la capacità di forza è senz'altro inferiore, soprattutto all'inizio).

Molti preferiscono mantenere tempi di recupero inferiori rispetto ai grossi gruppi muscolari, perché – soprattutto i bicipiti rispetto ai tricipiti – sembrano rigenerarsi più velocemente.

Esercizi per i tricipiti

Tutti gli esercizi per i tricipiti sono estensioni e spinte.

Dei tre – capo lungo, laterale e mediale – quello maggiormente implicato nell'espressione di forza è il capo lungo, seguito da quello laterale.

Esiste poi situazioni promiscue, come quella del lat-pull-down (straight-arm), del pull-over e delle croci a 90° (bent-over lateral raises). Questi esercizi, molto utilizzati per lo sviluppo di una parte della schiena e delle spalle (ma non solo, anche petto e gran dentato), attivano molto il capo lungo del tricipite – che, ricordiamo, origina dalla scapola – anche se in maniera isometrica.

Quindi, a prescindere dalla posizione dell'omero sulla spalla, qualsiasi estensione dell'avambraccio attiva il tricipite brachiale.

Il grosso problema è che, come avviene per il bicipite nell'allenamento della schiena e delle spalle posteriori, anche il condizionamento del tricipite è sensibilmente influenzato dall'allenamento per i pettorali e la spalla anteriore.

Quando si eseguono gli esercizi multiarticolari di press, a prescindere dall'angolo di flessione dell'omero sulla spalla, si attiva massicciamente anche il tricipite. Gli esempi più indicativi sono: distensioni (manubri o bilanciere) in panca piana, panca inclinata, panca declinata, shoulder o military press, dip alle parallele, push-up.

Esistono poi degli accorgimenti specifici per attivare di più o di meno il tricipite, ad esempio:

  • Più si stinge l'impugnatura sul bilanciere, più si utilizzano i tricipiti e viceversa;
  • Più si arretra il gomito rispetto al busto, più si utilizzano i tricipiti (come avviene nelle dip).

Nota: viceversa, quando si estende l'omero sopra la testa, partecipano in maniera prioritaria i deltoidi anteriori rispetto al gran pettorale.

Diciamo che l'allenamento del petto può contare su esercizi di isolamento piuttosto efficaci – si pensi alle croci. Ciò può salvaguardare in parte l'allenamento dei tricipiti, che comunque si prestano molto ad affrontare anche due stimoli settimanali – entrambi non a cedimento, ovviamente.

Esempi di esercizi per tricipite brachiale

  • Push-down ai cavi, a una o due mani, con barra o corda o maniglia, presa prona o supina
  • Lying triceps extensions o French press, con manubri o bilanciere EZ (con inclinazione della panca regolabile)
  • Estensioni dietro la testa con manubri
  • Kickback con manubri
  • Dips – che non sono di isolamento ma attivano parzialmente anche pettorale e deltoide.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer